23 dicembre 2005
grazie FATS
E' arrivato il terzo premio per FATS WALLER, il libro sul grande pianista che ho disegnato seguendo i testi di Carlos Sampayo.
"Gran premio speciale della giuria Romics". Questo lavoro che è costato molta fatica ha già vinto in Francia il premio "libro jazz dell'anno" (jazz a xironcourt) e a Treviso Comics il premio come "evento internazionale dell'anno.
Ringrazio molto umilmente, anche a nome di Carlos.
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8 commenti:
Grande libro. Premio meritato
Gran bel libro. Ho avuto occasione di recensirlo anch'io tra le pagine di Press Music, giornale di annunci distribuito in Veneto, e l'ho usato tra le risposte ad una intervista per una tesi di laurea su "fumetto e giornalismo", per spiegare quanto anche senza essere strettamente "cronaca", o appunto "giornalismo", il fumetto abbia la possibilità come pochi altri linguaggi di tracciare per i posteri una memoria del tempo passato (il '900, in questo caso). Oltre ai bellissimi disegni, ho apprezzato davvero molto il lavoro di Sampayo ai testi. Sono previste altre collaborazioni tra voi due?
Colgo l'occasione per augurarti buon anno... presto ci aspetta Baobab 2, vero?
Baci,
c.
Carissmimi,
sì, sono al lavoro su diversi progetti. Penso spesso al fatto che molte potenzialità del fumetto non siano ancora sfruttate, sopratutto in occidente, tranne debite eccezioni.
Quando parlo con Spiegelman è evidente al fatto che lui usi un tono "non fiction" pur mantenendo una estrema godibilità alla lettura. Tardi mi dice che pensa sia necessario fare 'opere politiche". A me interessa molto tuffarmi in racconti che abbiano lungo respiro e possibilmente un background storico preciso per riflettere su quello che i personaggi vivono, per dare ancora maggior credibilità all'arco del racconto. Con Carlos abbiamo in programma altri progetti. Qui ne parlo:
http://www.igort.com/html/primavera.htm
Frattanto Baobab 2 è in cottura. Sto disegnando storyboard di Baobab 3, e 4.
Boh, mi sto facendo colonizzare dalle parole di Deleuze (c'è da poco in libreria una bella e costosissima intervista realizzata da Claire Parnet nel 1989, uscita in Italia per derive-approdi: L’Abécédaire de Gilles Deleuze). Dice tra l'altro (dura quasi otto ore):
- lo scrittore non deve parlare dei propri fatti privati, deve divenire UN... (donna bambino animale ecc) dove "un" è l'articolo indeterminativo che segna un'esperienza che supera la propria singolarità;
- deve spingere il linguaggio oltre il punto in cui è arrivato, deve toccare la soglia del balbettio;
- deve essere sempre in agguato, come un animale;
- il suo atto creativo, a partire dalla percezione, produce dei "percetti": idee (specularmente il filosofo produce "concetti"). E a me questa cosa che il disegno non sia raffigurare ma trasformare quello che gli occhi vedono o immaginano in idee è importantissimo.
- ecc...
Roba pericolosa, forse concetti astratti che vogliono dire tante cose, e che possono facilmente trasformarsi in precetti dogmatici. Eppure sentendoli raccontare da Deleuze, sembravano chiari e molto fecondi: concreti, oltreché validi come principi critici. Ri-boh.
grazie della dritta, Andrea, molto interessante...ciao!
Wenders, alla fine degli anni settanta, disse che il rock'n'roll gli aveva salvato la vita. Io credo che il lavoro di un autore ( e il lavoro degli artisti in genere) possa aprire , fare crescere e fornire una chiave di lettura per il reale. per questo continuamo a leggere, ascoltare, guardare...
Nello stesso periodo in cui Wenders parlava di questo in italia con Munoz e Mattotti si parlava di una posizione precisa in chi fa: l'imperativo era "suscitare" emozioni piuttosto che descriverle.
Era la battaglia di un modo di porsi "interrogativo", contro un modo di porsi "rassicurante". Si era in un perdiodo nel quale certe cose erano senz'altro migliori di oggi. Si credeva, ad esempio, che la funziona di un 'opera fosse quella di fare riflettere. Cosa che oggi sembra lontana e improbabile. In casi rarissimi si può intrattenere e fare riflettere ma le cose in genere sono per definizione due pratiche distinte.
Be' io sarei diversissimo da come sono (e sicuramente peggio) se non avessi scoperto che lavoro stavano facendo in Italia alcuni "nuovi" scrittori. "Forme d'onda" di Dario Voltolini, "Questo è il giardino" di Giulio Mozzi sono stati i primi letti e fu pazzesco.
Non ho mai perdonato il fatto che i giornalisti e i critici non ci restituissero la mappa corretta di tutto il buono che c'è: così si toglie alla gente qualcosa che può essere importante per loro.
L'importanza di un mezzo di comunicazione come "la rete" è prorpio questa. Ridefinire una mappa. Questa pista porterebbe probabilmente a un aumento di circolazione di intelligenza; invece la maggior parte dei blog è il parcheggio di gente che cerca il cazzeggio e nulla più. Sconsolante.
Ho esitato due anni, malgrado fossi sollecitato, prima di aprire le pagine a questa sorta di corrispondenza. Poi ho deciso che valeva la pena provare. C'è bisogno di creare un "club", si può parlare con leggerezza di cose che si amano senza necessariamente sconfinare nell'idiozia.
"Leggere", il senso di leggere oggi. E' necessario costruire un percorso e ripristinare la memoria, mettere in contatto le cose, i lavori. Indipendentemente dal loro successo commerciale.
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