10 aprile 2006

dall'interno



Ausonia è un autore di qualità, mi scrive un manifesto programmatico che sucita in me diverse riflessioni.
Come avrete letto dai commenti al post precedente si riflette sul dove siamo oggi. Su questa proiezione per la quale la vita tende a imitare l'immagine (purtroppo un'immagine patinata e cosmetica).

Ausonia: "... e questo voglio fare io. e questo dovrebbe fare chiunque decida di avere il coraggio di prendersi la responsabilità di ri-costruire. usando immagini coloratissime e comprensibili per tutti, un po' pop e un po' apparentemente didascaliche, stampate su albi patinati... ma con dentro un cazzo di seme ben nascosto che così la "gente" se lo porta a casa senza saperlo e magari dopo un po' si trova una nuova pianta in soggiorno e credeva di aver comprato solo un cazzo di fumetto..."

Si parla di un lavoro di fondo, convertire chi non è già convertito insomma. Ausonia distingue tra persone (quelle che hanno consapevolezza e educazione all'arte) e gente (Categoria antropologica di inconsapevoli e consumatori occasionali di cultura)

Ausonia:"... poi ovviamente si può fare arte anche per le persone (che non sono la "gente") e lì cambia tutto. e lì si costruisce perché non c'é niente di rotto da ri-costruire. la "gente è il 70% della collettività, le persone la rimanente percentuale."


Mi interessa sapere come la pensate.
Io credo che un lavoro possa diventare popolare se parla in maniera diretta, Se prescinde da categorie di cultura, e classe. Questa è la scommessa dei manga.
Ma occorre anche un vero lavoro di editori. Un lavoro con una prospettiva. E qui ci si scontra per questioni ideologiche. Io credo in un progetto e una visione, e credo che la gente non esista (virtualmente, come categoria) Ma sarei ipocrita a pensare che abbiaqmo tutti lo stesso livello di consapevolezza.
Ora evitiamo demagogia e populismi facili, vi prego di esprimervi con la massima onestà. L'argomento è delicato. Ausonia si è palesato con molta franchezza.
grazie.

44 commenti:

duccio ha detto...

Non siamo tutti uguali.. nemmeno in una ipotetica partenza.. non lo siamo mai stati e non credo che sia una reale possibilità di esserlo mai... come tutte le utopie tuttavia, il vero valore non stà nel raggiungere l'obbiettivo "finale" ma nel muoversi incessantemente verso quella direzione, che si sposta di giorno in giorno sempre più in avanti...
Certo che ogni tanto guardandoci allo specchio avremo l'impressione di essere somari che inseguono la carota appesa al filo... ma credo che questa sia in fondo la condizione umana in tutta la sua tragica bellezza. che sia da sempre questo il limite che ci ha spinto a fare cose straordinarie.. e quindi mi va bene..
Il discorso dell'infiltrarsi di soppiatto, e da dentro corrodere ed espandere le radici è da sempre affascinante, sicuramente è un modo più intelligente che aggredire violentemente dall'esterno, cosa che peraltro, solitamente ottiene solo il risultato opposto... chi si sente aggredito si barrica tra le sue mura e di certo non è incline a lasciare entrare idee e concezioni che non gli appartengono già...
tuttavia bisogna tener presente, sempre e comunque che chi compra un fumetto e si ritrova in casa 1 albero, non reagirà sempre nello stesso modo.. perchè accetti che questo albero cresca e viva nella sua casa forse è necessraio che ci sia già qualcosa in lui, qualcosa portato per caso dal vento magari, qualcosa trovato sempre casualmente per strada...

io vivo in una città, Ferrara, da sempre poco incline ai cambiamenti, sospettosa, che guarda storto in nuovi arrivati...
quello che stò cercando goffamente di dire è che sono tendenzialmente d'accordo con quello che dice Ausonia, ma credo che il nuovo, per attecchire debba comunque trovare un terreno fertile, preparato e finemente lavorato... altrimenti il rischio è che il ferrarese di turno si guardi attorno e pensi: " Cos'è questo cazzo di albero! io volevo solo un fumetto.."
il resto ve lo lascio immaginare.

PS. Molto belle le cose di Ausonia

duccio ha detto...

dimenticavo, sul discorso del popolare...
credo che la parola esatta sia (anche se un po' presuntuosa) l'universale, inteso non come grande e magifico, ma come intimamente comune..

Ripeto, siamo tutti irrimediabilmente diversi, e non sempre allo stesso "livello" (perdonatemi la parola terribile, ma avevate chiesto franchezza e non volevo trovare un sinonimo politicamente corretto), purtroppo. Ma c'è in tutti un profonda e oscura matrice comune, corde comuni che dobbiamo imparare a toccare e a lasciare toccare..
Non importa chi stia disegnando o cantando, chi stia leggendo o ascoltando, non importa cosa, non importa come, importa solo con cosa... e credo che il mezzo siamo proprio quelle "corde" spesso dimenticate

andrea barbieri ha detto...

Arte e necessità

[...]
Voi domandate se i vostri versi siano buoni. Lo domandate a me. L’avete prima doman­dato ad altri. Li spedite a riviste. Li parago­nate con altre poesie e v’inquietate se talune redazioni rifiutano i vostri tentativi. Ora (poi­ché voi m’avete permesso di consigliarvi) vi prego di abbandonare tutto questo. Voi guar­date fuori, verso l’esterno e questo sopratutto voi non dovreste ora fare. Nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno. C’è una sola via. Penetrate in voi stesso. Ricercate la ra­gione che vi chiama a scrivere; esaminate s’essa estenda le sue radici nel più profondo luo­go del vostro cuore, confessatevi se sareste co­stretto a morire, quando vi si negasse di scri­vere. Questo anzitutto: domandatevi nell’ora più silenziosa della vostra notte: devo io scri­vere? Scavate dentro voi stesso per una pro­fonda risposta. E se questa dovesse suonare consenso, se v’è concesso affrontare questa gra­ve domanda con un forte e semplice « deb­bo », allora edificate la vostra vita secondo questa necessità. La vostra vita fin dentro la sua più indifferente e minima ora deve farsi segno e testimonio di quest’impulso. Poi av­vicinatevi alla natura. Tentate come un pri­mo uomo al mondo di dire quello che vedete e vivete e amate e perdete. Non scrivete poe­sie d’amore; evitate all’inizio le forme trop­po correnti e abituali: sono esse le più diffi­cili, ché occorre una grande e già matura forza a dar qualcosa di proprio dove si offro­no in gran numero buone tradizioni, anzi splendide in parte. Perciò salvatevi dai mo­tivi generali in quelli che la vostra vita quo­tidiana vi offre; raffigurate le vostre tristez­ze, e nostalgie, i pensieri passeggeri e la fede in qualche bellezza, raffigurate tutto questo con intima, tranquilla, umile sincerità e usa­te, per esprimervi, le cose che vi circondano, le immagini dei vostri sogni e gli oggetti del­la vostra memoria. Se la vostra vita quotidia­na vi sembra povera, non l’accusate; accusa­te voi stesso, che non siete assai poeta da evo­carne la ricchezza; ché per un creatore non esiste povertà né luoghi poveri e indifferenti. E se anche foste in un carcere, le cui pareti non lasciassero filtrare alcuno dei rumori del mondo fino ai vostri sensi - non avreste an­cora sempre la vostra infanzia, questa ricchez­za preziosa, regale, questo tesoro dei ricordi? Rivolgete in quella parte la vostra attenzio­ne. Tentate di risollevare le sensazioni sommerse di quel vasto passato; la vostra perso­nalità si confermerà, la vostra solitudine s’am­plierà e diverrà una dimora avvolta in un lu­me di crepuscolo, oltre cui passa lontano il rumore degli altri. E se da questo viaggio all’interno, da quest’immersione nel proprio mondo giungono versi, allora non penserete a interrogare alcuno se siano buoni versi; né tenterete d’interessare per questi lavori le ri­viste: ché in loro vedrete il vostro caro pos­sesso naturale, una parte e una voce della vo­stra vita. Una opera d’arte è buona, s’è nata da necessità. In questa maniera della sua ori­gine risiede il suo giudizio: non ve n’è altro. Perciò, egregio signore, io non vi so dare al­tro consiglio che questo: penetrare in voi stes­so e provare le profondità in cui balza la vo­stra vita; alla sua fonte troverete voi la rispo­sta alla domanda se dobbiate creare. Accoglie­tela come suona, senza perdervi in interpre­tazioni. Forse si dimostrerà che siete chiama­to all’arte. Allora assumetevi tale sorte e por­tatela, col suo peso e la sua grandezza, senza mai chiedere il compenso, che potrebbe ve­nir di fuori. Ché il creatore dev’essere un mondo per sé e in sé trovare tutto, e nella natura, cui s’è alleato.
[...]

Rainer Maria Rilke, lettera a un giovane poeta, Adelphi
(che non ho dovuto scannerizzare essendo sul sito di Nazione Indiana)

iodisegno ha detto...

Credo che,come ha detto igort, il punto fondamentale sia PARLARE DIRETTAMENTE. Cercare una via "artistica" con intenzioni redentrici e per questo indirizzarla su percorsi e modi "altri" può essere estremamente fuorviante, si rischia di mistificare, più che esprimere. Questo succede, credo, se si cerca per forza di costruire degli apparati sopra la propria comunicazione (disegno o parola che sia) prima di soddisfare direttamente la propria chiamata a comunicare.
Anche perché parlare in maniera diretta non comporta per forza rinunciare a tutte le sfumature che la nostra sensibilità e il nostro gusto ci suggeriscono, ma ci permette però di arrivare anche a coloro che, per formazione o consapevolezza non avrebbero niente da spartire con noi. Un esempio grandioso di arte popolare penso siano i Simpson,e credo anche che abbiano convertito molte persone...

Mastro Alberto Pagliaro ha detto...

Molti anni fa partecipai ad una missione umanitaria in Romania in qualità di illustratore insieme a dottori e colleghi.Il mio compito consisteva nel decorare il reparto malattie infettive dell'ospedale di Bucarest. In una settimana disegnai sulle pareti decine di mostriciatolini colorati facendo la gioia di quei bimbi che a causa della loro fottutissima malattia non potevano uscire dal reparto. Io mi chiedo se quei disegni avrebbero avuto lo stesso valore in un altro contesto. io credo di no. Il punto è che ogni disegno ha la sua forza, ma vero è, che essa è determinata dal contesto in cui l'opera viene percipita. I simpson piacciono a tutti perchè parlano di noi, della nostra società, probabilmente nella Romania di 10 anni fa, non sarebbero stai apprezzati.Un bravo artista dovrebbe preoccuparsi di vivere su questo pianeta, invece di pensare a razze aliene. Questo ragionamento per me è alla base della Cultura Popolare. Detto questo, personalmente non mi preoccupo delle varie categorie di consumatori di cultura, tanto tutti alla fine guardano telefilm ben fatti come Desperate Housewives o una cagata pazzesca come il Grande Fratello.
Siamo esseri complessi.

ausonia ha detto...
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Niccolò Storai ha detto...

Credo che il contesto entro al quale ci siamo calati sia assolutamente piattoe grigio.
Nessuno ha più voglia di dire la sua , di prendere posizioni diverse dalla massa.
Solo alcune persone sensibili e creative come ad esempio Ausonia hanno la voglia di raccontarsi con serenità e coerenza , molti , troppi si nascondono dietro maschere collaudate .
Le maschere non permettono di vedere il volto delle emozioni , cosi' facendo che si può fare?
Lasciar perdere ?
Nemmeno per idea , bisogna andare avanti e cercare il più possibile di coinvolgere gli altri verso un cammino comune , una realtà da raccontare , un sussulto.
E' vero che come dice Bardamu non siamo tutti uguali però è altrettanto vero che l'importante è il tragitto , la capacità di assimilare di imparare durante il percorso di quest' ultimo.
Concentriamoci sul fare un buon cammino cercando il più possibile di smuovere anche le ultime file .
Forse non servirà a niente ma almeno nessuno potrà dire che non ci abbiamo provato.
Dobbiamo cercare di favorire uno scambio di idee , un prularismo di storie e di racconti , questo fà nascere la voglia di esprimersi al meglio e di creare cose meravigliose al cospetto delle quali chiunque non può che iniziare nuovi percorsi magari molto interessanti a loro volta.

ausonia ha detto...

garzie igort.
ma il mio post a cui fai riferimento (invito a leggerlo per intero per essere più chiaro), deriva da un tuo post in cui sollecitavi a una riflessione sulla possibilità di ri-costruire oppure no.

la mia schietta risposta è quasi un manifesto. è vero. ma è il mio manifesto. e più o meno è lo stesso in cui credo da diversi anni. e di cui parlo da parecchio tempo a chiunque mi chieda cosa sia per me fare fumetto.
lontano da me indirizzare gli altri.
visto che mi si cita (e questo mi fa onore, perché sei tu a farlo) mi citerò io stesso (un po' come faceva carmelo bene:)...) in merito a una risposta che ho dato sul mio blog a chi mi diceva quanto siano simili fra loro, nell’impostazione, le copertine dei cartonati francesi.

"credo che ogni fumettista sia libero di fare ciò che vuole. ovviamente ho i miei gusti... e faccio le mie scelte. non sono un accanito lettore di fumetti, non lo sono mai stato. solo perché disegnandoli da tanti anni mi sono accorto che il mio autore preferito, sono io... nel senso più umile del termine: so cosa mi piace davvero e solo io so come realizzarlo davvero. [...] se poi viviamo in un periodo arido - artisticamente parlando - e basato sul cash... che spinge giovani e vecchi autori a vendersi al primo testa di cazzo... ho imparato che non sono problemi che mi riguardano. ogni artista per se stesso."

ogni artista per se stesso. e questo lo penso per il fumetto in genere. e per qualsiasi forma d'arte. io sono un artista "politico". nel senso che cio che penso è ciò che sono.
e non lo dimentico quando disegno o scrivo, modello il das o scatto fotografie...
se poi qualcuno ci riesce... a dimenticarsene... io non ci posso fare proprio niente.

ma conosco diversi artisti che “fanno” ciò che “sono”. e per loro ho la stima più profonda. tanto da sentirli fratelli e maestri. e fra questi ci metto anche te con i lavori che fai.

questo spiega quanto mi sia disgustosa l’idea di convertire qualcuno. e infatti non mi sono mai espresso in questi termini.

per quanto riguarda la distinzione fra ‘gente’ e ‘persone’: era insita (anche se velatamente) nella tua sollecitazione alla quale ho provato a rispondere.
ma non mi si venga a dire che la "gente" non esiste. mentre vi scrivo non so ancora se berlusconi ha vinto o perso. e già questo dubbio è terribile perché comunque vada... questo è un paese che per metà è fatto da individui che adorano quell'uomo e la sua "visione". e la sua visione: non è altro che quella che prevede la de-strutturazione della dignità, della cultura, dell’educazione alla critica delle persone e declassarle così a “gente”. c’è una macchina potentissima che lavora a pieno ritmo 24ore al giorno per ottenere tutto ciò, e se la vedo solo io… significa solo che questa macchina disumanizzante lavora meglio di quanto io possa immaginare. e ha già prodotto altre vittime che credevo ancora critiche e attente. non ho detto che la "gente" sia inconsapevole. Inconsapevoli erano i visitatori della cappella degli scrovegni nel trecento... oggi la "gente" è peggiore di allora, ha un'inconsapevolezza interessata. la "gente" è al singolare. in quanto quella serie di individui costituiscono un "unico". e questo mostro, con milioni di teste, non è sempre e solo la somma di quelle teste. la “gente” è cosa altra dagli individui che la compongono. e a me spaventa… no, aspetta. non ci credo: adesso alla radio stanno dicendo che i due schieramenti sono in esatta parità...
no. vabbé, fra dieci minuti questi si prendono anche la maggioranza alla camera. ma non importa, non fa niente. vogliamoci bene. baci a tutti. la "gente" è un'invenzione. la "gente" non esiste.
citare rainer maria rilke... uno dei miei poeti preferiti, ti cito a memoria l’ultimo verso di una sua poesia che adoro: "solo il canto degli uomini sulla Terra, consacra e consola ". Però deve essere un bel canto.

igort ha detto...

klin klon
comunicazione di servizio:
ragazzi, scrivete post brevi. Magari più post ma brevi. Si fatica a leggere altrimenti.

andrea barbieri ha detto...

Colonnello, lei ci dà temi complessissimi e poi chiede dispacci brevi! :-)

ps messaggio brevissimo: l'Unione ha vinto le elezioni!

igort ha detto...

Caro Ausonia,

leggo con attenzione quanto scrivi. Mi interessa molto.

Rispetto a quel che ci si scrive:
Quando uno come Boncompagni esprime la sua visione per la quale siamo tutti un po' stupidi e quindi lui ci da una tv semplificata mi sento di rispondere:"no, siamo tutti complessi e non abbiamo bisogno di cibi pre-digeriti, grazie".

Gente e persone sono la stessa cosa in due fasi diverse della vita, ammesso che esistano queste categorie antropologiche.

Voglio dire che, se ci si abitua a nutrirsi di cose insulse, dato che l'uomo è un animale estremamente adattabile e duttile poi ci sembra che il mondo sia quello delle pubblicità TV.

E' necessario ricostruire. Ricostruire i valori, una mappa, ricostruire la narrazione, su diversi livelli. E' necessario essere consapevoli.

A questo scopo consiglio la lettura dell'ultimo Tiziano Terzani.
Illuminante per passione e generosità nei confronti di visioni, progetti e sogni che hanno attraversato generazioni. Abbiamo bisogno di perseguire un progetto, di pulire le nostre idee, semplicemente perchè questo ci rende migliori.

Credo comunque che le cose si possano cambiare e che una serie di cose di qualità possano diventare anche popolari. Kubrick o Scorsese ne sono la prova su pellicola, per dire.

andrea barbieri ha detto...

Aggiungerei Springsteen, che utilizza linguaggi della musica popolare, racconta l'America e l'uomo, fa il sold out ovunque.

andrea barbieri ha detto...

Perché non proviamo a farla tutti quanti questa mappa per "ricostruire valori e narrazione", concretamente, indicando alcune cose importanti che abbiamo conosciuto in questo periodo, saltando anche oltre il fumetto?

igort ha detto...

Musica: Nino Rota.

Pensieri:l'unione ha vinto, già, ma riuscirà a governare? Non ci sono i numeri.

Considerazioni: L'italia è più devastata di quanto si pensi.

igort ha detto...

Springsteen piace anche a me (quello acustico). Lui comunque è un buon esempio. Sono d'accordo.

Per esempio Pastorale Americana ( Roth, Philip) è un libro molto bello e riesce ad essere popolare.

iodisegno ha detto...

Pastorale Americana è uno dei più bei libri che abbia mai letto, l'ho passato a mio padre (70 anni) che non leggeva quasi nulla e che fa fatica a seguire un film al cinema, e lo ha divorato. Ora viene a casa mia con una busta di plastica e mi prende dieci libri alla volta, restituendomeli puntualmente una settimana dopo...

musica: Super Tramp (non picchiatemi!!)

senility ha detto...

musica: the Beatles

...il massimo del pop...
...il massimo del rock...

Doctor Ban ha detto...

sinceramente io sono considerato un qualunquista.non credo in determinati valori ma credo solo nelle personalità:è scontato che chiunque intraprenda una via comunicativa faccia in ogni caso politica,ma ovviamente non deve essere per forza di cosa una politica comune.per me è importante portare la mia esperienza a qualcun altro:cercare di spiegare il mio point of view.anticamente i cantores sardi portavano conoscenza alle nuove generazioni con i canti,parallelamente a ciò che i poeti della antica grecia e filosofi trasmettevano con la parola ed il pensiero ai bimbi loro discepoli.ne più e ne meno quello che gli indiani d'america e gli indù usavano per trasmettere tradizioni ma anche idee ai giovani delle tribù.con tutto il rispetto per coloro che su questi presupposti hanno creato una professione,io credo che la situazione non sia tanto imbarazzante.devo dire che ahimè sono anche un po fatalista,e questo in una civiltà moderna non è benvisto,ma ho pazienza di aspettare un ritorno del pensiero,un ritorno delle rappresentazioni del'animo,un ritorno del segno.alcuni di noi ci riescono(e sono tanti)....adesso,altri devono aspettare,lavorare e rimboccarsi le maniche.le rivoluzioni non si fanno dalla sera alla mattina(lo dico sopratutto per me stesso!!).

per quanto riguardo coloro che hanno vinto le lelezioni,condivido il dubbio Igortiano,anche se sono contento che i detrattori dell'arte ,in tutti i suoi aspetti,abbiano da pensare.la strada è molto in salita,inspiraiamo e cominciamo a correre.

Doctor Ban ha detto...

Ausonia piace molto anche a me. e molto.Linkato nel mio modesto blog.avremo occasione di parlare in futuro spero.

igort ha detto...

Semplicemente cominciamo con il raccontare "cose" e non cose già sentite. Partiamo da questo assioma cose che dimorano dentro me perchè lo ho viste sentite con i miei occhi, le mie orecchie.
I sogni sono belli ma bisogna dormire e imparare a sognare, non prendere in prestito i sogni degli altri.
Realismo? No, miei cari, non parlo di questo. Parlo di una disciplina dell'onestà.

duccio ha detto...

mi viene in mente quello che diceva Bukowski quando gli si chiedeva cosa bisognava fare per diventare grandi scrittori..
"- Qual'è il consiglio che darebbe ai giovani scrittori? - Gli consiglierei di bere, scopare e fumare un mucchio di sigarette - E a quelli più anziani? - Se sono ancora al mondo, non hanno bisogno di consigli."

igort ha detto...

Non so, proprio quella filosofia semplificata che esponi è la ragione, credo, per la quale Bukowsky non mi ha mai convinto, Lo trovo adolescenziale come certe cose punk, che ho amato, per l'appunto, nell'adolescenza.

Conosco un mucchio di persone che scopa e beve, e questo non loro ha insegnato nulla di più sulla vita di certi monaci del monte Athos che ho letto anni fa.

Basta con la retorica del desperado. E' fiction essa stessa.
meglio di bukowsky, per me: Gianni Celati, John Fante.
Hanno un rapporto diretto con la vita e la narrazione, ma molto più profondo. E non la menano tanto.

ausonia ha detto...

su bukowski concordo pienamente.

se devo citare uno che raccontava bene e arrivava a tutti: de andrè.

se invece dovessi citarne uno un po' meno noto qua da noi è lo scrittore michel houllebeck. il suo ultimo romanzo "la possibilità di un isola" è ancora più intenso di "estensione del dominio della lotta". che già i titoli sono bellissimi. leggeteli!
lui è uno che crede che non ci sia nessuna distinzione fra gente e persone. esistono solo esseri umani. purtroppo la sua idea di umanità è piuttosto disgustosa... meraviglioso. lucido. coraggioso. e un po' pop al tempo stesso.

duccio ha detto...

secondo me (tornando un po' al discorso di prima) è il suo modo da provocatore a non fare passare in maniera adeguata il suo messaggio.. alla fine dice soltanto che per scrivere bisogna per prima cosa vivere, perchè è quella la condizione necessaria per avere qualcosa da dire... necessaria, ovviamente da sola non basta.. certo poi che il suo modo di farlo può piacere o meno. Le cose che mi piacciono di più sue sono quelle piccole perle che semina lungo le sue rozze pagine, che ancora di più per il fatto di essere immerse nello sporco brillano di una incredibile luce e innocenza. Secondo me leggere bukowski e soffermarsi/fermarsi sulle parolacce le bestemmie e le porcate non è il modo corretto e francamente non è nemmeno quello che mi affascina. Sono daccordissimo che se è questo che ci colpisce allora siamo degli adolescenti non maturati. Esiste tutta una produzione tarda che sfocia in romanzi come Hollywood Hollywood che mostrano un Bukowski inedito ai più..
Se vi capitasse leggete "mutandine" a mio modestissimo parere stupendo racconto/poesia contenuto in "le ragazze che seguivamo" ed. Guanda
quello è il bukowski che piace a me...

duccio ha detto...

di houllebeck ho letto piattaforma.
bello.

igort ha detto...

Notte, domani mattina devo andare a Roma. Spari, leggi il post precedente.
Stiamo cercando di capire. De andrè? D'accordissimo.
Profondo, sensibile, universale.
Però per nascere oggi un De Andrè dovrebbe superare una visione pausinizzata delle case discografgiche.

Certo se uno sopravvive si rafforza. E ci da le perle che ancora oggi ascoltiamo.

Chiedo scusa per avere sparato cacca su Bukowsky. Non è bene azzerare cose che piacciono ad altri e a noi meno. A me se mi si dimostra che Eisner non è stato geniale negli ultimi quarant'anni mi si fa male. Perchè mi serve crederlo.
Ma c'è qualcuno che ci ha provato ( e ci è pure riuscito, in un certo senso)
Sono ancora tramortito.
Ma questa è un'altra storia.

andrea barbieri ha detto...

No no no, Igort, Eisner è un genio imprescindibile. Il problema è il web: si fa fatica in un post a dare l'idea della critica che si sta facendo, tutto sembra troppo radicale. Oltretutto - io mi sto immaginando di essere tra quelli che hanno prodotto il tramortimento - ho una prospettiva che, mi rendo conto, è sbagliata. Considero il fumetto una combinazione di letteratura e arte figurativa. Il corollario è che vedo (vedevo) in questi due elementi il metro di giudizio di un fumetto. Niente di più falso, il fumetto cresce da sè e anche se è ancora bambino (ha solo cento anni!) cresce con un corpo e una testa autonoma. E con capacità che altri mezzi eccetto l'animazione non hanno, nemmeno si sognano. Eisenstein quando guardò il lavoro di Disney lo fece dalla prospettiva giusta, con la sensibilità giusta e infatti lo considerò un genio. Questa autonomia si fa davvero fatica a capirla se non si fanno fumetti e non si sta tra i fumettisti. Eisner di quel corpo forma una gamba, regge il fumetto e lo fa camminare. Ad altri il compito di farlo crescere ancora, ricordando che se si taglia una gamba poi è difficile farla crescere.

Colonne' spero di aver rimesso le cose a posto :-)

Umberto Torricelli ha detto...

temino da niente, eh?
Credo che il 'seme' di cui parla Ausonia non sia così facile da inserire, nascosto o meno, nel fumetto come in qualunque altra forma di comunicazione.
Nel senso che è una cosa programmabile, ma fino a un certo punto. La questione si pone ancora prima, e sta nell'onestà intellettuale con cui si affronta il proprio lavoro. Se non si fanno le cose solo per vendere, per vellicare istinti facili, o, per contro, cercando di rivolgersi pretestuosamente a un pubblico 'alto', la riuscita della comunicazione 'popolare', ma di qualità viene da sè.

Mi sembra che il solo fatto che tu Igort, da editore oltre che da autore, ti ponga questo tipo di problema, significhi che sei già sul binario migliore. Del resto il lavoro della Coconino è lì a dimostrarlo.

Mi pare che, storicamente, ogni tentativo di 'abbassare il tiro', solo per venire incontro a quella che si pensa sia 'la gente' o di 'alzarlo' solo per fingersi degli intelligentoni, alla fine non paghi, finisca per mostrare prima o poi i suoi limiti. Limiti che risiedono nell insincerità, che traspare sempre, per quanto si cerchi di dissimularla.

Sam ha detto...

Salve a tutti...
Credo a mio modesto parere che sulla definizione di "gente" non si tenga conto di un particolare rilevante. Il contesto socio-culturale in cui la "gente" cresce. Penso che tutta questa definizione non tenga conto di altri punti di vista.
Io personalmente vedo la "gente" come vittima di uno stato sociale, non come colpevole del disfacimento della cultura Italiana. Per fare un esempio banale: la maggior parte dei poveracci che hanno votato berlusconi è realmente consapevole di cosa sia quell'uomo? Perchè nascono forme di razzismo in città di 100mila abitanti come La Spezia? E' colpa del vecchietto che mi diventa razzista a 80 anni perchè si trova prostitute nigeriane sfruttate a scopare Italiani in carriera negli androni delle case popolari dove abita, o di una politica assente sotto qualsiasi punto di vista? Dare la colpa alle persone deresponsabilizza il ruolo dei politici.
Se fossi nato a Scampia non starei su un blog, ma a fare da palo a qualche pezzo grosso per 400euro al giorno. Vivrei in un altro mondo, senza avere colpe.

senility ha detto...

mmmh...non mi hai convinto...senza andare a prendere casi limite, ci sono tante persone che hanno il mio grado di istruzione, che hanno la mia età, che vivono nella città dove vivo io, e votano forza italia.
considerando le elezioni, più della metà delle persone con più di 18 anni non ha problemi a votare uno schieramento che ha come leadser un mafioso conclamato...sono un pò tantine per essere tutte di Scampia.

Sam ha detto...

Non dico che non ci siano delle grandi teste di cazzo a sto mondo. Penso solo che quando si parla di gente si debba tener presente da dove la gente arriva, che tipo di vita fa. Solo così , a mio parere, si possono capire le cause di un disastro che attanaglia oramai la nostra società. Ritenere la maggior parte della gente un gregge di dementi può essere un analisi. Ma mi chiedo anche: dove sono finiti i pastori? E se ci sono come svolgono il proprio lavoro? Secondo me il sistema ha iniziato a perdere colpi quando si sono mischiati i genitori con i figli, i professori con gli alunni, i politici con gli elettori. E allora troviamo madri che piangono e figli che le consolano, e come classe politica ubriaconi della bassa (Calderoli, Borghezio). E' qui che non ci si capisce più niente, che va tutto a puttane. Quando i ruoli non sono più distinti.

Doctor Ban ha detto...

va bene,gli orientamenti "politici" sono all'ordine del giorno,ma politica non vuole dire necessariamente parlare di palazzo chigi.mi pare che ci stiamo involontariamente allontanando dal senso, e ho detto mi pare.ben venga tutto,le parole come i segni sono oro di questi tempi,lascerei però i vari berlusca e prodiani al loro lavoro e tornerei al significato di "polis" più vero.....quello che interessa a chi racconta il mondo,anche quello interiore, che racconta alla "gente" alle" persone" un sogno,una realtà......e se provassimo a raccontare?

ausonia ha detto...

bananos

mi piace sempre ciò che dici... incontriamoci! a patto che ti presenti con quel cappello però!

sam

credo che l'arte, nel suo modo di raccontare, abbia una peculiarità fondamentale che la distingue dalla fiction a cui i media (e ci metto anche l'editoria a fumetti) ci stanno abituando... la caratteristica di cui parlo non è altro che la metafora.
magari ho voglia di raccontare di una storia di ragazzi che hanno una piccola band e che seguono ostinatamente i loro sogni musicali... se la racconto così, e approfondisco il tutto mostrando la provincia in cui vivono, le loro famiglie e i discografici stronzi... non racconto altro che la "realtà". più o meno. ma da un narratore pretendo qualcosa in più.
credo che l'arte, a differenza dei meccanismi sempliciotti che connotano il "racconto" dei reality show possa parlare di qualsiasi cosa parlandomi d'altro... usando appunto una metafora. mi viene in mente il classico "la fattoria degli animali" di orwell... leggevo di animali e capivo la storia di un paese come l'unione sovietica. tramite altri simboli e altre storie. senza che il racconto risultasse didascalico o banale. la vita, la vivo... l'arte la sogno. quando l'arte mi fa solo vivere allora provo una certa repulsione e senso freddo di morte.
il neorealismo ha avuto un senso profondo e innovativo nel periodo in cui è stato creato. questo neorealismo cartaceo... che poi non è neanche tanto realistico... non so.
dogville mi giustifica il terrorismo (contro l'occidente) parlandomi della vita di una provincia occidentale bigotta e cattiva... fantastica metafora. arte.

Sam ha detto...

Interessante... Finalmente un blog con dei "pastori". Anche se so che potrebbe non piacere a qualcuno di voi questa definizione. Ma per me che ho 20anni in qualche modo lo siete. A parte le cazzate.

Penso però che raccontare la realtà utilizzando elementi reali sia la cosa più difficile da fare.
Se ho inteso il riferimento non credo affatto che "questa è la stanza" rappresenti la realtà. Ci sono degli attimi in cui GIPI la racconta in maniera eccelsa (mamma e figlia in camera da letto, i due ragazzini al mare) questa è arte. Il resto del fumetto è quel neorealismo cartaceo di cui parli. Ma in quei due momenti precisi Gipi è potente.

ausonia ha detto...

gipi è potentissimo. esterno notte e appunti per una storia di guerra sono fondamentali. per me. mentre li leggevo ero fra quelle pagine... e fra quelle vite che raccontava. poi, se fa una storia che mi lascia immobile come questa è la stanza... non ci rimango poi troppo male. insomma, siamo solo esseri umani. e poi queste sono solo mie personali opinioni che forse non vogliono dire nulla.

sam

spero che non ti sei arrabbiato per quel duro post che ti ho lasciato... era solo per stimolarti un po'... :)

ausonia ha detto...

ps: la definizione mi terrorizza! se il mondo seguisse i miei consigli... sarebbe un mondo di presuntuosi snob:)
un'ipotesi insopportabile!

Sam ha detto...

Oggi a lavoro non stiamo facendo davvero niente.

Ausonia

Non sono affatto arrabbiato, anzi sono contento. Non vengo sui blog per sentire le stesse cose che dico io, o vedere "sam quanto sei geniale con le tue fantastiche idee". Vengo per sentir parlare gente che ne sa più di me. Mi nutro delle vostre esperienze, e delle vostre idee. Solo questo chiedo.

Su GIPI
Che GIPI sia tra i migliori non c'è ombra di dubbio. Per me Esterno Notte è il fondamentale. E lì secondo me racconta la realtà con la realtà facendo arte, il massimo dei massimi. Appunti l'ho trovato un bel fumetto. Questa è la stanza non mi ha convinto. Ma pur non avendomi convinto ci ha infilato quelle due scene che appartengono anche a me. Io in quella stanza ci sono stato. Quelle frasi dette al sulla spiaggia sono le mie parole, non solo sue. E' questo l'elemento veramente potente. La capacità di lettura della realtà che ha avuto è a mio parere impressionante. La storia secondo me non delle migliori. Credo si possa dire anche di GIPI, che forma insieme a Sacco "i miei autori preferiti". Aspetto di leggere pinocchio. (un pò di paraculaggine alla fine, senza farlo a posta esce sempre)

Sam ha detto...

la stanza a cui mi riferivo è quella della ragazza (non la sala prove). La stanza di mia cugina per la precisione.

ausonia ha detto...

anche dalle mie parti non c'è granché da fare. sole... delle tavole da colorare... cazzeggio.

forse quelle due scene che citi sono un po' troppo "nostre"... mie, tue, di tutti. ci sono stato anch'io un sacco di volte su quel letto e su quella spiaggia. troppe volte per ritenerle interessanti. il punto è che la mia vita, le nostre vitre non possono diventare per forza letteratura solo perché appagano il nostro ego... "oh, guarda, sta parlando di me". mi viene in mente ciò che ha scritto qualche riga più sù igort rispetto a bokowsky. la realtà in questo senso non mi interessa. mi interessa la realtà che non conosco. il reale che non ho visitato. questa è la letteratura che preferisco. in guerra non ci sono mai stato e allora mi interessa sacco che me ne parla dopo averla vissuta. ed è più di un reportage dall'inviato del tg. è un racconto esperienziale. vita/sogno. ciò che accade sul pianerottolo di casa mia... lo so già.

per quanto riguarda pinocchio, la mia versione, narrativamente sarà una merda. una fiaba del cazzo, solo perché ho ribaltato la fiaba di collodi senza cambiarne l'impianto narrativo. che nell'originale è didascalico e composto in episodi quasi autoconclusivi... tenuti insieme da una morale.
mi interessava lasciare questo "modo" di raccontare, perché fosse ancora più evidente l'attinenza alla fiaba originale e al tempo stesso lo stravolgimento. negrin si è preso delle libertà che io mi sono autovietato. e personalmente ciò che ho fatto era specifico per questa storia ma lontano dai miei gusti personali.

fra qualche settimana posterò qualcosa sul mio nuovo progetto e lì sarà chiaro quale sia il tipo di narrazione che amo...

Niccolò Storai ha detto...

Secondo me raccontare è anche un modo per fare ricerche su realtà che non si conoscono.
Così facendo si compiono viaggi e ci si arrichisce sempre .
Se si è consapevoli di quello che si fà non ci sono problemi se invece le cose le si fanno per sentito dire e si vive solo in trasparenza allora si diventa "gente" , gente nell' accezione che ne ha dato Ausonia.

duccio ha detto...
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duccio ha detto...

Ausonia

per me il discorso che fai nell'ultimo commento è un po'.. "estremista". credo che a volte possa essere interessante quella sottile differenza che puoi trovare tra il tuo pianerottolo e quello dei dirimpettai.. Con questo non voglio dire che non concordo con il tuo discorso ma la tua posizione mi sembra un po' come un Aut-Aut.
Personalmente quando trovo nei racconti di qualcuno qualcosa che è in parte anche mio, (sottoline "in parte"), provo una leggera sensazione di sentirmi meno solo... so benissimo che è illusione ma mi fa stare bene, mi consola in po'... per 5 minuti magari. Ugualmente quando incontro ciò che non conosco affatto, e me lo sta raccontando qualcuno di cui mi fido... bhè... a quel punto è esplorazione.
Realtà e fantasia, conosciuto e sconosciuto hanno bisogno l'uno dell'altro per sopravvivere.Sono cose diverse, che a mio modesto avviso non vanno messe in contrapposizione, sono solo modi o momenti diversi di 1 unico grande discorso. Noi. Inteso come il tutto, il noi vero e il noi "altro da".
comunque anche il tuo è un punto di vista e in quanto tale va benissimo così com'è.
:)

igort ha detto...

Una cosa che forse Gipi ha avuto occasione di dire:
Sfar ha commissionato a Gipi un libro per una collana per ragazzi. Sarebbe uscito in Francia per Gallimard, e Gipi lo avrebbe chiamato"questa è la stanza". A metà lavorazione Sfar chiama Gipi e gli comunica che la collana non sarebbe più stata per ragazzi.
E' stato come un fulmine.
Gipi non poteva certo buttare mezzo libro. Così lo ha concluso e il volume è uscito nella collana di Gallimard diretta da sfar.

Il libro ha molte cose bellissime e il tocco di Gipi, che non è cosa da nulla. Gipi è una "bufera" (parlo in termini orientali).

Ma noi leggiamo "questa è la stanza" e lo paragoniamo alle altre opere durissime e senza mediazioni che Gipi ha fatto precedentemente. Ci sembra meno incisiivo, forse.
In ogni caso Gipi non avrebbe MAI potuto usare un taglio tipo "appunti..." o "esterno notte".

Lo dico perchè penso che per farsi un'idea, secondo me, bisogna contare su dati anche oggettivi.

Niccolò Storai ha detto...

Alla luce di quanto hai scritto nel tuo ultimo post Igort "questa è la stanza " merita una rilettura.
Io cmq l'ho torvata una lettura piacevole e poi non è detto che bisogna sempre essere incisivi e taglienti , certe volte si possono scegliere anche percorsi diversi .