Mentre la storia cresce capita che ridisegni questa o quella stanza, la cucina, lo studio di Celestino, l'ingresso, per dire. E la sensazione è come se quei posti esistano realmente. Senz'altro conta anche il fatto di aver messo in prospettiva i personaggi, di averli cioè raccontati da ragazzi e da adulti e nel loro crescere generico. In questa storia, più che in tutte le altre, provo il piacere a ritrovare questi ambienti e cose della vita quotidiana. Di disegnarli in momenti diversi del racconto, il fico nel giardino dei Villarosa, per esempio, con le luci che cambiano e la sera che cala è esso stesso scenario di momenti esistenziali diversi.
In un certo senso, in questa maniera, gli ambienti mi pare che partecipano in maniera più attiva alla narrazione. E' come se quasti luoghi diventino familiari anche a noi lettori oltre che ai personaggi. Come se noi stessi sappiamo che Celestino mette il cappello nell'attaccapanni dello studio o che nei momenti di crisi si avvicini al suo albero preferito.
Ora, come feci per la casa di Peppino lo Cicero, mi preparo a disegnare una piantina della casa Di Celestino e Gilla, davanti al mare di Papassinas.