23 giugno 2006

ARGENTO! (capitolo 30)




Quando, una volta risvegliato, il duca di porcellana realizzò quello che era accaduto ne fu così sconvolto che rifiutò perfino la colazione, cosa che non era accaduta a memoria d’uomo.
Farfugliava assorto.
Rimase a bofonchiare in quella strana situazione di sospensione di quando pensiamo senza realmente pensare, con la testa che ronzava e girava a vuoto.
Poi le mani minuscole dei suoi chicos che sparecchiavano lo risvegliarono da quello stato di torpore. E, ancora completamente assorto, fece chiamare Greg.
Era curioso di capire cosa mai avesse potuto portare Elmer lontano da lui. A fare un gesto tanto sconsiderato che, era chiaro, sarebbe stato punito con la morte.
Perché rischiare tanto? Elmer era stato educato a non correre rischi inutili, era stato educato all’arte del misurare energie a soppesare le conseguenze di ogni gesto stolto. Ed era un asso in questo, un campione assoluto.
Ma allora perché?
Perché?
Si dannava, ma non riusciva a venire a capo di questo enigma.
Elmer che era uno dei due capi bambini, uno dei più fidati, dei più feroci, che ora, all’improvviso, perdeva la testa e infrangeva la fratellanza. Eppure gli piaceva moltissimo essere uno dei due capi. Lo aveva inorgoglito da sempre essere al comando, potere disporre di quel minuscolo potere sul campo.

Greg, che lo conosceva bene, che era intelligente e sottile, che era sempre in competizione con lui. Certamente aveva capito, ma sì, senza dubbio.E certamente prima di lui,del duca.
Quando Elmer stava elaborando lo si sentiva nell’aria. Bastava saper guardare. E Greg, chiaro, era uno che ci vedeva benissimo. Queste cose le fiutava a distanza.

“ma allora perché non me ne hai parlato?” chiese all’improvviso il duca di porcellana.

E Greg, che lo fissava, spaventato, senza veramente capire, per la prima volta, senza aprire bocca, tentennava,.

Perché lo spettacolo del duca di porcellana che non si lavava e non faceva colazione era mostruoso e insopportabile; un’abominevole infrazione di quella regola rassicurante e implicita.
Quella regola della “scienza” che diceva senza equivoci di sorta che in tutto questo vagabondare i chicos avevano “casa” nelle loro abitudini. Nella cadenza regolare di quelle abluzioni e colazioni reiterate, ovunque si trovassero, qualunque cosa accadesse.


E adesso invece qualcosa di inaudito era accaduto, al punto che Norbescu ne era turbato e i suoi feroci demoni bambini, malvagi in miniatura, e apparentemente senza cuore ne pietà, erano turbati a loro volta.

“Perché non me ne hai parlato dannato moccioso?”
“Di cosa?”
“del fatto che Elmer tramava qualcosa, idiota”.
“Non lo sapevo”.

“Balle!”
E prese lo scudiscio, una zirogna per cavalli che aveva usato diverse altre volte, ma mai su Greg, che era un leader, un delinquente nato, dotato di talento e malvagità tali che lui stesso se ne compiaceva apertamente.
Questo gesto ferì i chicos più ancora che se li avesse frustati uno per uno, poiché fu chiaro a tutti il terrore del disonore che Gregory portava nel cuore. Era atterrito e offeso, e tremava ma fissava con sguardo di disprezzo, il piccolo furfante.
Si aspettava il segno di una frustata violento e definitivo ma almeno risolutore, dato che quella tensione era a tutti insopportabile.
E invece nulla, rimase sollevato quando il duca di porcellana lasciò cadere la zirogna per terra e si abbandonò sul letto disteso supino.
Pareva quasi singhiozzasse.

A poco a poco la stanza si svuotò fin dell’ultimo marmocchio. Non fiatavano, ma era chiaro che qualcosa si era spezzato per sempre. Elmer aveva rotto la catena della fratellanza e i giorni di solito lievi e giocosi, a suon di risate e furfanterie, si sarebbero appesantiti di un fardello imperscrutabile.
Era questa la certezza: il duca meditava qualcosa, ma loro non sapevano dire cosa fosse.


“Oste! Un’altra birra.”
Al piano di sotto della taverna quel che restava del gruppo di bracconieri cercava di ritrovare lo spirito perduto. Non erano più in tanti perché con l’attacco di Astor e la sommossa dei campesinos diversi bracconieri avevano fatto le valige e si predisponevano a partire con la Simon Bolivar che, tempo permettendo, salpava la notte seguente.
Ma tra i superstiti, adesso, nell’attesa di conoscere la sorte di “Sir” Colmish avevano preso coraggio e si erano proposti come capicaccia Leonard Donne e Harvard Muybridge jr, l’avaro
Non che fossero più forti o più abili a eleborare più di altri una strategia; avevano solo una certa parlantina e molta voglia di esercitarla. Convinti come erano che la realtà anche più spaventevole se definita, inquadrata con le parole diventasse, tutto sommato, cosa accettabile.

"Nella tradizione dell’est” diceva Leonard Donne con una certa sicumera dottorale, “quando muore un sospetto licantropo lo si sepellisce a pancia in giù”.
“a pancia in giù?”
“esattamente”
“dopo quaranta giorni si dissoterra la cassa e la si apre per verificare. Se il corpo è di fianco è segno che il corpo dell’uomo lupo segue il ciclo lunare”.
"Ruota con il ruotare dell'astro intorno alla terra, capite?"
“ah”.
“A tale scopo si è presa l’abitudine di infilare un paletto sul cuore e fin sul fondo della cassa, onde evitare che il corpo possa seguire l’influsso della luna”
“un paletto come per i vampiri?”
“esattamente”.
"I proiettili d’argento sono elementi dolorosi, essi trasmettono l’energia insopportabile per l’uomo lupo ma il paletto che inchioda il corpo al fondo della bara determina morte definitiv... "

Quella sottile e dotta conversazione fu interrotta da un rumore sordo di ferraglia proveniente dalle scale.

“Oste della malora fai preparare un carro. Stanotte usciamo”.Urlava il duca di porcellana. I chicos e Norbescu erano scesi come una furia.
“Hai un carro da affittarmi?”
“Un carro?”
“Si capisce, non sei mica sordo, no? Un carro ho detto”.
“Un carro? Purtroppo no. Non credo…”
“Bada oste, non sbarrarmi il cammino altrimenti te ne pentirai…”
“Io ho un carro per voi!” disse uno dei bracconieri.Ve lo vendo per cento pesos, me ne disfo perché domani parto per sempre da questa terra maledetta”
E si dispose a stringergli la mano.
“Piacere Dwaine, Dwayne Wright. Felice di potere aiutare un compatriota.”

E porse la mano al duca di porcellana che la strinse di malavoglia solo per potere poi stringere le briglie di quel carro e scatenarsi nella più feroce caccia all’uomo cui avesse mai preso parte.
“Cento soldi per il carro a cui aggiungiamo pure duecento, per due cavalli. Concludiamo che ho fretta”.
E si allontanarono, quei gentiluomini, nella notte.

“Elmer, sei morto, piccolo mio”. Queste furono le ultime parole che Don Juan gli sentì pronunciare quando montò sul carro trainato da due cavalli insieme ai suoi chicos. E tutti notarono, per la prima volta, che non avevano affatto l’aria dei saltimbanchi. Non quella volta.

8 commenti:

duccio ha detto...

finalmente si riparte :)

igort ha detto...

Ci siamo.
Con la stanchezza avevo paura di fare passi falsi.

L'architettura di un romanzo corale è un affare delicato. Ho lavorato prendendo appunti e disegnando strutture possibili.
Adesso sono sereno e ho ripreso le idee chiare. Stiamo preparando una versione scaricabile in PDF perché alcuni di voi mi segnalano che non riescono a scaricare tutti i capitoli. Credo sia un problema di Blogspot, non ho ben capito cosa accade. Ieri dal computer di un'amica ho constatato che nel menu del mese Maggio non compare l'intera lista dei capitoli che invece sono presenti nella pagina.
Quindi per evitare problemi di faccio una versione pdf scaricabile dei primi trenta capitoli.
Stay tuned.
ci stiamo lavorando.

Anonimo ha detto...

Ciao Igort,
si parla di Coconino:
http://groups.google.de/group/it.arti.fumetti/browse_frm/thread/2c73ee174acc9360/684be30361a04c9a?hl=de#684be30361a04c9a

Ciao.
Luca

igort ha detto...

Riporto quanto scritto nel forum segnalato da Luc:

"Sempre a questo proposito, Ruggiero: «Dalla
parte opposta della nostra concezione c'è Coconino Press: qualunque cosa pubblichino è realizzata nella maniera migliore e di conseguenza a costi più alti della media. Credo che molti lettori, proprio per
questi motivi, abbiano quasi soggezione ad avvicinarsi al loro materiale, peraltro di grande qualità. Io ritengo invece che il fumetto dovrebbe essere una cosa di basso consumo, che non incuta
timore» "

Pasquale Ruggiero dirige Magic Press. Fa un ottimo lavoro.

perec ha detto...

“Elmer, sei morto, piccolo mio”.

sto aspettando il resto della storia, e continui a ribaltarmi i punti di vista, le intenzioni dei personaggi. mi piace come riesci a dar loro spessore. con una riga, o poco più. con un gesto, o solo un pensiero. sempre molto umano.

igort ha detto...

troppo buona signorina.

igort ha detto...

Ah, dimenticavo. Bentornata.

Daniele ha detto...

Non vorrei accendere una polemica che non c'è, ma credo proprio che la realizzazione di un fumetto, dal punto di vista editoriale, sia l'ultima cosa che incuta soggezione.

Il lavoro della Magic Press è fantastico, li seguo amorosamente dall'inizio.

Credo, da lettore, che quello che può indurre soggezione sono certamente il prezzo, e in secondo luogo il disegno suscettibile subito al gusto e al percorso personale.