2 maggio 2006

ARGENTO! (capitolo 5)



La musica del divino Wolfang Amadeus risuonava per la grotta. Nonna e Alvino ascoltavano con attenzione, come gli aveva insegnato lei. Sdraiati nelle amache, respirando profondamente, gli occhi socchiusi.
Per gustare, “imbeversi” , diceva lei, in quelle atmosfere; come sempre prima di un lavoro importante. Era opportuno immergersi nella bellezza, affinché i gesti ne fossero poi contagiati. E piantare era un lavoro importantissimo per la vecchia Aurelia Picocca.

“si entra in contatto con la terra, capisci Alvino?”

Era quello il modo più puro che aveva lei per pensare al divino.

Mentre tutto questo accadeva le note del concerto per piano e orchesta numero 19 risuonavano nelle scatole craniche dei Picocca, come un carillon dalla precisione armonica, che dettava ritmi e suggeriva cadenze. A vederli assorti nella semina, con i pochi gesti precisi, sembrava una danza, una cerimonia religiosa, un vero rito di prosperità.

Distanti qualche miglia, dopo una notte di bisboccia, i bracconieri erano dispersi nelle loro camere prese in affitto alle due teverne del luogo, addormentati nelle pose più grottesche, manco si trattasse di un macabro presepe, mentre facevano i sogni d’oro dell’agognata ricompensa.

Colmish, che invece era “Sir”, dormiva tra le braccia della sua favorita, tra le lenzuola di seta scarlatta e oro, nella suite del bordello di Mammarranca. E la giornata pareva archiviarsi, ricca di soddisfazioni, con la cattura di un colpevole mannaro.

A Mammarranca, c’era chi, spenta la lampada sputava sul ritratto incorniciato che Fulgenzio Villa, dittatore del Parador, aveva reso obligatorio in ogni casa. E chi si profondeva in preghere. Chi indossava il cappuccio degli squadroni neri e si predisponeva a una notte di scorribande. E chi quelle scorribande temeva e sbarrava ben bene le imposte.

Per nulla convinto che il lupo mannaro fosse stato catturato, immerso nell’oscurità un bracconiere cavalcava il suo imponente cavallo arabo.
Era cupo in volto, il mezzo uomo; sgraziato nella posa, e feroce sin nel midollo, che la vita lo aveva preso a calci in culo come aveva potuto, e aveva potuto spesso e volentieri.
Sferzava a sangue quel cavallo troppo bello, mostrando senza vergogna un dato inconfutabile; lui odiava la bellezza, almeno quanto questa aveva schifato lui. Lui che tutti chiamavano, alle spalle, Billy lo gnomo.

Cavalcava al galoppo Billy e quando, dopo la curva della collina denominata “su mortoriu”, si trovo’ d’un tratto , nel bel mezzo di un gregge non seppe far altro che travolgere le pecore. E rotolare per la strada polverosa. E rialzarsi, umiliato e furioso e scarmigliato per andare ad affrontare lo sventurato pastore.
Era un ragazzo di sedici anni. Tale Astor Lupinu, che teneva tra le braccia una pecora agonizzante mentre lo guardava con rimprovero.
Era più basso di una tacca Billy, ma armato di frustino e schioppo, e di una rabbia sorda che si impossesso’ di lui. Gli prese la mano e frusto’ con violenza il volto il ragazzo. Che cadde. Incredulo. E quando si rialzo’ seppe guardarlo negli occhi, il sangue che gli colava lungo il viso, le lacrime che scorrevano, in silenzio. E in silenzio gli giuro’ morte certa.
Una morte lenta e crudele, che l’odio gli dipingeva nel nero di due occhi tondi e lucenti.
Quando e come lo avrebbe definito il destino. Un destino cui quel ragazzo sarebbe stato devoto per tutta la vita.

Credeva negli sguardi, Billy il nano, e aveva imparato a non sottovalutarli, da qualunque altezza provenissero.
Monto’ a cavallo e al galoppo si allontano’ incrociando gli occhi di una vecchia, che lo fissava, le mani sporche di terra, lo sguardo di chi ha pena. Una pena infinita per la miseria umana.
E quella pena gli trapano’ il petto e divoro’ l’anima e rovino’ molte di quelle notti, a rovistare i sogni e rimestare i ricordi. Che Billy era feroce per davvero ma un giorno il cuore doveva avercelo avuto pure lui.

20 commenti:

duccio ha detto...

che bello..
mi viene in mente un racconto che ho letto diversi anni fa.."Un problema di lupi mannari nella Russia centrale" di Viktor Pelevin, (piccola biblioteca mondadori) dove venivano descritte in maniera molto accurata e particolare le sensazioni fisiche dovute alla trasformazione...
Però quì c'è qualcosa di "fiabesco"...
Non sò perchè ma ho comunque la sensazione che i ritmi siano quelli di una narrazione anche per immagini.. probabilmente il sapere che chi scrive è comunque 1 autore di fumetti influenza il modo di leggere e di autovisualizzarsi la storia.. chissà se è un meccanismo possibile o solo 1 impressione?

igort ha detto...

Caro Bardamu, io non lo so davvero. So solo che mentre scrivo vedo le scene. Ma non le scrivo per disegnarle, le vivo visivamente come alcune cose che ho letto. "L'uomo che ride", per esempio, mi sono divertito a leggerlo a voce alta. Ed è stato bellissimo, perché era come un film, meglio di un film.

L'idea qui non è quella di raccontare una storia di "genere" quanto quella di inserire elementi di genere in un contesto che io conosco da vent'anni e passa, che è il mio Parador.

Mi piace un contesto speziato. In cui l'eco di mondi antichi e polverosi rimbomba. Un lupo mannaro sud americano, e nel fondo gli spari della rivoluzione messicana che si sentono, fragorosi.
Questo mi diverte come prospettiva. E me ne accorgo quando scelgo le poche immagini in testa a ogni capitolo. Se suonano "strane" le cambio. E' segno che stonano.

Quindi, ancora una volta, le immagini vengono dopo.

duccio ha detto...

L'uomo che ride di Boll?
io Boll lo adoro, non a caso ho fatto la tesi su di lui..

d'accordo, le immagini vengono dopo, però forse (penso e butto giù...) le parole vengono da subito fuori in maniera un po' diversa per chi è abituato a tradurle e mescolarle in e con le immagini.
probabilmente potrebbe valere anche per chi scrive sceneggiature e fa anche la regia...
non so... è solo un pensiero.
Forse, semplicemente, è solo inevitabile per chiunque visualizzarsi le immaggine mentre si scrive o si legge..

igort ha detto...

"L'uomo che ride" di Victor Hugo.

duccio ha detto...

mannaggia..
c'è un racconto omonimo di boll in "racconti umoristici e satirici"..

duccio ha detto...

non conosco quello di Hugo... rimedierò.
magari scopro anche che Boll si è ispirato..

ausonia ha detto...

ciao,
no, non ho avuto minimamente l'impressione che chi scrivesse fosse un fumettista. eppure so che lo è!
perché è tutto davvero molto fiabesco. anche le cose cruente, le ferite, il sangue, sembrano morbide...
l'idea di un licantropo sud americano è divertente. mi sarebbe piaciuto più uno scrittore e un compositore latino a tolstoy e mozart...
e forse i nomi, soprattutto i cognomi... dei personaggi sono un po'... non so, quelli scozzesi troppo scozzesi, quelli inglesi troppo inglesi, ecc...

ma insomma, si fa per dire qualcosa.
è bello poter leggere le cose in modo così giornaliero... ti ci affezioni...

"Piante da radice, da foglia, da fiore e da frutto, suddivise per categoria, come la tradizione insegnava e piantate seguendo la scienza della luna. Tramandata da secoli, e sentita nel sangue."

meraviglioso.

igort ha detto...

Caro Ausonia, allora, fammi capire.

Mi interessa perché sto scrivendo al galoppo e mi incuriosice sapere come suona la cosa ai tuoi, vostri, occhi.
Io mi ci perdo ed è molto piacevole.
Il tono fiabesco è perché pensi che noi autori di storie visive vediamo le cose come in una fiaba o perché è proprio la mia scrittura ad avvicinarsi alla fiaba?

Io penso alle scritture profumate sud americane; Borges, Cortazar, Amado, Marquez, Wilcock ecc. Al realismo magico insomma.

Poi Tolstoy e Mozart servono perché sono quelli che si leggevano o ascoltavano all'epoca (lei ascolta la
"musica antica tropicale", anche) .
Mi serve non definire il mondo come in un film di genere. Sto cercando di portare un elemento magico fantastico nel mondo reale. In un mondo come potrebbe essere senza quell'elemento.

(per questo mi interessa sapere se quel mondo lo si percepisce solo come fiabesco. Non sarebbe un male, ma mi devo orientare).

Gli inglesi sono un personaggio collettivo, come si dice nella "morfologia della fiaba". Mi interessano come un copro estraneo. Ma sono inglesi, scozzesi ecc.

Metteresti un tedesco o un cacciatore paradoreno che cerca di infiltrarsi?

Mi fa piacere sapere che "ti ci affezioni". Perché il mio è davvero un esperimento. Scrivo un capitolo al giorno. ho vaghe mappe, studio per documentarmi e non scrivere cazzate, se posso. MA vado avanti con grande libertà.

Anonimo ha detto...

Scusa se mi intrometto, igort, ma la scrittura che tu usi è una scrittura visionaria, non va scambiata per tono favolistico. Lo stesso Borges, ti faccio un complimento, usava la visione come metafora e materia letteraria.


OWEN

duccio ha detto...

ha ragione ausonia quando dice che anche le cose "cruente" suonano morbide.
non c'è sensazionalismo, fanno semplicemente parte del racconto, dei fatti, come della vita. colpisce non il dolore provocato dal proiettile ma la dolcezza con cui la nonna lo estrare mentre si prende cura del ragazzo, la naturalezza con cui la donna parla del "dono" come se fosse una cosa "normale". quando gli dice "..Hai fame? Devi mangiare, lo sai che le trasformazioni rubano un sacco di energie. .." ...lo fa apparire normale come se il ragazzo avesse fatto una partita di pallone..

andrea barbieri ha detto...

Suona fiabesco perché la tua immaginazione è gentile esattamente come il tuo segno: sei parente di Giotto o Gentile da Fabriano, non ci puoi fare nulla!
E' un'immaginazione bella, un linguaggio di qualità, però a mio parere pigli il volo quando usi le immagini. Spero che tu non ti stufi mai di usarle.

ausonia ha detto...

non siamo noi fumettisti, è il tipo di atmosfera che c'è per adesso in questo racconto. il realismo magico fa capire l'idea... ma c'è comunque una tonalità occidentale, la tua, che non guasta. non guasta per niente. e sai perché dico occidentale perché leggendo queste tue pagine mi è venuto in mente sia borges che patrick süskind. ne il profumo. anche la madre del protagonista partorisce fra i pesci morti del mercato ma non fa paura. era così la vita in quel tempo. nessun clamore. si nasce si muore... va così.

qui in argento! si incontrano i licantropi. parlo di fiaba per questo, per la sospensione dell'incredulità che riesci a creare.

in ogni caso un tedesco ce lo vedrei bene. bel contrasto con il sud, le palme... il caldo e lui che magari è cattivo ma non risulta mai tale con la pelle scottata e il suo disgusto verso il naso spellato. potrebbe anche pensare: "perché la barba non cresce sul naso?" basta che non lo chiami müller!

andrea barbieri ha detto...

Ah, aggiungo anche Beato Angelico.
Sia chiaro, la gentilezza non significa incapacità di capire le parti drammatiche dell'esistenza, significa solo che tu le vuoi restituire trasformandole in qualcosa di sopportabile, ci metti dentro una speranza consapevole. Magari sbaglio ma la vedo così.

ausonia ha detto...

forse nel primo post, rileggendolo, mi sono espresso male.

forse andava scritto così:

ciao,
no, non ho avuto minimamente l'impressione che chi scrivesse fosse un fumettista (eppure so che lo è).
perché è tutto davvero molto fiabesco. anche le cose cruente, le ferite, il sangue, sembrano morbide...

quel perché era per definire che nel fumetto invece tutto è esasperato: il dolore di una ferita è sempre lancinante, il sangue è rosso rosso e scorre a fiumi... bang! slap! aaaghhh!!!

e qui nel tuo racconto no.

igort ha detto...

Giotto, Beato Angelico ecc. Guarda Andrea, che poi si capisce che ti pago per scrivere quelle cose.

Comunque, scherzi a parte, comincio a capire meglio come appare il racconto. O meglio come vi appare. Io ci sono dentro, immerso e ogni sera prima di andare a dormire ipotizzo cosa potrebbe accadere nel capitolo successivo, senza perdere di vista una certa mappa.

Anche per la scrittura dei fumetti procedo cosi', scrivo a ruota libera e poi comincio ad adattare. A tagliare, a prendere le misure a dividere per pagine e per sequenze.

Ma adesso scrivere per scrivere da un senso di libertà molto tonificante. Mi sembra di non accumulare (sono talmente più veloce a scriverle, le storie, rispetto a quanto tempo impiego a disegnarle...che finisco per accumulare block notes)

Bon, good night a tutti.

ale ha detto...

non saprei bene dire perché, ma non mi ricorda tanto, nel tono, una fiaba. pittosto, igort, mi sembra veramente il racconto di chi ci prova gusto a narrare, magari a voce alta, magari attorno a un fuoco, fuori, all'aperto, a un gruppo di amici, una storia avventurosa - con un tono di voce caldo, avvolgente - piena di cose, ma soprattutto piena di divagazioni che si fanno storie (e storia) anche esse. Marquez e i sudamericani, certo, con quel proliferare di storie una dentro l'altra, una collegata all'altra; ma anche i feuilleton, Dumas per dire.

Per caso hai mai letto un libro di Mario Vargas LLosa che si intitola "la zia giulia e lo scribacchino"? Non c'entra molto (ma forse sì) è il racconto di un amore in perù tra un giovane redattore di radio e una sua zia e contemporaneamente un racconto sul raccontare le storie: uno dei personaggi, Pedro Camacho, è uno scribacchino e si dedica alla stesura di radiodrammi, che l'autore inserisce un capitolo sì e un capitolo no all'interno del libro. E' molto divertente.

ciao, grazie, continuerò a seguire il racconto!
alessandro

igort ha detto...

Caro Alessandro,

hai detto molte parole che risuonano "esatte".
Almeno cosi' mi pare.
Perec, qualche giorno fa, scriveva "mi piace il fatto che tutti i personaggi si guardino, si spiino... fino a non capire più chi guarda e chi è guardato".
E' in effetti, un meccanismo che credo di aver messo in gioco, che mi interessava.
Il libro nero dei lupi mannari, che custodisce la storia della genia, è una bella opportunità per viaggiare nel tempo, credo.
Una porta su altre dimensioni esistenziali.
Vargas Llosa lo lessi tanti anni fa, almeno 25 (eh si, sono stagionato) e non lo ricordo più bene. Ma mi piace molto quello che mi scrivi del suo libro, e me lo cerco appena vengo in italia.
Inoltre mi è capitato di pensare nuovamente a Dumas recentemente, ho molto apprezzato il suo conte di montecristo.
Mi piace quella letteratura e mi piace molto leggere ad alta voce. Sopratutto quella scrittura di un tempo che pare riprendere vita. E mostrare molta più ironia e fascino di quanto non appaia a prima vista.

perec ha detto...

"caro dio,
sono piccola, nera e un po' bastarda. hai ragione ad accanirti contro di me, quando lo fai. potresti, però fare una cosa per me? vuoi essere così carino da mandarmi le coordinate del luogo dove igort va a trovare le sue storie? lo prometto, non dirò una sola parolaccia per almeno 5 minuti."

la zia julia e lo scribacchino è uno dei libri più belli e divertenti che abbia mai letto.

igort ha detto...

E poi? Mi volete fare montare la testa? Non sono già abbastanza "pallone gonfiato"?

Doctor Ban ha detto...

...ehm....e se ci andassi piano con i carboidrati e gli zuccheri??