13 ottobre 2008

dniepro17 (Storia di Nicholay4)


Non sapeva neppure dove andare a vivere. Per un lungo periodo fu ospitato da una coppia di anziani. Erano gentili con lui. Una stanza in affitto nel distretto di Magdalinavsky. In affitto? Se era nullatente! La gente lo aiutava. Un uomo con cui lavorava si faceva in quattro per lui, soldi e cibo. Se lo ricorda ancora con gratitudine quest’uomo, Nicholay, malgrado gli anni siano passati. Fu il periodo più difficile. Poi cominciò un altro lavoro, ora faceva il fabbro e poteva guadagnarsi il pane.
Metteva da parte un poco ogni mese, sognando un appartamento futuro. Sperava di rivedere i figli ma era proprio impossibile, l’ultima moglie era irremovibile.
Lui ci andava lo stesso a trovarli, con soldi e regali, che lei puntualmente prendeva e distruggeva. Aveva trovato un altro marito nel frattempo.

Con gli anni riuscì a comprarsi una piccola casa e un piccolo terreno; la salvezza.

Poi nel 1970, quando aveva 44 anni, i dottori gli certificarono un invalidità di secondo livello. Lui non aveva certo bisogno dei certificati per capire che stava male, era debolissimo e aveva difficoltà a lavorare.
Anche se il lavoro e i colleghi erano la sua famiglia. Si sentiva rispettato e amato.
Cominciò a coltivare la terra, nel suo orto, come aveva sempre fatto sua madre. In barba alle carte e ai dottori. Restaurò perfino casa. Prima non aveva gas, adesso sì. E altre migliorie: sedie, tavolo, un buon letto.
Ma dal 1984 per sei lunghi anni rimase paralizzato. Aveva lavorato in condizioni insalubri per troppo. E non è che si nutrisse a dovere.
I medici lo avvertirono.
“adesso sei paralizzato, ma stai attento, non tirare troppo la corda, altrimenti morirai”.
Bloccati braccio destro e gamba desta, e perso l’uso della parola.
La sua vita era come finita. Non aveva soldi per le medicine e gli era impossibile lavorare. Scrisse delle lettere alla sua seconda moglie a si suoi figli, chiedendo aiuto. Loro non risposero. Quando i suoi amici più tardi andarono a parlamentare con la ex moglie i figli non li lasciarono entrare in casa.
“Non conosciamo Nicholay Vasilievich, noi abbiamo un altro padre. Non possiamo fare nulla. Arrivederci”.

I vicini, che conoscevano Nicholay sin da quando era in fasce, presero a cuore la faccenda. Ognuno comprava delle medicine che nessuno prescriveva, il dottore era un lusso che non ci poteva permettere. E spesso c’era chi cucinava per lui, anche se quando rimaneva senza cibo Nicholay pensava che il giorno dopo sarebbe morto. Poi apriva gli occhi ed era sempre lì, si vede che Dio aveva deciso diversamente. Questa vicinanza degli altri era un piccolo aiuto, ma importantissimo.
Doveva essere grato! Cominciò a fare esercizi, ogni giorno, ogni giorno, e poco alla volta riprese l’uso della parola, e poi man mano quello degli arti.
Prima, prima di questo momento meraviglioso, era stato un cane, per sei anni, a quattro zampe. Cucinava con una sola mano, sbucciare le patate o un arancio era un’impresa. Per l’acqua andava in ginocchio, il secchio tra i denti. E si trascinava sino a casa. Ma continuava a lavorare la terra con una sola mano. Patate, ciliegie. Quel che offriva la terra. Curava il giardino. In questo nessuno lo aiutava, che la gente di un uomo cane si stanca presto. Poi, per fortuna, arrivò la pensione di invalidità e N. , dato che i negozi erano distanti, poteva ricompensare con qualche copeko i ragazzini che gli compravano il pane. Erano gentili.
In questo tempo riprese a stare in piedi, a muovere gli arti, a parlare. Dopo sei anni a quattro zampe finì per sentirsi nuovamente un uomo. Aveva però problemi con gli occhi e voleva nasconderli, perché desiderava tornare a fare il fabbro in fabbrica, alla Vodosnabjitilnaya Sistyema.
Ma chi lo prendeva uno malato come lui? Uno vivo per miracolo, un invalido di secondo livello?

12 commenti:

Anonimo ha detto...

ma cosa sta diventando tuo lavoro? Fumetti? Novels? Film? Music? Hi from Josie (ricordi all'aeroporto di Heathrow?)

Anonimo ha detto...

This is docudrama, right?

Anonimo ha detto...

Molto bello.
Ha qualcosa di severo e feroce come una fiaba popolare, di quelle dei fratelli Grimm.
Ciao
L

manuele ha detto...

bellissima sta cosa che stai facendo. un abbraccio e a presto (torni a paris?)

igort ha detto...

Cari. Non so precisamente cosa sia questa cosa, so solo che mi ci trovo bene dentro e che forse rielaborerò, disegnerò. Non lo so davvero. E' un bagno di vita. E mi pare salutare. Sorgono, come avete visto, molte domande. Alle quali il più delle volte non so rispondere. Per ora mi limito a cercare di mettere in ordine le cose che incontro.

Luc ha detto...

per chi ha cuore per vedere dietro lo sguardo degli altri, le domande sorgono sempre. Le risposte, ammesso che esistano, non è detto debbano esserci subito. si ha bisogno di tempo (poco, tanto, chissà) per elaborare e capire. il bagno di vita è una cosa che fa sicuramente bene.
sempre in ascolto.

Anonimo ha detto...

Ciao Igort, sono Aurora. Leggo quello che scrivi e mi interessa molto. Per me questi sono racconti, non hanno bisogno di disegni. Sono già pronti così, e dicono.

Anonimo ha detto...

Anche io trovo che la storia di Nicholay non necessita immagini. Le tue parole ed il suo volto bastano ed avanzano.
Che carogna la seconda moglie pero'. Possibile che lui non avesse niente da rimproverarsi ?

Anonimo ha detto...

mi affascina il passaggio dalla vita vera al racconto, come se si aprissero tante strade, tanti possibili racconti.

Anonimo ha detto...

Non sono molto d'accordo con quasimai, per me questi racconti potrebbero diventare anche un fumetto, se avete ascoltato le registrazioni di Art Spiegelman con suo padre si capiva che era roba forte anche solo dalle voci, ma poi Spiegelman ne ha fatto un signor fumetto.
Francesco S.

igort ha detto...

E dove le hai sentite le registrazioni di Spiegelman con il padre?

Anonimo ha detto...

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