30 novembre 2005

esploratori




Questa foto mi è sempre piaciuta. La osservavo con molta attenzione venticinque anni fa. Erano i futuristi. All'epoca (fine anni settanta, primi ottanta) un nome bandito. Futurismo uguale fascismo, questo si diceva quando con Valvoline recuperavamo idee e estetiche di uno dei movimenti più importanti che l'arte italiana abbia avuto. Le letture ideologiche dell'arte sono sempre state patetiche e provinciali.
Mi piace pensare a rotte possibili.
Il futurismo italiano incontra il vorticismo inglese. Siamo a Londra. Sackwille Gallery nel 1912. Pound si reca alla grande mostra. Di lì a poco dirà: "Senza Marinetti non ci saremmo stati io, Eliot e tutti gli altri".

Ho studiato il futurismo a scuola. Con un professore geniale a cui devo tutto (Ernesto Puligheddu). Lui i futuristi li odiava. Ma questo non mi ha impedito di comprenderne la potenza.

Rotte dimenticate: futurismo italiano e futurismo russo. Arte italiana e pensiero russo. Pensiero italiano e arte russa.

1905: esattamente un secolo fa, la rivista simbolista "Poesia", diretta da Marinetti è pubblicata in Russia. Favorisce scambi letterari tra i due paesi.
Nel 1911 e 1912 vengono in italia diversi artisti cubisti russi influenzati dal futurismo. Nasce il cubofuturismo. Nel 1911 esce in francese la traduzione dei manifesti futuristi che rende possibile al grande pubblico la conoscenza delle teorie di Marinetti e del suo gruppo di artisti.

altre rotte possibili

ITALIA RUSSIA

Uscire dal senso unico del mercato liberista.

L'essere passatisti oggi, vero pensiero futurista. Tracciare nuove linee di racconto che prescindano da quella illusione che è solo una ragnatela di cartapesta. Arriva nelle nostre case attraverso la TV, si pensa che esista ma è solo fittizia, Vespa o i TG non sono nulla.
Il predominio economico, ideologico culturale americano non è nulla (sono solo trecento milioni di abitanti, gli americani)

Come dice il mio fratellino Luttazzi: quando dieci milioni di persone guardano una trasmissione, cosa fanno gli altri?
Pensare a non adeguarsi.
Un imperativo. Per ogni trasmissione TV leggo una pagina di un libro. Cerco autori abissini, egiziani, tunisini, turchi, albanesi, maltesi. Dov'è il centro del nostro esistere mediterraneo?

29 novembre 2005

telefoni bianchi




Drin. Suona Mathias, che mi consegna la posta. Insieme a dodici chili di libri c'è un plico che contiene i materiali del festival di cinema italiano di Villerupt. Per tre anni ne ho fatto il manifesto. E' bello constatare in quante versioni un disegno possa vivere (ne fanno di tutto, manifesti, cartoline, copertina di cataloghi e giornale ma perfino portaceneri e altre applicazioni indecenti).
Quest'anno si parlava dei film durante il fascismo e mi sono divertito a disegnare un manifesto "stilé" del cinema dei telefoni bianchi. Atmosfere da melodramma in salsa rosa, con pose artificiose e situazioni sofisticate. Che scherzi gioca all'uomo la natura. (come dice Battiato)

27 novembre 2005

ombre cinesi



Grazie alla cura e alla passione di Fantagraphics stanno emergendo dall'oblio delle autentiche perle. Questa immagine per esempio, mai vista prima, risale alla metà degli anni 20 e rappresenta uno spettacolo di John Alden Carpenter. Un balletto ispirato al mondo di Krazy Kat, eseguito al conservatorio musicale dell'università di Denison, nell'Ohio.
Inevitabilmente il pensiero corre a quello che in quegli anni le avanguadie storiche stavano realizzando. Penso a "Ballet mecanique" di Fernand Leger o alle cose di Depero o Rodchenko.
Era un momento in cui si riteneva possibile scoprire con spirito giocoso cose primarie come forme geometriche o anche solo semplici lettere dell'alfabeto. io penso che oggi con il lavoro siamo vicini. il fumetto e la sua passione per la stampa "primitiva", la scelta della bicromia per esempio. E ua certa "intelligenza" dell'uso del linguaggio. Molte cose di Seth, o Ware, o Clowes, mi fanno spesso pensare a un atteggiamento prossimo a quello di certe avanguardie. Queste riflessioni mi portano a casa. Con Valvoline si diceva che non c'erano confini e si parlava di Depero o Leger come fossero compagni di giochi.
Ne è passato del tempo. Eravamo poco più che dei bambini al principio degli anni ottanta.


25 novembre 2005

ricordando















Carta, ichiostro. Con questi due elementi si realizzano oggetti molto importanti per la mia vita: libri.
Sono le cose che mi piace portarmi in giro per la casa o in mezzo ai bagagli quando viaggio. Ieri è venuto a trovarmi Davide Toffolo, di tanto in tanto si fa un giro a Parigi e trascorre qualche giornata con me, in sua compagnia vengono fuori ricordi e racconti.
Una volta, si era negli anni ottanta, facemo un incontro cui partecipò anche Magnus. Eravamo io e i miei amici di Valvoline, e Magnus.
Lui disse una cosa che mi colpì molto. Quando faceva una storia per lui esistevano solo carta e inchiostro. Due elementi minimali, semplicissimi.
Quello era il confine tracciato per definire un racconto. Magnus voleva dire che non si poneva altri limiti che quelli dettati dalla fisica. Uno spazio e una materia tracciante per simulare un universo di racconto.
Questa frase, che è in realtà un metodo di igiene mentale, mi è rimasta impressa per tutti questi anni. La trovo ottima per darsi da fare nell’universo delle situazioni raccontate che definisce un romanzo.

Ieri ha suonato alla porta il corriere, mi ha portato le edizioni americane dei primi ignatz. Gli ignatz sono delgi albi, una sorta di rivista personale, che permetterebbe agli autori di pubblicare romanzi o estratti del loro mondo a dispense con cadenza regolare. Dato che a fare un romanzo ci si mette degli anni, per evitare che un autore scompaia dalla circolazione tramite gli ignatz vediamo cosa fa, capitolo dopo capitolo.
Questa collana ha, al momento, 13 autori di tutto il mondo e viene pubblicata in Europa e Stati Uniti. Ero molto emozionato nel ricevere questi albi, perché sono le classiche cose che io comprerei se le vedessi. In fondo il mio modo di fare editoria è molto intimo, pubblico i libri che mi piacerebbe comperare. Dato che non ne trovo molti li costruisco con la complicità dei miei amici autori. Rileggevo le cose di Huizenga ed ero confuso e stupito. Kevin va davvero lontano, racconta storie fragili e delicate con una capacità analitica unica. Usa delle invenzioni nel linguaggio del fumetto che ti fanno capire come molte cose siano ancora tutte da scoprire. Questo mi ha dato una grande fiducia. Ho tirato un sospiro e ho cominciato a pensare che forse è la strada giusta: abbiamo individuato un sentiero bello da percorrere.

Ritornando a Davide, oggi a colazione gli dicevo che sono stanco di parlare di “cose di avanguardia” quando in effetti tutto quello che chiedo è racconto. Racconto senza noia, racconto senza cose cervellotiche. Si tratta di fare un viaggio in compagnia di un cicerone, che sarebbe il narratore. Io lettore voglio potermi lasciare andare, avere fiducia che mi si porti in posti inesplorati e che mi si dicano cose che aiutano la mia comprensione sull’esistere. E’ così complicato?
Mio padre trovava che la mia fosse una battaglia persa in partenza. Che non ce l’avremmo mai fatta a traghettare il fumetto nella landa dei linguaggi evoluti.
Io non so se sono così pessimista. Certo, sinché in italia si perde il tempo a confrontarsi con lo spettro del fumetto popolare si gira a vuoto. C’è perfino chi insiste sul fatto che il romanzo grafico non esiste. Negare l’evidenza, vuol dire essere ciechi, sordi, fessi o peggio, in malafede.
(Mi ricorda cosa si diceva della mafia. Non esiste, è un invenzione dei media. Si è visto, infatti.)

Per il resto basta guardarsi intorno, in un festival qualunque per rendersi conto che siamo dei provinciali.

Ma qual è il punto? Il punto è definire delle rotte. Io credo che sia importante. Definire che sì, esiste una linea italiana al racconto. Che esistono per esempio autori italiani che stanno benissimo in un panorama internazionale, che hanno cosa da dire. Per questo mi fa felice ricevere gli ignatz americani. Tre anni fa Chris Oliveros, fondatore della Drawn & Quarterly mi diceva: sai quanti volumi stranieri vengono tradotti in America? Lo 0,4% della produzione in un anno.
Adesso noi siamo lì. Leggendo le storie di Kevin Huizenga penso che anche lui si ponga il solo limite di carta e inchiostro. Con quelle figurine si può andare davvero lontano.
Viaggiare stando seduti in poltrona, specie adesso che arriva l’inverno, può essere molto bello.