29 dicembre 2005
macchie bianche
Questa tavola la conosco a memoria. l'ho guardata, studiata, ammirata, centinaia di volte, da quando ho sedici anni. Vederla riprodotta con le correzioni di bianchetto (di solito invisibili) mi ha dato l'impressione di essere lì, a spiare il grande Will mentre la disegnava.
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9 commenti:
Eisner è un grandissimo disegnatore, un immenso fumettista. Mi rendo conto, eppure non riesco ad amare il suo realismo, perché sento che l'unica forza che colpisce quella realtà, che la buca e me la mostra dentro è un geniale, non invadente, mai retorico, stile caricaturale.
Ma se ci si aspetta dal disegno*, non che "faccia vedere" le cose, ma che "renda visibile" cose che normalmente non lo sono (forze per esempio), allora per me la caricatura è troppo poco.
Anche se - lo ripeto - capisco la grandezza indiscutibile di Eisner come narratore sequenziale.
Breccia per me è diverso, lavora solo per rendere visibile, rivoluziona il linguaggio forse in modo meno evidente rispetto a Eisner, ma su direzioni che Eisner non segue (commercialmente non può? non vuole? non ne ha il coraggio? non ha visto abbastanza? non sono nelle sue corde?). Per esempio la figurazione di Breccia restituisce forme di persone, oggetti e spazi, ma il suo segno devasta la materia di cui sono fatte, è sempre in movimento, pullulante, misterioso. Il segno di Breccia è quello che si trova nella grande pittura.
E' uno scontro fra titani eh...
* «L'arte non deve rappresentare il visibile, ma rendere visibile l'invisibile» Paul Klée (1879-1940)
realista o caricaturale? Sono due cose diverse.
Non so, pensavo a un disegno che ha un impianto realistico, dove il disegnatore restituisce "quello che vede" (o potrebbe vedere se lavora immaginando). Per esempio una faccia ha il naso fatto come un naso vero ecc, ma alcuni particolari (solo alcuni) sono forzati nel senso della caricatura (qui la cintura, gli occhioni, la posa).
La caricatura è il contrario della realtà, ma ci cresce sopra, ha bisogno che la realtà sia comunque riconoscibile attraverso essa. Poi, dopo Spirit, nei graphic novel, il suo disegno diventa, mi pare, ancora più realistico, ma sempre con tracce di caricatura, nelle espressioni, nei movimenti. E' un disegno straordinario lo ripeto, ma io preferisco cose più "inventate", che non significa meno ancorate alla realtà o che valgono meno, appunto perché la realtà non è quello che si vede (o non è solo quello).
Faccio un altro esempio ancora, Eisner come disegnerebbe il bambino di Baobab: rispetterebbe più l'anatomia, lo appesantirebbe in un certo senso, mentre tu, magari appoggiandoti ai codici del manga, costruisci un ritratto più ideale, più inventato.
Delle volte penso che Eisner volesse tenersi assolutamente distante dall'arte figurativa, che ci tenesse alla peculiarità del suo disegno. Ma non sono un critico o uno storico del fumetto quindi semplicemente dico la mia.
Eisner appartiene, secondo una "moderna" definizione, alla stagione del Grande Realismo. Quella di Caniff, per dire. ma G.R. è una scatola che non riesce a contenere il corpus di un lavoro tanto ricco. In realtà il suo disegno è sempre stato teatrale e molto spinto nell'artificiale. Vicino, in questo, a mio parere, più a Chester Gould e alle sue invenzioni visive. Ma molto più ricco di tutti i suoi colleghi in fantasia fumettistica (parlo di uso proprio del linguaggio CARTOON).
La frase di Klee che riporti è applicabile a tutta l'arte in genere. il punto è che il "realismo" nella fiction è un codice esattamente quanto lo è il simbolismo o l'astrattismo.
Se si esamima un semplice assioma: tutto viene riportato sulla carta, che è una superficie a due dimensioni, mentre il reale è a tre.
Hopper appartiene alla stagione del Grande Realismo Americano, e nelle sue immagini c'è vita, mistero e tante altre cose impalpabili, come la creazione di una "luce". Eppure se si leggono alla lettera certe dichiarazioni (parlo di Klee) Hopper verrebbe espulso dal club degli artisti interessanti.
Igort intanto ti ringrazio perché stai qui a rispondere ed è davvero un’occasione per chi ti legge.
Non vorrei dare l’impressione di prendermela col realismo. E’ il punto di partenza di un percorso: l’anatomia, la prospettiva, uscire di casa e vedere, tutto fondamentale soprattutto oggi che tante cose dell’arte si sono rivelate dei giochi autoreferenziali. Però credo che quella realtà degli occhi (di cui il disegnatore possiede la chiave per trasferirla sul foglio bidimensionale) vada anche aggredita, smontata, discussa, svaporata, incendiata, ecc. (ogni autore col proprio arsenale di idee).
L’approdo di questo percorso secondo me non può che essere diverso dal realismo retinico da cui si era partiti. Qui occorrerebbe l’intelligenza sintetica di Muñoz per dare un unico nome a questo attraversamento del realismo, comunque si può dire che in certi posti lo hanno chiamato realismo magico, in altri l’anatomia è stata stirata fino all’espressionismo, in altri è diventato Hopper, e così via… ogni autore ha macinato il materiale visivo per trasformarlo in idea visiva. Certo anche il disegno di Eisner trasforma ciò che vediamo: lo fa usando i codici sapientissimi che fanno la grammatica del suo disegno, tra i quali la caricatura, la teatralizzazione (come dici tu con una parola perfetta). Ma a mio parere – e questa è la ragione per cui non riesco a innamorarmi del disegno di Eisner - il risultato è ancora subordinato al visivo, alla rètina, forse perché era tutto quello che gli serviva per raccontare il suo mondo, fedele alle mitologie della sua società, agli interni borghesi ebraici, agli ideali americani. Nonostante questo linguaggio ha scritto bellissime storie, un po’ come P.K. Dick che disponeva di una scrittura tradizionale per storie nuovissime.
Però, chiedendomi com’è disegnato il fumetto che vorrei leggere, direi che, rispetto ad Eisner, è qualcosa di più essenziale, più impastato con linguaggi extrafumettistici, coraggioso e libero nel modo di Breccia, sempre necessario alla storia. Ho detto poco eh… :-)
p.s. naturalmente scrivo simili mappazze perché non sono un fumettista, se lo fossi terrei Spirit dentro un altarino come il bambino dei "400 colpi" teneva il libro di Balzac :-)
Caro Andrea,
Eisner non ha certo bisogno della mia difesa poiché Il suo disegno è finissimo a potente al tempo stesso (cosa rarissima).
Da ragazzi, io e Carpinteri rimanevamo in estasi per delle ore a osservare come faceva, per esempio, le scazzottate.
Un senso plastico, ironico e dinamico da fare invidia al più grade degli Artisti (quelli con la A maiuscola).
Le sue donne poi, sono enormemente più ironiche e sensuali di quelle di Caniff. Per non parlare dei suoi montaggi semplicemenbte da storia del fumetto.
Non ti sto a enunciare l'uso incredibile dei neri e delle prospettive, del tutto irrealistiche (fatte con idea da obiettivo fotografico, da 18 mm. come quelli di Orson Welles, che infatti ammirava Eisner).
Se non ti piace Eisner ti perdi davvero qualcosa, secondo me. Ti consiglio, per meglio addentrarti nel suo mondo, di pensare al periodo storico in cui sono nati, altrimenti non si coglie la potenza innovatrice.
Diciamolo sottovoce, ma stiamo parlando di uno dei più grandi rivoluzionari del fumetto trattandolo da compliatore. Come dire che Vladimir Majakovskij era un poeta della domenica.
Eisner l'ho amato, oggi posso sentirmi più vicino a questo o quello (e non è mica detto) ma credo che sia corretto valutare l'effettiva portata in base a un'osservazione articolata e complessa.
Un punto è fondamentale: l'uso del grottesco che ha reso grande, al pari di Eisner, Chester Gould. Questo non ha nulla a che vedere con il realismo.
Inoltre la caricatura ha almeno una decina di grandissimi ini questo secolo appena terminato. Penso a Garretto, Hirschfild, lo stesso Steinberg, passando per Covarrubias senza pensare a Grosz, Dix e Paul, Gubransson, Heine e tutti i geni della rivista Simplicissimus.
Credo che il disegno satirico in italia venga percepito come qualcosa di serie B, di volgare. E questo, credo, è un errore enorme.
No no, non lo tratto da compilatore, sarei un deficiente se lo trattassi da compilatore, e so che ha inventato tutto lui, a casa ho persino le sue due opere teoriche sul fumetto, e poi ho detto sopra che è un titano. Ne intuisco la grandezza, potremmo fare la prova che tu confondi un Eisner tra disegnazzi impersonali dello stesso periodo: ma scherziamo, la zampata del maestro si vedrebbe subito! Però ci si chiedeva del fumetto del futuro, e secondo me, per il futuro pesa più il genio di Breccia nel disegno. E’ una risposta a pelle, un fatto di corde. L’arte di Breccia mi arriva al cuore, Breccia col suo lavoro parla per me (nei due sensi del “per”: disegna al mio posto il mio immaginario, e me lo offre), mentre Eisner mi è un po' più distante, non solo nel tempo. E per capire il perché ho fabbricato questa idea (forse sbagliata) che a lui non serviva per le sue storie un linguaggio più spinto benché leggibile (tant'è che col tempo ha solo accentuato il realismo; forse è anche questo il modo di far sparire il disegno dietro la storia, chi sa). E’ anche vero che lui il linguaggio lo ha spinto moltissimo, che rimane come un maestro innovatore anche più di Breccia, ma non ha tentato certe direzioni drammatiche, irrazionali, che invece Breccia con naturalezza percorreva (forse perché fuori di lui quel dramma storicamente incombeva). Eisner per me è un amico, Breccia è un fratello: ecco il senso della mappazza che ho scritto.
Sergio Ponchione è moralmente responsabile delle mie incursioni nel mondo del fumetto: se non mi avesse convinto, ormai due annetti fa, a partecipare all'incontro con David B e Igort a Bologna, tutto sarebbe filato liscio, e ora non sarei qui a scassare con Paul Klee e Giulio Mozzi. E' tutta colpa sua! :-))))
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