19 settembre 2006

ARGENTO! capitolo 42




Si alzarono lentamente, come richiesto, e tennero le mani bene in alto
per non mostrare la minima ostilità, Vladymir e il bambino (come lui
si ostinava a chiamarlo a dispetto di una maturità fuori del comune).
Il picaro era furioso, detestava essere interrotto mentre leggeva i
suoi amati libri, ma forse anche a causa delle due armi spianate si
sentì meno offeso di altre volte.

"Cosa volete da noi? Non abbiamo danaro, se è questo che cercate."
Disse con la sua voce più suadente.
"L'aria di morto di fame ce l'hai tutta ma anche quella del damerino,
se è per questo".
"Ti credi furbo? Noi odiamo i furbi, che si sappia".
"Già. Li appendiamo al ramo più alto di solito, a prendere un poco d'aria"
"Non siamo nati ieri, fratello. Molti riccastri recitano la parte del
miserabile per sfuggire ai predoni, specie se viaggiano".
Parlavano con l'incedere di una mitraglia, sparando le loro minacce
quasi che recitassero un testo già scritto. Erano professionisti,
questo fu subito chiaro.

"E poi quel bel cavallo può fruttare qualcosa, altrimenti si trasforma
in bistecche".
"Ho un certo appetito, Bull"
"Anche io, Jason".

I due forestieri, apparentemente dei bracconieri inglesi, in mancanza
di prede mannare si erano distaccati dal gruppo dei loro consimili per
darsi alla libera impresa criminosa. Depredavano ciò che trovavano e i
campesinos avevano cominciato a segnalare la loro presenza, tramite
messaggi diffusi con ogni mezzo. Il loro arrivo era preceduto da
imposte chiuse e porte ben serrate, dato che erano noti, i due, per la
loro condotta efferata. E questo li aveva resi ancora più decisi e
crudeli. Pochi giorni prima a Su Spantu erano penetrati in una casa
isolata. Ma non c'era praticamente nulla da rubare. Si erano quindi
seduti a tavola e impiccato l'uomo avevano costretto la donna a
servire loro il pranzo. Poi avevano dato fuoco alla misera abitazione
chiudendo lei dentro.
Le loro risa avevano eccheggiato per la valle.
Ed erano state udite dalla povera gente del circondario. Il
malcontento si era diffuso rapidamente e i federales del luogo avevano
chiesto autorizzazione scritta all'Alcalde per mettere una taglia
sulle teste dei due gringos.
Non che fossero troppo dispiaciuti delle scorribande, i federales,
dato che contribuivano a seminare il terrore e questo, si sa, è amico
del potere. Era solo che il troppo stroppia e i campesinos
minacciavano di insorgere in una personale caccia all'uomo, il che
avrebbe reso ingovernabile la regione per un pezzetto e messo a
repentaglio la comoda posizione del capitano La Cruz, che preferiva
coltivare rose nere piuttosto che mangiare polvere in groppa al
cavallo di ordinanza.

Quando i due si avvicinavano a Herr Doktor con fare non esattamente
pacifico Elmer raccolse tre sassi della dimensione di un pungo e
cominciò il suo gioco di funambolo.
"Noi uomini di circo"
"Noi povera gente"
"Lasciare noi andare, noi non disturbare nessuno"

Vladymir Andrey Rostropovitch guardava con una certa ammirazione lo
spirito di iniziativa del ragazzo che si dava da fare per
salvaguardare la sorte comune. Era un piccola sopresa continua questo
ragazzo, che procacciava il cibo e si muoveva, a tutti gli effetti,
come un adulto.

"Ehi, ci sa fare il marmocchio" disse Bull compiaciuto.
"Bull, non siamo qui per intrattenerci. E poi la vecchia ha sparato
dei colpi di fucile. E tu non vuoi che arrivino fin qui i federales,
vero?"
"Al diavolo i federales, la più vicina caserma sta a dodici miglia da
qui, come credi che possano sentire?"

Mentre i due discutevano Vladymir cercava di comprendere come si
sarebbe evoluta quella ennesima situazione di pericolo. Da una parte
lo addolorava la possibile separazione con Herr Doktor; erano vecchi
compagni di strada da diversi anni oramai e lui in quel cavallo aveva
un amico. Un ascoltatore fedele delle sue lamentazio, un discreto
conversatore (Vladymir era convinto di comprendere il senso dei suoi
brusii e nitriti). D'altra parte si sentiva mortificato, al pensiero
che l'ultima galoppata potesse concludersi su una griglia. Non era
certo meta prestigiosa od onorevole questa.

Il nodo di questi pensamenti gli serrava (metafisicamente) la
gola. Vlad cercava il momento propizio per estrarre le sue colt dalle
fondine ascellari; ed evitava accuratamente di ipotizzare cosa mai avrebbe potuto
succedergli (fisicamente) qualora i due mantenessero la parola di
appenderlo al ramo più alto a prendere aria.
Francamente ne aveva abbastanza di tutti questi attentati al suo osso
del collo. Gli pareva impossibile che ogni sorta di sconosciuto non
avesse altri pensieri se non quello: impiccarlo.
In quel momento preciso Elmer scagliò le tre pietre con violenza
inaudita. Una fracassò il lobo temporale di Bull facendo fuoriuscire
l'occhio sinistro. Bull crollò a terra come un sacco di patate.
Jason non ebbe neppure il tempo di accorgersene dato che due pietre
gli spappolarono il volto, meno di un secondo dopo. Svenne tirando il grilletto del suo fucile.
Un colpo secco che spezzò alcune frasche di ulivo.

"Accidenti ragazzo"
Elmer frattanto si impossessava dei fucili e nel farlo prendeva a calci i corpi
dei due bracconieri svenuti.

"And now? And now? And now?" chiedeva rabbioso.

Vladymir, con un certo sgomento, notò la ferocia della quale il
piccolo era capace.

"Andiamo ragazzo, andiamo. Non c'è tempo".

E afferrando il braccio di Elmer la sua schiena di picaro fu percorsa
da un brivido. Sentì che quello che aveva scambiato per un bambino
non era poi l'essere innocente che lui aveva immaginato. A dispetto
delle sue scienze, delle sue leggendarie intuizioni, Vladymir aveva
probabilmente sbagliato valutazione, e in questo ebbe conferma. Stava
invecchiando, era ora di fermarsi: vide, negli occhi di quella
creaturina che adesso gli sorrideva una realtà che non avrebbe voluto
conoscere: Elmer aveva già ucciso.


Montarono a cavallo di Herr Doktor; adesso avevano anche due fucili,
si sentivano più sicuri. Vladymir era bravo a trascurare i suoi
pensieri funesti e quella volta, eccezionalmente, decise di mettere a
nanna perfino i suoi presagi, che di solito lo guidavano come una
stella polare. Tirò il fiato e si concesse un lungo sorso di ottimismo
(unico sorso possibile dato che avevano le borracce vuote).
Voltandosi verso i due corpi esanimi disse con il suo solito tono:

"A shaynem dank in pepek!"

E tutto fu coperto dallo scalpiccio degli zoccoli.

5 commenti:

igort ha detto...

qui, uno speciale su 5 è il numero perfetto.

http://www.24sette.it/contenuto.php?idcont=577

igort ha detto...

c'è chi detesta la nuova moda di mettere dei video in visione nei blog. Io penso che sia un linguaggio come un altro e che vada tutto bene, in teoria. Dipende solo da come le si usa, le cose. Non esiste buono o no-buono in assoluto.
Poi provo a vedere un filmato nel blog e smetto.
Forse non sono nel mood giusto.

Forse.

duccio ha detto...

Per me è un po' come quando un amico ti viene a trovare e gli fai ascolare un pezzo che ti piace. ne più e ne meno.
oltretutto è decisamente meno invasivo. se vuoi lo ascolti, altrimenti no.
..a me non dispiace. in realtà mi piacerebbe ognitanto poter mettere anche solo brani musicali nel blog. accompagnare il post con una proposta musicale (facoltativa ovviamente).
secondo me è solo una possibilità in più. e come "possibilità" appunto implica una scelta.

andrea barbieri ha detto...

Gli speciali del sito 24/7 li prepara Giuseppe Genna. Chissà che un giorno non scriva su Baobab.
Anzi:
Appello a Giuseppe Genna.
Genna se sei in ascolto segui questa pista: Baobab. Entraci dentro con calma, ritrova tutte le cose che dici tu e quei maestrini dei WuMing sulla mitopoiesi (solo fatte infinitamente meglio perché l'autore lascia maturare le cose, non come voi, soprattutto come te che scrivi un libro di novecento pagine in un anno, mannaccia).
Allora infilati in libreria e scopri Baobab. Fidati. Rubalo se vuoi, ma scoprilo. Poi pensaci un po' e scrivi uno speciale su 24/7 o su I miserabili, e fallo conoscere alla Lipperini così per una volta non scrive sui Pokémon.
ciao

andrea barbieri ha detto...

A proposito della mitopoiesi nella scrittura (produzione di mito), proprio dal sito 24/7 estraggo un brano di Chiusano dedicato a Kafka che si adatta benissimo a Baobab:

Piuttosto, messe rispettosamente da parte (dopo averle bene osservate) le ‘ chiavi di lettura’, si badi molto ai miti, cioè a quei personaggi o a quelle situazioni aventi una forte carica emotiva o simbolica che ne allargano a dismisura la risonanza. Ci aiutano gli stessi titoli delle opere kafkiane, o i loro protagonisti: il mito del ‘processo’, della ‘metamorfosi’, della ‘colonia penale’, del ‘castello’, della ‘tana’, del ‘digiunatore’. Il mondo moderno li porta dentro la sua memoria inconscia come un vocabolario segreto, che allude a cosa collettive, oscure e supreme sembrando trattare solo di una singola storia, di un personaggio ben circoscritto. Il mito, oltre ad avere questa carica in continua espansione pur partendo da un nucleo microscopico, è anche datore di gioia e di vitalità, né soffre per nulla (questa, anzi, è una delle sue caratteristiche positive) di quel tanto di enigmatico e delusorio che le sue immagini, le sue vicende sempre posseggono. È grazie a ciò che i romanzi, i racconti di Kafka ci regalano, nei casi di esito felicemente raggiunto, una soddisfazione e pienezza pulite e senza residui, mentre assai spesso i suoi aforismi, le sue letture, le sue osservazioni diaristiche lasciano in noi una smania tormentosa, una sorta di curiosità purtroppo sempre insoddisfatta, di capire di più, di capire meglio, capire tutto.