1 maggio 2006
ARGENTO! (capitolo 4)
Dopo ogni scorribanda la regola era che nonna e nipote dovessero farsi vedere, entrambi con il loro passo strascicato, giu’ in paese. Queste ricognizioni avevano una doppia funzione.
Si dava ad intendere di non avere nulla a che fare con quanto accaduto e permetteva, al contempo, di informarsi su eventuali mosse dei bracconieri.
Le chiacchiere naturalmente fiorivano come papaveri al sole di primavera.
Un contadino troppo ubriaco per non finire sotto le ruote del suo stesso carro diventava, nella fantasia popolare, “vittima del lupo mannaro, che lo aveva straziato per ore prima di buttarlo tra le zampe dei cavalli”.
Due graffi sulla corteccia di un acacia diventavano “decine di alberi abbattuti nel bosco”.
Donna Aurelia, ascoltava e fingeva di partecipare al chiacchiericcio, sempre attentissima a non scoprirsi.
Dormivano al sole, i due gatti rossi di Don Erminio, su dottori, davanti alla porta del suo ambulatorio. Al passaggio di Alvino si svegliarono di soprassalto, soffiando e scappando con la coda ingrossata.
“Don Erminio, buongiorno, eccoci qua”.
“Ah buona giornata Donna Aurelia. Come state?”
“Accaldata d’estate e fresca d’inverno, come tutti. Tenete, un soldo d’argento! Cosi’ il mio debito è quasi estinto. Vi ho riportato anche Anna Karenina e dei biscotti al miele, appena fatti. ”
"Molte grazie, accomodatevi.”
Mentre cominciava a preparare il caffé il dottore introduceva il tema che loro amavano recitare, come in una sinfonietta di tira e molla. Una dolce sinfonietta in cui ognuno interpretava un ruolo ben preciso. Lei era il tono grave, come corni inglesi o tromboni o rullare di timpani cui lui faceva da contrappunto, arioso come una sezione d’archi.
“Siamo dei fuscelli al vento Donna Aurelia, che volete farci.”
“Eh già, mi pare ieri quando ero un fuscello giovane e forte.” Sorrideva lei, compiaciuta…
“Adesso tanto vento è soffiato, che mi ha curvata come un arbusto”.
“Hanno una loro bellezza gli arbusti, ecco il caffé, e una cioccolata per Alvino, che oggi ha la testa fra le nuvole".
Mentre sua nonna e il dottore si intrattenevano nelle loro chiacchiere la visita a quell’ambulatorio era per Alvino motivo ricorrente di stordimento ed emozione. Viaggiava con la fantasia attraverso quello che vedeva dentro le vetrine lucenti. Flaconi di sostanze colorate, polveri, provette, e strani esseri in formalina. E ferri da chirurgo, minacciosi, perfetti, che riflettevano la luce del mattino.
“Non c’è niente di bello nella vecchiaia Dottor Erminio, lo sapete bene. Siamo di passaggio e ci intratteniamo con caffé e biscotti per raccontarci che il viaggio è gradevole. Ma stiamo facendo un tragitto terribile.”
“Si fa peccato a parlare cosi’ della vita, Donna Aurelia.”
“Bah, non ho la vostra fede dottore, e non temo l’inferno perché lo conosco da vicino. Lo calpesto con questi miei piedini ogni giorno, sapete?”
“Allora, come avete trovato Tolstoy?”
“impareggiabile, come al solito Don Erminio. E poi conforta la mia visione”
“Non direi, Tolstoy è un grande uomo di fede”
“parlo della visione degli uomini”
Sorridevano entrambi, compiaciuti della perfetta esecuzione di una partitura suonata oramai decine di volte. Li rassicurava quel piccolo rituale.
“E questa cos’è?” Irruppe la vecchia riferendosi e una musica che suonava sul grammofono.
“Questo è un pezzo di paradiso Donna Aurelia. Questo è Mozart, sentite qui il pianoforte come dialoga con l'orchestra…”.
La donna rimase ad ascoltare in silenzio e cosi’ Alvino che era molto sensibile alla musica.
Il sole era alto quando la donna usci’ in compagnia del nipote tenendo sotto il braccio il disco pesante del concerto per piano e orchesta numero 19. Si trovarono, all’altezza del mercato del pesce, davanti a un gruppo di bracconieri che trascinavano nella polvere tra stramazzi e strepiti un uomo che scalciava e menava fendenti. Era lacero e urlava cose incomprensibili mentre veniva preso a calci, nel corpo magrissimo, da un gruppo di bracconieri.
La voce si sparse in un nonnulla: era Emiliano, il fabbro, cui gli squadroni neri di Don Fulgenzio Villa avevano mozzato, qualche anno addietro, la lingua.
Veniva accusato di essere l’uomo lupo e l’alcalde, intervenuto di li’ a poco, pareva compiacersi di poterlo sbattere in cella per un processo sommario.
Erano periodi difficili in Parador; la miseria endemica aveva incupito gli animi e dato il potere a un dittatorello sanguinario che reprimeva ogni forma di dissidenza con il pugno di ferro.
Ai bracconieri e alle loro scorribande si lasciava fare, dato il loro legame con il potere costituito, ma chiunque osasse anche solo pensare diversamente da quanto prescritto veniva affrontato dagli squadroni degli incapucciati che si rimboccavano le maniche allo scopo di "rieducarlo".
Donna Aurelia non era che una vecchia ma le pesava l’anima e le portava amarezza e pessimi presentimenti il vedere ingiustamente accusato qualcuno che rischiava il collo a causa delle responsabilità della sua stripe.
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13 commenti:
caro igort!
fermati ti prego, vai troppo in fretta...
scrivi più velocemente di quanto io non riesca a leggere.
e divento sempre più piccolo.
un capitolo al giorno. Perché diventare piccoli? Fa questo effetto il racconto?
...quando ci si appassiona ad un racconto è bello sentirsi piccoli, vuol dire che la scrittura ha colpito l'immaginario di chi legge.
...è un pò meno bello è sentirsi piccoli di fronte alla tua abilità di sceneggiatore. complimenti per il tuo lavoro, che io non conosco benissimo! , però "5 è il numero perfetto" è davvero un bel libro!!
thanks. Troppo buono.
figurati... , sono solo complimenti, ma mooolto sinceri, anche per quanto riguarda il tuo lavoro di editore...
a proposito...
ho aquistato la bella raccolta di disegni di anke feuchtenberger che avete pubblicato da poco.
...è una autrice che mi piace molto,
avete intenzione di pubblicare altre cose sue?
v.
Se Anke me manda qualcosa... a volte dipende molto dagli autori.
Bellissimo. Cos'è? il tuo nuovo romanzo a fumetti?
Poi lo disegni?
Loopguru
Cara Loopguru,
no, non so bene neppure io cos'è. Un racconto, un romanzo.
Per ora non penso di farne una versione a fumetti. Mi piace l'idea di raccontare questa storia. Poi si vedrà.
a presto.
OK, ne vogliamo altri. Scrivi, scrivi, scrivi.
OWEN
ricevo e pubblico volentieri. Da spunto per alcune riflessioni.
Paolo scrive quanto segue:
...Nel fine settimana Abbiamo letto il secondo capitolo di Baobab.
A me è piaciuto molto, ma questo è poco importante. La cosa
interessante è che Chiara, cui avevo letto il primo capitolo un anno
fa, quando ho preso in mano l'albo ha voluto rileggere la prima parte
(perché lei ha giudizio, io molto meno) e prima di aprire il libro mi
ha raccontato la storia di questo albero enorme in cui passava una
strada e in cui viveva il dio scimmia.
Davide (3 anni) era molto dispiaciuto per la barca giocattolo rubata
nella notte.
(dal canto mio ricordavo vagamente il primo evento, il secondo l'avevo
rimosso... come dicevo loro hanno giudizio, io no)
Il secondo capitolo è piaciuto molto sia a Chiara sia a Davide. Le
pagine sulla malattia che passa dalla sorella di Celestino alla
guaritrice e sul respiro che diventa più acuto hanno molto
impressionato Chiara. Temo che Davide abbia colto pochissimo e
sull'ultima pagina mi chiedeva perché la ragazza stesse aspettando
davanti al mare con quei fantasmi che le svolazzavano sulla testa.
Mi è toccato di dire a Chiara che ci vorrà un annetto perché se ne
possa leggere un altro capitolo. La cosa che mi ha stupito è che non
si è preoccupata per nulla.
E' estremamente disposta ad aspettare, anche tempi lunghi, tra una
puntata e l'altra della storia. Anzi, a volte ho il sospetto che la
chiusura della storia sia un'ossessione tutta mia e che ai miei
bambini non importi molto (capita che lasciamo libri a metà, perché me
li dimentico, e che quando ce li troviamo davanti loro non li vogliano
leggere perché li reputano noiosi dicendo che l'altra volta non
l'avevamo finiti di proposito)...
Considerazioni:
I figli di Paolo hanno un amore per il racconto puro, che è indipendente, a quanto pare, dall'idea di chiudere le cose aperte. E questo più o meno è come funziona la mia zucca. io dimentico i film subito dopo averli letti o i libri e poso vederli per dei tratti o leggere un libro da metà.
Mi rimangono solo impressioni e qualche scena. che poi finisce indirettamente in un impasto e forse diventa nuova storia.
Altra cosa che mi domando è se sia possibile, quella scommessa che i giapponesi rilanciano continuamente: una storia "universale" non con un pubblico preciso; che parli a adulti o bambini, colti o incolti, impiegati o casalinghe.
Una storia che parli a tutti.
In fondo Marquez o Hugo cosa scrivevano? Grandi favole per adulti. Miyazaki fa film per bambini?
per me Miyazaki da storie per tutti.Sono andata con due miei nipotini a vedere Mononoke.Hanno avuto paura tuttoil tempo. Forse erano troppo piccoli.Poveretti. (zia snaturata)
Comunque io di Miyazaki non ne perdo uno.
Loopguru
Igort, questa storia universale esiste gia'! E' raccontata nei Vangeli!
Ciao.
Gianni
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