10 gennaio 2006

piste



nella mostra sugli Yokai spiccano per bellezza e perfezione le bellissime stampe xilografiche di Kuniyoshi. Di cui vi allego un dettaglio. Sono immagini di grande formato eseguite con una tecnica raffinata. Queste visioni sono per me lo spunto per riflettere sull'aspetto "psichedelico" o onirico del racconto di Baobab.

In quello che nella mia mente si definisce sempre più come un affresco vorrei riuscire a raccontare non solo la visione oggettiva degli avvenimenti ma anche quella immaginifica e interiore, di solito trascurata dal feuiletton e dal romanzo ottocentesco in genere. Credo sia possibile e nelle corde del romanzo grafico ampliare la parte "fantasiosa" . Non parlo di "fantasy" ovviamente quanto piuttosto della possibilità di esplorare piani di narrazione come si faceva ai principi del secolo scorso; in questo senso il fumetto è non solo il linguaggio utilizzato ma anche il soggetto della narrazione stessa. Baobab rappresenta il progetto probabilmenbte più ambizioso che ho mai affrontato sino ad ora.

Alla domanda "cosa vorrei leggere" la mia semplice risposta è "romanzo fiume".

E nel cercare di rispondere praticamente a questa domanda mi interessa moltissimo vedere se riusciamo, oggi, con il linguaggio a vignette che chiamiamo romanzo grafico o fumetto, a raccontare un romanzo costruito come un grande romanzo epico, o un affresco; penso a molte cose diverse che ho amato da Barry Lyndon di Kubrick al Casanova di Fellini. Mi ha molto interessato rileggere ultimamente Victor Hugo ("i miserabili", ma anche "l'uomo che ride"), Trovo vicino e molto stimolante tutto Garcia Marquez, Il conte di Montecristo, la storia di Elsa Morante, i fratelli Karamazov di D.

Scusate l'immodestia di richiamare con il mio modesto lavoro queste vette della narrazione, ma sognare non costa nulla ed è meglio "fingersi degli acrobati piuttosto che sentirsi dei nani", come dice Renato Zero.

In realtà mi tornano alla mente molti discorsi fatti di recente con Art. Lui ama il fumetto di Chris Ware, che diviene per lui paradigmatico di un modo di fare assoluto.
Io ammiro il lavoro di Chris e lo trovo eccezionale, ma quello che intendo quando mi riferisco al romanzo ottocentesco è una capacità della scrittura di superare se stessa, di farsi dimenticare per mettere in primo piano il "racconto". In questo sono certamente fedele all'assioma manga, che recita: innanzi tutto "Kokoro", il cuore. Significa, in parole povere la capacità di coinvolgere il lettore.
Il racconto sopra tutto.
Mentre se penso al linguaggio di Ware penso a un oggetto di design, in cui la forma è preponderante.

Quando ero giovane ho tanto amato "harzack" e "il garage ermetico" di Moebius. All'epoca proponevano un azzeramento del racconto, un punto vuoto da cui ripartire. Oggi non siamo più lì; oggi la battaglia è quella di costruire racconto, strade, piste, sentieri che portino a una stratificazione. Me ne rendo sempre più conto man mano che parlo di questo con i miei amici autori e lettori.

Naturalmente queste sono solo opinioni personali. annotazioni del mio percorso di autore, del tutto sindacabili. ma è così che la penso in questo principio di gennaio dell'Anno Domini 2006.

5 commenti:

andrea barbieri ha detto...

"Asa nisi masa" in lingua... (non ricordo il nome esatto) significa "anima". Il concetto penso sia lo stesso di "cuore".

igort ha detto...

Quando i giapponesi parlano di Kokoro, perlomeo nell'accezione di una redazione di manga, intendono una comunicazione universale. Quel meccanismo per cui quando vediamo che un cattivo fa dei soprusi a un indifeso, in un film come nella vita reale, parteggiamo per il più debole. Sono molle drammaturgiche insite nella natura dell'essere umano, probabilmente. Ora io non intendo riproporre un racconto puro, su basi primarie e chiudere la discussione.
Il fatto stesso che racconti l'epopea del fumetto, lo spirito delle origini, forse la dice lunga.

Ma credo che questa cosa sia epos puro, racconto. E non intendo quindi farne un'astrazione estetica, ma raccontare lo spirito di un tempo e una certa ingenuità. Mi interessa raccontare quello spirito preciso che avrebbe generato tante opere fondamentali. Nel teatro, come nella musica , nel cinema, come nel fumetto.

igort ha detto...

Per Paolo (Sparidinchiostro)
Quando parlo di cosa vorrei leggere parlo di romanzo fiume. Nel fumetto esistono pochi esempi. Non è questione solo di foliazione ma di atteggiamento nei confronti della lettura. I riferimenti sono per la maggior parte letterari. Mi pongo io stesso la prospettiva di aggiungere un'esperienza psichedelica al racconto.
(da Odillon redon ai surrealisti ai pink floyd
ai Death in Vegas)

Mi piacerebbe leggere e quindi fare un racconto capace di accompagnarmi per un lungo viaggio. Qualcosa che intrecci diversi fili. A me piace molto il fatto di fremere per la sorte dei personaggi. in questo concordo molto con il motto giapponese.
(le prime 400 pagine di IT di stefano re).

Chris Ware è geniale e non mi sognerei di metterlo in discussione, è un caposaldo. Coconino sta cercando di varare l'edizione di Jimmy Corrigan da un paio di anni. Forse ce la facciamo pure.

Ma da lettore e autore io cerco meno il "Distillato purissimo di design applicato al fumetto" e più vita. (detto così non vuol;dire molto forse, faccio un esempio) Gilbert Hernandez, o Maus sono per me più vicini. Parlo del tono della voce.
Se dicessi che ai gorgheggi di Celine Dion preferisco i latrati di Tom Waits sarei fuorviante, ma se prendiamo il latrato come assioma (latrato d'autore, s'intende) direi che è lì che mi piacerebbe trovare cose da leggere.
Steinberg vs Ware. Per dirla in due parole. Io uso i montaggi, ma cerco di farlo in chiave impressionsita, emotiva e non estetica.

igort ha detto...

Caro Boris, stupisce la puntualità con la quale non comprendi il senso del discorso.
Devi pensare prima di pontificare, non te la prendere.

igort ha detto...

Si parlava di altro. Non facciamone un melodramma, non ho fazzoletti a portata.
Per quanto riguarda la mia specifica che un "ignatz" non è un libro, è semplicemente quello che sembra: una specifica. Ignatz è il nome di una collana nuova, una rivista personale, periodica. Ogni sei mesi all'incirca un numero. Io e Gipi stiamo facendo il secondo.
Questo dice che non è un libro per il semplice motivo che un libro è un'altra cosa.
Sai come dire che una moto non è una macchina? Quello è il senso.
Ti sembrerà questione di lana caprina ma invece non lo è.
Per tornare al melodramma del latrato. E' solo una questione di mettere a fuoco e di cogliere l'opportunità.
Se dal mio modestissimo osservatorio di autore cerco di aprire le idee e di sottoporle alla luce della lettura pubblica è per il piacere di condividere e di capirsi.
Si può non essere d'accordo, non è necessario il conformismo. Personalmente lo detesto. Ma il tuo intervento oltre a non essere molto utile in questo senso serve a creare una cesura.

Con questo non intendo compatire nessuno. Sono uno cattivo e maleducato, non so compatire. Mi spiace.