22 gennaio 2006

bazooka



una sola parola: bazooka. Sapete cos'è stato?

17 commenti:

andrea barbieri ha detto...

Ehm, io no...
Arrivo al massimo a Minotaure.
E anche la rete non mi ha illuminato.

igort ha detto...

in rete ci sono moltissime cose. Per es.
http://arts.factory.free.fr/editions/index_bazooka.html


bazooka è stato un movimento geniale ed innovatore che sul finire degli anni settanta ha rivoluzionato il mondo dell'immagine disegnata.

vedere per credere. Ne parliamo.

quelli che milano ha detto...

claro que sì,
devo avere ancora da qualche parte dei fascicoli bazooka autoprodotti, poi sono usciti come inserto in alcune riviste francesi.
loulou e kiki picasso: uso grafico delle fotografie, echi di Chantal Montellier, un segno così freddo che al loro confronto Figidaire sembrava un calorifero.
non so perchè ma oggi mi fanno un pò pensare ai Kraftwerk

igort ha detto...

Era Chantal ad avere echi di Bazooka. Perlomeno questo è quanto qui si dice.
I bazooka son tornati. La cosa geniale è che Bazooka non era solo bello, era anche intelligente. Meta narrazione. le immagini dell'attualità ridisegnate perdono il loro potere originario; cortocuicuitano, mostrano le loro cotraddizioni, l'aspetto grottesco di un reale sempre più malato.
Uso politico del disegno, Millenni superiore alla satira. Rodchenko rivive, i dada, i futuristi, i vorticisti si stringono la mano per creare una nuova visione della narrazione, d'attacco.

circostanze:

Olivia Clavel (componente di Bazooka) partecipa a Patate.
La libreria un regard moderne prende il nome da qui.


Libri consigliati:

almeno due, per chi non possa permettersi il lusso di comperare le cose originali di alterelfo

044 Bazooka
preface de marc zermati (13 euro spesi benissimo) testi in francese e inglese

Bazooka un regard moderne
scritto da Vincent Berniere. 35 eurini, edito da seuil. Ordinabile al sito della fnac

andrea barbieri ha detto...

Sì, anche a me è venuta in mente Chantal Montellier (che conosco solo per lo straordinario volume Coconino). Nell'introduzione si dice che Chantal non aveva la perfezione decadente dei Bazookas. Comunque le immagini di Chantal sembrano composte proprio con l'armamentario che si vede nel link segnalato da dee-mo.
Il fatto è - penso - che da anni in Francia c'era un fermento artistico inimmaginabile, tutti facevano cose grafiche meravigliose, e si scambiavano le esperienze: una grande onda. Insomma quella qualità lì viene fuori anche dal movimento di cervelli e mani che circondava i Bazookas (credo eh).
Certo della grafica che nasce dall'attualità ma resiste nel tempo come un cristallo purissimo è notevole.

p.s. forse lo sapete già, io l'ho scoperto solo ora: i link nei post si vedono tagliati ma basta evidenziarli col tasto destro, copiarli e incollarli sulla barra di navigazione, e compariranno interi, portando felicemente il navigatore a destinazione.

igort ha detto...

Chantal era più intenta a narrare creando dei paesaggi urbani e comportamentali di desolante e disperata bellezza. Se mai c'è stato un fumetto pop il suo è stato l'apice.
Bazooka era un gruppo di visionari politici e punk. Avevano un loro tristan tzara, che sobrio li guidava mentre loro in acido andavano a disegnare nei posti più disparati. Compreso il Louvre.
Queste loro prodezze venivano poi fotografate e narrate in un bulletin che usciva periodicamente. Le loro riviste erano vietate ai minori di 18 anni e loro che le facevano ancora al liceo non avevano li avevano neppure compiuti i 18 annii.
Credevano nella dittatura dell'immagine sulla realtà. Hanno visto, disegnato, anticipato e raccontato la civiltà del frammento. Il pensare trasversale nel quale "patata NON è patata" per citare Depero al contrario (che diveva "patata è patata).

igort ha detto...

Ottimo. Sono benvenute le aperture. In fondo costruire un racconto significa edificare un architettura di senso.

quelli che milano ha detto...

Certo, e oltre agli Archigram vanno ricordati gli italiani Archizoom, tutto il filone dell'architettura radicale e gli interventi situazionisti di Ugo la Pietra. C'è in tutte queste esperienze un uso del disegno immediatamente narrativo e per nulla decorativo. C'è soprattutto attenzione ai rapporti umani che si creano in un edificio o in una città, in ultima analisi alle storie. non è un caso che siano esperienze parallele alla fantascienza radicale di Ballard e Aldiss, per non parlare di Dick.

andrea barbieri ha detto...

Però, un conto è se si vuole fare una mappa di quella che è stata davvero la storia dell'arte. Un altro conto è se si vuole decidere dove andare. Ecco, non so se Bazooka oggi è la strada da seguire. Così a occhio e con un po' di supponenza direi di no. Non cercherei più i frammenti ma qualcosa di pieno, complesso, aperto a tutte le determinazioni della vita possibili, leggibile, commovente. La strada è da fare! :-)

igort ha detto...

La cultura del frammento era quella del principoio degli anni ottanta; oggi siamo probabilmente altrove.
Ma la pratica di bazooka ha aperto nuovi scenari, nuove concezioni del disegno e dell'azione grafica. la loro lezione sarebbe ancora oggi molto importante.
Io credo che sia indispensabile avere una disponibilità di lettori e di autori diversa da quella attuale. Credo che sia indispensabile cercare, mantenere viva una curiosità che pare, giorno dopo giorno, eclissarsi.
Leggere forse vuol dire mettersi all'ascolto. Vivere cercare nuove frontiere, per non fermarsi alle certezze acquisite.

igort ha detto...

Ritrovare la leggerezza sarebbe una cosa auspicabile ma è una meta non facile da raggiungere.
Noi italiani siamo per definizione sbrodolosi e litigioni. Io credo in altre coordinate.
Personalmente mi interessa edificare.

Abbiamo nel nostro patrimonio una quantità enorme di materiali fortissimi. Ma non siamo abituati a metterli in fila. non siamo abituati a comprendere precisamnte cosa è la nostra cultura (visiva e non).

Questa falla la si vede forse meglio a distanza. E a distanza appare ancora più chiara la dispersione e la mancanza di centro che frulla e disperde un'identità abbastanza precisa.

E' come una squadra di calcio , il suo stile riflette uno stile di vita. io credo che qui da noi si possa giocare la carta della fantasia. Un po' come il Brasile di Messico 70.

Si stanno facendo cose molto belle, ricche e interessanti. Ricevo visita degli amici americani, di passaggio per Angouleme, e ho occasione di vedere cosa fanno, di parlare di una scena di narrazione con coordinate differenti. Poi alle dieci arrivano Gipi e Lucia. E la famiglia si amplia. i discorsi e le lingue si moltiplicano.
Lavori in corso.
Abbiamo solo cominciato.

andrea barbieri ha detto...

Il mio punto fermo di lettore è il rifiuto del postmoderno quando non è soltanto una forma per rivelarmi qualcosa sull'esistenza. Le trame in cui il campo delle cose che accadono è larghissimo ma assolutamente superficiale non mi interessa. C'è una differenza nell'immaginazione. Esistono immagini curiose che vanno benissimo per l'intrattenimento e immagini simboliche e potenti, tirate fuori con fatica dalla propria esistenza e da quella degli altri. Con questo non voglio dire che una narrazione deve per forza bandire ciò che è intrattenimento. Voglio dire che il simbolico, il potente, l'esistenziale deve essere sempre presente, anche quando i tempi suggeriscono di metterlo fuorilegge.
Un film meno conosciuto di Kurosawa, Dodes'KA-DEN (1970), è lieve e a tratti divertente, ma restituisce un'immagine forte, drammatica del mondo, coi suoi emarginati che precorrono di parecchi anni Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni e La voce della luna di Fellini. Quel film sul terremoto di Tokio, coraggioso e inventivo(una storia difficile e attori non professionisti, l'uso del colore da pittore astratto, dialoghi straordinari, doppio piano realtà-sogno portato avanti con tenacia) lo userei come esempio di quello che mi piace. Scusate il tono un po' profetico.

andrea barbieri ha detto...

Sull'architettura non so un tubo ma su Miccini e compagnia sono preparato, mia madre allestì una loro mostra. Non so se oggi se il loro metalinguaggio funziona ancora (mi sa che non ci credo più nel metalinguaggio). Certo il messaggio di ogni grande artista, che l'arte abbia una portata politica (non politicizzata), è una sacrosanta e feconda verità.

igort ha detto...

attualità? Non pensiamo alle cose in termini giornalistici. Il lavoro porta un tempo zero. Mi spiego, la critica tende a ordinare nei cassetti le cose a piazzarle secondo criteri di corretta catalogazione. La produzione "artistica" parte da criteri sempre e comunque iconoclasti.

Anche inconsapevolemte talvolta.

Mi ricordo gli occhi stretti, nel tentativo di capire, di certi amici critici quando, ai tempi di valvoline, cercavamo di unire due cose diverse come per esempio il realismo socialista e il suo opposto, che era il costruttivismo.
Certi accostamenti si possono generare se, nella testa dell'autore, si verificano delle ragioni inconscie che portano a vedere un ponte tra elementi, pratiche, segni, culture, apparentemente distanti.

Fare le cose vuol dire seguir suggestioni.
Si catalogerà in seguito.

Ma una intuizione porta lontano, fuori dai cassetti della logica.
Per cui possono esistere lavori che fuoriescono da categorie giornalistiche come "l'attuale".

andrea barbieri ha detto...

off topic segnalo un sito appena nato. In archivio ci sono solo tre pezzi. Il pezzo "Sogno della letteratura" è per me davvero notevole. http://www.ilprimoamore.com/

andrea barbieri ha detto...

La forza politica dell'arte sta fuori dall'attualità. Non so, il compositore Arvo Pärt aveva forti problemi con la censura dell'Unione Sovietica benché il suo lavoro fosse lontanissimo dall'attualità.

Anonimo ha detto...

That's a great story. Waiting for more. »