14 maggio 2006

ARGENTO! (capitolo 15)




Avava fatto uno strano sogno, Alvino. Aveva sognato che dormiva su un letto e non su una amaca e che sotto a quel letto enorme di ciliegio intarsiato c’era un passaggio segreto. Quello era un sogno ricorrente e Alvino, lo sapeva, quando questo avveniva, doveva avvertire sua nonna.
Donna Aurelia era assorta,intenta a infornare dei biscotti alla cannella. Preferiva infornare a sera, solitamente, poiché la calura del giorno sommata alle temperature del forno rendevano l’atmosfera irrespirabile. Ma il pensiero che il dottore non facesse ritorno la innervosiva a tal punto da sconvolgere abitudini consolidate in decenni.

“Nonna, ho fatto il sogno.”

La donna infilo’ la teglia nel forno e si asciugo’ le mani nel grembiule.

“Sentiamo” disse.
“C’era il letto intarsiato. Io mi infilavo sotto, era buio.”

“Era caldo o faceva freddo?”

“No, era estate, caldo.”

“Mh mh, vai avanti. C’era l’angelo?”

Ogni elemento del sogno secondo la scienza tramandata dai Picocca, aveva un preciso significato premonitorio. Donna Aurelia prese da un piccolo scrigno delle antiche ossa di pollo. Le mischio’ e le lascio’ cadere su un tappetino di velluto rosso.

“Hmm” soggiunse. E Alvino, avvezzo a quel rituale riprese.

“Io ero sotto il letto ma potevo vedere la stanza…”

“C’erano delle finestre?”

“No, era tutto buio, nonna”

“E poi? Vai avanti”.

“A un certo punto ho attraversato il passaggio segreto e mi sono ritrovato in una sala”

“ah”

“Era una sala Piccola, come questa grotta. Ma tutto brillava. C’erano migliaia e migliaia di monete alle pareti”

“La sala d’argento;” lo interruppe Donna Aurelia.

“Si nonna era la sala d’argento. E faceva male.”

“Avrei dovuto capirlo. E’ per questo che battevi i denti nel sonno?”

“Si’ perché a un certo momento tutto è diventato freddo. E c’era un rumore metallico assordante, come se le monete alle pareti vibrassero. E la luce filtrava dietro queste monete, una luce bianca e vivissima. Poi una figura nera si è fatta avanti.”

“Una figura nera…hmm. Sei sicuro Alvino? Era l’angelo nero?”

“Si’ nonna”.

“L’angelo nero è segno straordinario e terribile. E poi cos’è successo?”

“Poi mi sono svegliato.”

“Ho sentito come un’esplosione secca nelle orecchie e mi sono svegliato.”

La nonna rimase un momento a riflettere. Era turbata. Poi prese il vecchio taccuino e comincio’ ad annotare.
Erano anni che il sogno si ripeteva, sin da quando, a tre anni, Alvino aveva manifestato i primi segni del “dono”, e ogni volta sembrava più lungo.
Era necessario verificare i dettagli e saperli interpretare insieme al lancio delle ossa di pollo.
L’Angelo e le finestre, purché aperte, erano apportatrici di buona sorte. (Ameno che le ossa non componessero una croce)
La stanza d’argento era segno rarissimo (Alvino l’aveva sognata solo una volta, sette anni prima) e di solito annunciava grandi sconvolgimenti nel mondo degli uomini, ma perfino terremoti o catastrofi naturali in genere.
La comparsa dell’angelo nero era presagio funesto, temuto nell’antichità come foriero di morte.
Donna Aurelia lancio’ ancora una volta le ossa, era cosi’ assorta che non ascoltava neppure più Alvino. Lancio’ e si mise a bofonchiare qualcosa ta sé e sé, fino a quando Alvino non pronuncio’ queste parole:
“E poi per un attimo ha aperto gli occhi. Credo che mi abbia guardato…“

La vecchia riemerse di colpo da quella concentrazione solida, come se avesse udito di colpo un’esplosione o come se qualcosa di estremamente minaccioso le si fosse parato davanti.

“cos’hai detto? Ripeti”
“Ho detto che per un attimo ha aperto gli occhi”.

“E tu?”

“Io ho sentito freddo. Molto freddo”.

“Sei certo? L’uomo nero ha aperto gli occhi?”

“Si” nonna”

“ti ha guardato?”

“Credo di si, io ho visto i suoi occhi”.

Prese il taccuino e comincio’ a sfogliarlo febbrilmente, alla ricerca dei sogni degli avi.
Erano secoli che un lupo mannaro della genia dei Picocca non sognava lo sguardo dell’angelo nero nella sala d’argento. Un brivido la percorse , dalla testa ai piedi, quando il libro nero le confermo’ il fosco presagio.
Si attendeva un grosso sconvolgimento nei giorni a venire, qualcosa che lei forse non avrebbe saputo affrontare.
Per secoli lo scopo del libro nero era stato quello di registrare gli avvenimenti alla ricerca del minimo indizio. Costanti e variazioni erano state annotate e comparate attendendo il segno che avesse potuto confermare la nascita del predestinato.
E per secoli le donne dei Picocca avevano commentato, sollevate, che il segno non si manifestava. Non c’era il predestinato tra i baciati dal “dono” che seguivano come balie impenitenti.

Sogno dopo sogno si era creata una lunga tela, una ragnatela lunga secoli che legava il mondo dei presagi di quella genia di lupi mannari.

Un uomo lupo all’altro, in una ghirlanda onirica, attraverso il tempo. Si era perfezionata, la visione, attraverso il tempo. Si era perfezionata la visione, facendosi più chiara attraverso gli occhi dei dormienti e le pareti luminose avevano preso corpo, come un dagherrotipo finalmente a fuoco, adesso si vedeva distintamente, erano monete d’argento quelle che ricoprivano le pareti. E poi, secolo dopo secolo erano apparsi i suoni.
Vibravano, quell’insopportabile tintinnio metallico che tendeva le ossa, faceva scricchiolare cartilagini, lacerava la pelle, scalfiva denti, dettando quel battito grottesco indifferente di stagioni o temperature. Il colorito diveniva bruno, opaco, all’occorrenza, pericoloso indizio, che durava qualche giorno o qualche ora a seconda delle fase lunare. Ed era proibito ingerire qualunque cibo, e in special modo la zuppa di fave dato che era noto il legame di queste con il mondo dei morti.

Letto che ebbe, Donna Aurelia, ripose il taccuino e guardando verso Alvino disse, quasi sovrapensiero:
“Ci aspettano giorni difficili”.

14 commenti:

andrea barbieri ha detto...

Off topic segnalo un'intervista a Tiziano Scarpa in cui dice cose importanti sulla fine del postmoderno e sull'individualità. Ecco il ponte

igort ha detto...

Non so dove sono, nel racconto. Ma non alla fine, questo è certo.

duccio ha detto...

Mi piacerebbe conoscer il metodo di lavoro per la genesi della storia. se è sempre quello o varia di volta in volta. se siamo solo noi a scoprire man mano cosa accade, oppure se, in un certo senso vale anche per te che lo stai scrivendo.

c'è già un finale in testa?

igort ha detto...

Io scrivo come si faceva un tempo per i feuilleton, in diretta: ho scritto centinaia di storie sino a oggi e quindi mi sento a mio agio per strutturare. Ma ripeto, sono in diretta. Ogni volta che chiudo un capitolo so più o meno dove vado per il prossimo. Poi ho una prospettiva, delle linee di fuga, una parabola narrativa.
So che tipo di rapporti hanno i personaggi tra di loro. Poi vado. Lascio scorrere il fiume. Rischio. Scopro, mi emoziono, tremo. Insomma lo vivo senza molta distanza. E' un grandissimo piacere per me correre sul filo di questo racconto.
E la suspense è una suspense vera. Sentita, perché sorprende me per primo.

duccio ha detto...

un po' la cosa mi impressiona... ha vagamente il fascino dell'equilibrista, dove la gente stà li sotto a guardare con la testa per aria... la bocca semiaperta.. osservado passo dopo passo i piedi che si muovono sicuri sulla corda traballante.. sapendo che la mossa falsa è ad un soffio..
quel soffio, rinviato un passo alla volta, e che alla fine non arriva mai..

igort ha detto...

E' la posta in gioco. Credevo fosse chiaro. Come disegnare tutto direttamente a china. Se trovi il modo, e hai una buona conoscenza del tuo universo, riesci.

Io me lo domando, ho una buona conoscenza del mio mondo?

vediamo, lo vediamo tutti in diretta. Ho delle corde a cui tenermi, che sono le linee prospettiche e una certa esperienza di narratore, ma sono senza rete.

Scrivo una cosa in un capitolo e di quella devo tenere conto in quelli successivi.
Esperienza vivificante; c'è da farsela addosso. Ma ripeto, la storia la sto vivendo con emozione, per me non è affatto un esercizio di stile.

duccio ha detto...

lo trovo molto affascinante, anche se non rientra nelle mie capacità.
come dici tù è necessario avere le idee abbastanza chiare sul proprio mondo e se io penso al mio, e sono sincero con me stesso, mi accorgo che non sono ancora abbastanza sicuro dei mie passi. mi fermo, torno indietro e ricomincio mille volte. ma in fondo forse è così che si scopre davvero il proprio piccolo universo, ripercorrendolo in tutte le direzioni mille volte e ogni volta con occhi diversi.


si capisce chiaramente che non è un esercizio di stile.. non può esserlo, in un certo senso è troppo alta la posta in palio.

vorrà dire che me ne starò insieme agli altri con il fiato sospeso e a naso in su per il prossimo passo ;)

ale ha detto...

Infatti una delle cose migliori di questo lavoro è proprio la caratterizzazione dei personaggi, che ha un che di "miracoloso", tando che pensavo all'inizio che tu avessi già scritto tutto in anticipo e stessi pubblicando a puntate...

Il rischio è sempre quello di trattarli come marionette al servizio dell'autore; forzare il loro carattere in modo che facciano ciò che ti serve. Piuttosto qui mi sembra che i personaggi subiscano ciò che gli capita, siano immersi in una serie di eventi che tentano di controllare nei loro modi diversi senza riuscirci del tutto, banalmente: il "destino". Anzi, mi sembra - ma è un'intuizione, dovrei rileggere tutto per valutare bene - che tu Igort scelga di volta in volta non il punto di vista di chi sta per fare qualcosa, ma di chi vorrebbe fare qualcosa ma gliene succede un'altra, non del tutto controllabile...

Mi chiedo, e forse è una domanda scema: ogni volta che inizi un capitolo, rileggi tutti i precedenti?

Un unico appunto sulla puntata 11, nel caso che poi tu decida di rivedere il tutto: mi sembra che la rivolta dei campesinos sia un po' veloce, cioè che giustamente dedichi molto spazio alle relazioni tra i personaggi e poco alle reazioni della folla: soprattutto nel dialogo tra il picaro, l'alcade e il dottore non c'è mai (se non sbaglio) un riferimento alla gente attorno. Il risultato è che la rivolta è inaspettata e a sorpresa, ma nel lettore lascia il gusto dell'espediente narrativo, della manipolazione forzata dell'autore...

@andrea: l'intervista è molto interessante! grazie!

maurizio.cacciatore ha detto...

Dal capitolo 14:
"E grazie a Jackind, fin troppo generoso nel suo blog, a proposito di chi vi scrive."
Bè, sei tu a elargire generosità con queste produzioni... [Procedendo con la mia generosità ho anche espanso ciò che ho scritto ieri: dovevo focalizzare al meglio il tuo operato!]
Ciò che realizzi adesso, è quello che tentai di fare anch'io anni fa, su splider. Ma faccio, adesso come allora, troppe cose contemporaneamente, così scrissi solo poche righe...
Sono contento che ci sia chi lo faccia oggi.

Dal canto mio, devo ultimare ogni soggetto e sceneggiatura incompleti, prima di mettermi a scriVivere dei miei Mondi sulla Distesa della Rete...

ausonia ha detto...

richiesta:

igort, puoi mandarmi il tuo indirizzo mail a happysurgeon@libero.it? vorrei parlarti di una cosa... :)

nuvoleonline ha detto...

Mi sono finalmente letto tutto Argento.

Complimenti, a parte che mi hanno sempre affascinato come tema i lupi mannari, il fatto che tu stia scrivendo a puntate di giorno in giorno questo... "romanzo", con la possibilità di commentare e seguirlo "in presa diretta", usando uno strumento relativamente semplice come i blog realizza vari tentativi persi negli anni.
Ad uno di questi, condotto dall'amico poeta e giornalista Lello Voce, ho collaborato "tecnicamente" anch'io, e ti lascio il link ai suoi "resti" in rete perchè penso possa interessarti:

http://www.lellovoce.it/article.php3?id_article=157

Di seguito l'incipit dell'iniziativa:

Spiare il farsi dell’opera, i flussi di parole e di pensieri, le varianti che si annullano a vicenda per formare quella superficie del testo che in realtà è stratificazione di aleatorietà e progetto, lavoro quotidiano, operaismo dell’ispirazione, andare a monte del testo, sbirciare sul suo farsi e, insieme, vedere il corpo vivo che scrive, la materialità del suo farsi parola, segno scritto: questo è ROMANZOOM, se proprio volete, una versione continiana del Grande fratello.
Ma là dove l’occhio delle telecamere commerciali poteva scrutare solo la pornografia dei glutei nudi di Marina o dei muscoli di Taricone, ROMANZOOM accede all’osceno della quotidiana, tantalica fatica che chiamiamo fare letteratura.

Mi sembra un contributo utile per valutare quanto si sia scritto prima su questa forma di narrazione (anche se parliamo di un poeta, che ha, come comprensibile alla lettura, idee probabilmente molto differenti dalle nostre in quanto a "narrazione").

Ciao!
c.

luciaLu ha detto...

Mi piace moltissimo l'immagine dell'Alvino in mutazione
l'hai fatta tu?

igort ha detto...

Rispondo brevemente. Brekane, i campesinos sono quello che si dice un "personaggio collettivo". Ma sino a un certo punto.

Non voglio anticipare nulla degli sviluppi. come ho detto ho delle linee prospettiche, non sto improvvisando completamente.

Sto scrivendo come scrivo di solito, con la differenza che pubblico ogni giorno.


Stay Tuned e leggete senza pregiudizio. lasciatevi andare, prendete i popcorn questo è Feuilleton.

igort ha detto...

Per Lucina,
l'immagine è un dagherrotipo d'epoca, scattato dall'esimio Firmino Gonzales fotografo ambulante.