21 gennaio 2006
stop making sense
A Parigi c'è l'ultimo libraio del mondo, un superstite, uno di quelli che fa le cose per vocazione. Si chiama Jacques e tiene la libreria "un regard moderne", in rue Git le Coeur, dietro la fontana di Saint Michel. Jacques è una persona geniale, burbero e gentilissimo, dotato di uno humour malinconico.
E' qualcuno che quando arrivo ha la pila di libri pronti per me. Lui sa cosa potrebbe piacermi e di solito ci prende al 90%. Il risultato è disastroso per le mie finanze ma trasforma ogni visita in libreria in un viaggio iniziatico.
La sua libreria, è bene dirlo, non somiglia a nessuna altra perché è davvero minuscola. Ma lui ha una scelta personalissima di libri di arte architettura, fotografia, arte, fumetto, grafica, erotismo, letteratura, musica, giocattoli, cultura alternativa in genere. Il tutto sta compresso in un cubo al centro della stanza. Un cubo alto due metri, e un doppio, triplo strato, di libri che fodera le pareti. Non ci si muove senza farne cadere qualcuno, e questo è il pretesto per scoperte inaspettate.
L'altro giorno avevo un appuntamento. Con i miei amici ci si trova lì. Lui ci conosce tutti, sa cosa facciamo anche quando non pubblichiamo da tempo. Sa che quell'autore sta disegnando questa o quella cosa e che quell'editore sta per fare quella collana o cambia casa editrice.
Nell'attesa del mio appuntamento mi ha dato una serie di cose. C'era l'ultimo Chirs Ware, bello e accuratissimo, al solito. C'era la raccolta dei disegni per la stampa realizzati da McCay a latere (non i fumetti conosciuti ma serie di piccole illustrazioni. Magistrali). una infinità di riviste fatte a mano, serigrafate, albi americani, libri svedesi, o giapponesi.
E a un dato momento mi ha dato una cosa, un volumone: aveva una foto di un bambino. una foto sbiadita e pubblicata in rosa pallido. Il titolo di questo volume è "patate".
Apri e trovi le cose più disparate. Selezionate non secondo un criterio estetico. Ma secondo un criterio intimo. Come censire le cose che ci stanno attorno. Disegni di un bambino che cerca di rifare sailor moon. foto di origine diversa che tutte hanno a che fare con il filo. Cavi, spaghi, tubi, fili, appunto, e via dicendo. Disegni fatti con uno stile sgraziato (da disegnatori che sanno fare, lo si capisce, ma che si divertono secondo questo stile "brut"). Elenchi, racconti, foto tratte da giornali scandalistici. In breve si crea una nuova narrazione. Fatta di cose, esperienze. Tracce, piste da seguire. Collegamenti inattesi.
Vengono richiamate competenze altre. Questo libro è un invito al viaggio; al viaggio nel valore del "senso".
Venti anni fa David Byrne aveva lanciato uno slogan dal sapore zen: STOP MAKING SENSE. Questo gioco di parole sul produrre senso era un'esperienza che l'arte aveva sperimentato. Nello stesso periodo mi trovavo al thread waxing space a New York. C'erano delle opere esposte di artisti che lavoravano sull'idea di anti-estetico come nuova estetica. il mostruoso non frontale, ma quello strisciante, sottile, contemporaneo.
Tutto questo, come in un'esperienza di "espansione di coscienza" tornava alla mia mente. Avevo un libro tra le mani che non somigliava a quello che di solito mi attendo da un libro. Era un 'oggetto sorprendente. Un'esperienza. Una porta dimensionale come quelle raccontate da Philip Jose Farmer.
Chi l'aveva fatto? Un volume di 400 pagine almeno, forse 500, non sono numerate. Stampato su carte diverse, in icnhiostri dai colori diversi, come i manga.
Questo libro è stato pubblicato oggi. C'è il copyright 2005.
Nell'ultima pagina compare la scritta: patate è una rivista di poesia edita da Pascal Doury. Pascal doury è morto il 13 settembre 2001.
Rimango senza parole.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
caro Igor, Pascal Doury, ho controllato, è l'artista che disegnò "Theo" su Raw, un racconto che poi uscì su Alter...una delle cose più impressionanti viste nella mia adolescenza, non esagero.
Su Raw, se ricordo bene, le parti intime dei personaggi erano state censurate e ci si poteva fare spedire dalla redazione i disegni da reincollare direttamente sulla rivista.
Ed era già un'idea da rimaner senza parole...
Mi spiace che sia morto.
Certo, Pascal Doury ha lavorato sino al 2001, prima di partire.
Ha pubblicvato per Metal Hurlant, fatto i suoi libri (regolarmente in svendita poco dopo) e pubblicato su Raw.
Il suo stile era inconfondibile. E' per questo che sono rimasto di palta quando ho preso tra le mani il librone. Perché c'era tutto il mondo di Doury, questa accumulazione di segni e questo senso di inutilità delle azioni raccontate, senza il segno di Doury.
Pascal, come con voce rotta mi diceva Jacques, il libraio, ha fatto solo due numeri: il primo, tirato in trecentocinquanta copie è introvabile. Di questo secondo ho preso forse l'ultima copia. Ma averlo tra le mani, sfogliarlo, perdersi negli strani collegamenti mentali è qualcosa.
Grazie, non conoscevo Pascal Doury.
Posta un commento