27 febbraio 2006

Playlist


cosa trasmette il mio i-pod ( a gentile richiesta)

Cocorosie
Daniel Johnston
Sparks
Vinico Capossela
John Lennon
Nick Cave
Duke Ellington
Blonde Redhead
Yuppie Flu
Billie Holiday

le macchie nelle dita




Riprendere a inchiostrare, con il pennino. E' una cosa che mi piace, e che di tanto in tanto sento di dover fare. Mi riconcilia con quella visione di un tempo del raccontare per immagini. E poi, capita che nel fare questo o quel progetto si cerchi la scrittura che calza meglio, quella che corrisponde a certe atmosfere a certe dimensioni. Questo fa parte della mia visione.

Il lavoro del fare fumetti ha, in sé, una dimensione fisica, sensuale, non trascurabile.
La carta e l'inchiostro. Il disegno a matita, sono tutte fasi da vivere pienamente. Sono convinto che quando un autore "vive" intimamente la scena che sta rappresentando il lettore lo avverte e ha occasione di credere a quel viaggio su carta, che non rimane una cosa morta, su carta appunto. D'altronde la magia del fumetto è proprio questa. Quella di credere a questi pupazzetti che diventano una cosa reale. Vivono con noi, dentro la nostra immaginazione.
E' un gioco di trasmissioni.
In questi giorni, giorni faticosi e anche un poco confusi probabilmente, sto prendendo il ritmo delle altre storie in lavorazione. Baobab 2 è in stampa adesso, mentre vi scrivo stanno lavorando la sovracoperta, l'interno è già stampato e io sono con la testa in altri fumi, in altre dimensioni esistenziali, in altri lidi. Disegno una Parigi antica e presente. Come ho fatto per FATS.

Vedo, con Tota, un film di Orson Welles, "F for Fake", un documentario narrativo (docufiction lo chiamano gli inglesi, il genere) che ha anticipato Michael Moore di decenni. Un film brillante sull'idea di falso e di reale. Una detection illuminante, ambigua, cialtrona, ironica e sorniona che il vecchio caro Orson ha saputo distillare con la sua verve migliore.

Si aprono capitoli mentali uleriori.
f come falso

Mi diverte chi prende sul serio l'autobiografia. Come fosse "reale", a differenza della finzione.

"Il poeta è un fingitore", diceva Pessoa.
Godard aggiungeva che era "nell'arte di fare diventare la menzogna reale" che stava il lavoro buono e utile degli artisti.

Naturalmente si creano presupposti, dimensioni di racconto, toni e via dicendo...
Questo è quel che si dice saper parlare. E noi siamo tutti lettori che viaggiamo su coordinate di tipo ipnotico. Se crediamo, è segno che la magia ha luogo. Se siamo ipnotizzati seguiamo il pifferaio di turno nel viaggio che ci propone.
Mi diverte questa dimensione di "ciarlataneria", finzione che diventa vera, cosi' come la vede e racconta Orson, vestito, per l'occasione da mago moderno.

21 febbraio 2006

anche stanotte



Anche stanotte faccio le 3. In cuffia il Tom Waits di Alice. Frattanto ritocco le tavole che dopodomani andranno in stampa. Con la calma che il tempo speso sulla sedia mi ha insegnato ad assaporare.
Ieri visto "Lucia y el sexo", film deludente di Julio Medem che mi aveva folgorato per "gli amanti del circolo polare".
Ho ripreso a disegnare il libro che sto facendo con Massimo Carlotto. Un'altra bicromia, con sottofondo di matita. Mi piace cambiare.
Comperato all'aeroporto, per caso, Romanzo Criminale di De Cataldo. Parte in quarta. Scrittura secca, piena di punti e di frasi brevi.
I like it.
Tiro fuori gli acquerelli. Ho in mente atmosfere notturne ed estive. Forse perchè Parigi è tanto fredda di febbraio.
Tra una decina di giorni Napoli.
Viaggio e mentre mi sposto penso ad altri luoghi, altre stagioni.

20 febbraio 2006

scintille



Ricevo segnalazione da Massimo Semerano (complice e fratello musicale) dell'uscita del nuovo Album degli Sparks.

Titolo: Hello Young Lovers.
(Ventesimo album della band capitanata dai Mael bros.)

Ascolto una preview di circa 4 minuti dal titolo "Metaphores" e suona meravigliosamente ironica, iconoclasta: perfetta. Incedere di piano e voce, voce scandita in senso ritmico, doppiata più volte con lo stile del vecchio e glorioso "Propaganda" ( stiamo parlando del 1974). poi entra l'orchestra, introdotta da una inedita chitarra acustica che sembra suggerire una ballad. Ma si tratta di una burla; basta ascoltare il testo e sentire le scansioni del controcanto. Romba la chitarra finto rock e il pezzo decolla.
Giubilo! Appena in tempo per un falsetto geniale accompagnato dai cori anni sessanta.

Sparkle! Stappiamo una bottiglia di Veuve Glicquot per festeggiate questo nuovo gioiello. Gli Sparks sembrano inossidabili e si ritrovano oggi; a trentacinque anni dal loro debutto con la fantasia dei primi lavori.
Consigliatissimo.

11 febbraio 2006

in viaggio



a Bologna per lavorare,stare con le persone vicine e riflettere. Fa bene ogni tanto cambiare aria. Ieri sera ad Hamelin una mostra di Ludovic Debeurme, è il pretesto per incontrare vecchi amici autori. Ormai non abito più in italia da cinque anni. Vedo Bologna con occhi diversi, non ne conosco più le gerarchie, i tic urbani che ti danno il senso di appartenenza ad una comunità.
Lavoro con Leila nel mio vecchio studio, quello in cui ho disegnato quasi tutte le mie cose da "ishiki no kashi" in poi. E' piacevole ogni tanto cambiare abitudini. Di solito preferisco lavorare in casa, adesso invece prendere l'autobus per andare in studio mi sembra un' abitudine salutare; determina dei ritmi precisi.
Dopo la mostra ci si è trovati a un'osteria che frequentavo vent'anni fa con Toffolo, Semerano, Piero Ruggeri, Otto Gabos, Giacomo Nanni, Menotti, Paolo Parisi, un autore di self comics: Luca Vanzella.
Parlo della mia idea di disegnare la saga di Peppino Lo Cicero ( sono previsti altri due volumi di circa duecento pagine ) a colori. Ho dei dubbi, e ho quasi deciso di proseguire in bicromia, poi ne parlo con loro. E nasce una bella conversazione sul fare, raccontare e sul come raccontare. A volte piccoli dettagli di fabbricazione mutano la chiave di lettura di un lavoro, ne influenzano la percezione presso noi lettori.
Comprendo in breve che, alcontrario di quanto io pensi in questo momento, sarebbero tutti d'accordo per vederne una versione a colori (immagino dei colori d'atmosfera, come in Fats Waller) e una divisione in diversi volumi invece che il tomo unico. Una cosa che avrebbe anche, a mo di prefazione, una serie di disegni preparatorii e di documentazione raccolta: stampe dell'epoca, documenti, fotografie, illustrazionii e via dicendo.
Questione di cucina editoriale, ma non solo.
Che effetto vi farebbe se pubblicassi una nuova versione di cinque, a colori e con qualche scena che ho scritto in seguito pensando al film?

Tornando ai miei amici, è' interessante vedere come, malgrado il tempo sia passato (venivo con loro a bere una cosa dopo le lezioni della scuola Zio Feininger) la passione per il narrare con le immagini sia immutata.

Bologna è in fermento, anche i ragazzi di Canicola stanno crescendo molto bene e tutto sembra procedere secondo i ritmi posati di questa placida città.
Mi fa piacere ritrovarla meno imbolsita e addormentata di quando decisi di abbandonarla.
Ma non ho nostalgia.

5 febbraio 2006

le nomade



al fine di comunicare con il pubblico francofono nasce da oggi "le nomade", blog della coconino e in particolare della collana Ignatz. Troverete il manifesto della narrazione nomade e una serie di preview dei lavori in corso ignatz.
Le cose si muovono e un numero sempre maggiore di grandi narratori si affiliano al club coconino nel tentativo di edificare le basi di un nuovo approccio allo storytelling.
Buona lettura
igort
P.S. il link per arrivare alla stazione di sosta nomade è qui, poco più in alto sulla destra.

4 febbraio 2006

il racconto del lettore 2




riceviamo e volentieri pubblichiamo.
(Racconto di Cristiano Fighera. Illustrazione di Paige Pooler 2003.)

Il suono, questo suono, questo suono di violino, che sento, sentivo, sò di aver sentito, si è tramutato ora in un ricordo lontano, vago, indistinto, in nebbia rossa e dolore, in qualcosa che era, e non può essere, ed era, e non è. Steso, nel buio, un peso rotondo e sagomato sul petto, e un lento stillare - spillare - di liquido sconosciuto in basso, a destra, fuori di me. Alla mia destra quindi, dove suppongo essere qualcosa che non è io, ma è...altro. Per il resto, silenzio.
Ricordo solo, concentrandomi, un viale lungo, alberato, di quelli....di quelli che si possono chiamare viali, immagino, posto che ci sia un modo di definire un viale, e un viale piuttosto che un altro, e via così. E sto divagando, credo di stare divagando, forse si, me ne rendo conto, dovrei - dovrei - tornare, come si dice, in me. Divagando per non sentire che quella cosa rotonda e sagomata....Ma torniamo a noi, a voi, a me. Quel viale, gli alberi, il violino, sotto tutti intimamente collegati da un percorso solo, un filo di note che -appunto- si snoda e sorvola al città del mio ricordo, la città che ho lasciato? che sto raggiungendo? in cui vivo, ho vissuto, vivrò?
Lento stillicidio, se fossi in piedi - a arguisco quindi che non lo sono - verrei da te e ti chiederei per favore di fermarti, o perlomeno ridurti, o perlomeno trasformarti in un suono ritmato e deciso e sicuro e perfetto come quello emesso da un metronomo. Un tic, e tac, e tic, e tac, e tic, e tac e via così. Se sei in grado di capirmi, ovvio. Ma stiamo, come si dice, divagando.
Avevo una volta una ragazza, che aveva lunghi capelli dorati, e una treccia per tenerli insieme, e una schiena su cui farla roteare al ritmo simbolico dei suoi fianchi, dei suoi passi, e corte gonne pieghettate da studentessa, studentessa col fascio di libri raccolti al petto, tra le mani giunte come in preghiera, preghiera a me rivolta, affinchè ci fossi, restassi, rimanessi, la guardassi ti prego un'ultima volta prima di tornare indietro, fare le valigie, pagare la signora Hauser, lasciare la stanza senza un solo sguardo indietro, o forse solo uno, ad abbracciare la stanza....ma abbracciare no, troppo sentimentale, non adatto ad una chiusura, meglio "comprendere". Con un solo sguardo. Tutta la stanza.
Questo per assicurarsi di non aver lasciato niente indietro, aver raccolto tutto e non avere di che tornare (inutile seccatura!), e un ultimo sguardo sfuggente e fuggevole oltre i vetri della finestra lungo il viale, e gli alberi, e il fiume, laggiù in fondo, sospeso, silenzioso.
Ma stiamo divagando.
Questo oggetto rotondo e sagomato, che preme non più giù dello stomaco e non più su dei polmoni, mi rende difficile, capite, suonare, e muovermi, e respirare. Suppongo che ci sia una simbolizzazione inconscia dietro tutto questo, ma da dove nasca, cosa voglia, dove vada o voglia andare a parare, io proprio non lo so. Schiocco la lingua. Il suono rimbomba. Dovrebbe?
E, questo mio schioccare, questo mio produrre suono con nonchalance, è adatto alla circostanza? E non avrei dovuto forse produrre un suono migliore? Più adatto? Più aggraziato?
Avevo un violino, un tempo. Questo mi fa supporre di averlo suonato. E di averlo qui, accanto, vicino o lontano, in questo buio perfettamente nero. Se muovessi -potessi muovere - una mano, magari potrei addirittura riuscire a trovarlo, e suonare per voi. Potrei, magari, apparire in sogno ad un giovane che non sa di dormire, e con l'aria mesta che - si dice - tanto mi si addice, per lui suonare qualcosa, dopo aver estratto lo strumento, con contegno adeguato, come - lo so - è sempre stato, da sotto il suo letto.
Ma...questo a cosa dovrebbe portare? Siamo sempre e solo io, il buio, il perfetto silenzio, e....niente altro, perchè anche il liquido ha cessato ormai di cadere. Contegno, Signori, contegno! Ricordo una volta, alla Scala...Ma stiamo divagando.
Io, allora. Da sempre amante delle belle maniere, così serio e degno nel mio abito scuro, così adatto a star seduto nell'orchestra. Io, che ritorno a cena e poso la custodia sempre allo stesso modo, sempre nello stesso punto, sul tavolo nero, ancora prima di slacciare il cappotto, ancora prima di togliere il cappello. Io, amante del bello, dell'arte, dell'armonica disposizione di idee e cose. Eccomi qui, con voi, sospeso, a guardare sorgere la luna, e i cristalli spezzati dei finestrini che brillano come stelle fredde. Eccomi qui, con gli angeli che mi carezzano già le ginocchia. Eccomi qui, vagone 22, non ho prenotato, grazie, ma un posto si trova sempre, per me non è un problema, posso anche stare in piedi, Signora. Eccomi qui, tra le carrozze ritorte come ossa spezzate, abbandonate lungo il fianco della collina, immobili, spente, sole.
Paradosso o salvifico omaggio? Scherzo o dono? Lieto omaggio di un Dio superiore o solo scherzo di un povero pazzo?Ora, mentre aspetto, mentre vado, nella tranquillità della notte, circondato da morti che non rispondono più, mi accompagnano verso il buio solo gli squilli elettrici e distorti di mille e mille cellulari.

1 febbraio 2006

jamming




di ritorno dal festival di Angouleme, dove Gipi ha trionfato con due premi importantisimi, ci si ritrova con gli amici disegnatori per qualche giorno a Parigi. E' un turbinio di chiacchere e cene a confrontare come si lavora e pubblica. Ci sono Sammy Harkham, Kevin Huizenga, Lucia e Ilaria, Thomas e Gipi. David B che parla con Tota di Canicola, Gabrielle Bell e Macola. Si ride e scherza, chiacchiera di cose e storie. Di progetti e idee in embrione.
Mentre parliamo di queste cose nel nostro ristorante libanese preferito dietro il Beaubourg cominciamo a scarabocchiare e improvvisare uno, tre, cinque, dieci racconti. Quello che vedete nell'immagine è un bozzolo di visioni. Sono nate idee e inizi di storie che ci hanno folgorato (me e Gipi). Io credo che questa specie di Jam session grafica sia qualcosa di più che un semplice, simpatico, ricordo. Credo che basterebbe trovarsi e lasciare uscire le cose. Perché quello che ho visto ieri era, forse, solo il principio di una possibile scrittura comune. Le esperienze passano, non solo attraverso le parole. Su un fazzoletto di carta si accostano e dialogano visioni apparentemente incompatibili.
Rifletto sulla tendenza attuale alla lunga narrazione. Gli indipendenti hanno creato l'impossibile, si sono rimboccati le maniche e hanno lavorato sulle molte facce del racconto. Mentre Gipi ieri dedicava i suoi libri sfogliavo decine di nuovi volumi. Anche nei libri non risolti c'è sempre una scintilla di interesse.
Siamo effettivamente in un' età dell'oro.