28 giugno 2006

ARGENTO! (capitolo 34)




TIC TAC

In quel momento, mentre Aureliano Rubirosa cantava la sua lode alla rivoluzione, Vladymir Andrey Rostropovitch continuava ad osservare quella vecchia donna e gli sembrava sempre più evidente che malgrado lui non riuscisse bene a classificarla lei, al contrario, lo classificava benissimo e provava una profonda ostilità.

TIC TAC

Questo gli sembrava di udire e non sapeva dire se fosse il suo orologio da tasca o il cuore di lei che batteva placido e deciso.

TIC TAC

Sentiva, o almeno questo gli pareva, anche altri ticchettii. E ce n’erano alcuni che gli stavano più a cuore. Uno, per esempio, era quello della sua Lupita, che ora taceva e guardava senza capacitarsi di cosa fosse successo quando era stata ipnotizzata.

TIC TAC

Come le sorgenti corrono sotto terra, così in quei meandri nascosti ai più, in quel preciso momento scorrevano fiumi di passioni molto contrastanti.

TIC TAC
Oppure
PLINK PLINK

Gocciolava il soffitto di quei cunicoli abusati dalle infiltrazioni di un tempo inclemente. E nessuno pareva darsi pena per quella pioggerellina sotterranea.

TIC TAC

Aurelia pensava a quel forestiero come qualcuno che avrebbe portato dolore e malasorte. E, ne era certa, da lui si sarebbe dovuta guardare.

TIC TAC

D’altra parte Aureliano Diaz rifletteva su cosa fare di quella vecchia che adesso conosceva il loro segreto. Avrebbe dovuto metterla a morte?

TIC TAC

Questo fu l’ultimo, definitivo, ticchettio che udì Vladymir Andrey Rostropovitch, e a essere sinceri, lo udirono tutti, perché fu come un ticchettio amplificato proveniente dalle volte putride che reggevano le gallerie di quella miniera. TIC TAC fece, o TAC TAC o qualcosa del genere, un ticchettio sinistro e poi tutto esplose in un fragore inaudito e il fango e l’acqua e le pietre e il legno fecero poltiglia di persone e cose.


A vederlo da fuori quella scena terribile di una piana che scompare inghiottita da una voragine lo si sarebbe detto uno spettacolo di illusionismo.
Ma non era illusione quella marea di fango che sommerse Donna Aurelia e la trascinò per metri e metri. Sotto terra priva di conoscenza.
Ci furono una serie di crolli, uno dopo l’altro che seguirono a breve distanza e la marea scurastra che si impadronì dei cunicoli sembrava inarrestabile. Invadendo quel grande articolato labirinto di cunicoli e grotte che ospitava quasi una cittadina sotterranea.

Nitrivano i cavalli imbizzarriti e sfondarono staccionate e travi per cercare di non annegare.

E tutto accadde nel giro di pochi minuti: una rivoluzione idrogeologica che cambiò per sempre l’aspetto della Piana do Diablo nei pressi di Mammarranca.

Era notte fonda e le primi luci dell’alba che sarebbero spuntate di li a poco avrebbero illuminato lo spettacolo spettrale di una conca fangosa somigliante a sabbie mobili dai cui mulinelli era possibile riconoscere olivastri galleggianti, sino a poco prima profondamente solidi sulle proprie radici, e arbusti e poi dopo qualche tempo, arti e corpi umani e animali intenti a cercare di nuotare in quella mota viscida.

Poco distante il carro di Astor giaceva riverso sulla carrettera con una ruota spaccata e cominciava a muoversi anch’esso, inghiottito, letteralmente risucchiato, dal terreno che franava.

Alvino preso dalla foga di quel combattimento disperato aveva udito il fragore alle sue spalle ma era troppo occupato a cercare di negare un’evidenza alquanto dolorosa per capire cosa stava accadendo.
Non sapeva picchiare e se quella sequela di calci e schiaffi alla rinfusa gli dava l’idea che si stesse difendendo Elmer, a suo modo, gli spiegava che no, proprio si sbagliava, e che quella scarsezza di risultati lo avrebbe condotto molto presto alla morte.
Quando si fu stufato di quella specie di agitarsi piuttosto poco virile, Elmer gli assestò un diretto al naso.
E quel dolore zampillante che gli portò le lacrime fu l’ultima cosa che Alvino sentì prima di un CROK definitivo.
Astor a vedere che Elmer aveva spaccato la testa di Alvino con un sasso urlò. Era buio e non vedeva il sangue colare fuori dal cranio del suo amico ma aveva compreso benissimo che Elmer era passato alle maniere spiccie.
Cercò di fare l’unica cosa che poteva: attaccare. L’orecchio reciso gli provocava un dolore lancinante.
Raccolse le sue forze e si lanciò, cercò di montargli in groppa e cominciò a percuoterlo con i pugni al volto, sugli zigomi e sulle orecchie.

Elmer era piccolo e rapidissimo i suoi muscoli induriti da una vita rigida e da una condotta di strada.

Ragionava così: il primo era uscito definitivamente di scena, adesso l’altro e poi continuare la fuga. Non che fosse un piano pieno di raffinati dettagli tattici, questo no, ma aveva una sua efficacia, specie se si considera che un tale disastro naturale come quello che era appena avvenuto avrebbe richiamato centinaia di persone e perfino i federales.

Per lui, era chiarissimo, il rischio aumentava ogni istante che trascorreva in quel luogo. Doveva sparire al più presto.

Quello che non immaginava assolutamente di vedere fu, mentre si accingeva a stroncare la spina dorsale di Astor poco prima della fuga, una processione di fantasmi di fango provenire dalle viscere di quelle sabbie mobili.
Emergere e portarsi fuori, trascinandosi nel silenzio più totale e camminando alla ricerca di aria.
La terra era abitata da strani uomini talpa che avevano vesti e carni di fango?
Questo lo terrorizzò, e lo terrorizzò ancor più il constatare che anche i cavalli erano di fango poiché c’era uno smilzo che cavalcava lento e ieratico imprecando in una lingua che non aveva mai udito prima.

"A shaynem dank in pepek!"
ripeteva questo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

volevo venire sul tuo sito
ma mi ero dimenticato l'indirizzo.
cosi ho sbagliato e cosa ti ho trovato?
http://storytelling.splinder.com/

igort ha detto...

E' un sito di giochi virtuali. Non molto a che fare con quello che stiamo dicendo, facendo, scrivendo, qui. O forse sì, non lo so.
Sono troppo anziano per provare il fascino dei siti dark cattivoni con il fondo nero e le scrittine in bianco. Per il cipiglio da Armagedon e le metropoli irrespirabili figlie di bladerunner.