15 marzo 2006

Saul



si moltiplicano le pubblicazioni su Saul Steinberg, il grande vignettista visionario.
Saul va guardato, con l'attenzione che merita un creatore di sguardi. Sornione, ironico, acuto osservatore e distillatore di segni. Saul con la punta del suo pennino ha inciso sull'immaginario contemporaneo anche per i rimbalzi che le sue visioni hanno avuto nel nostro modo di "vedere il mondo". Nostro, degli autori di ieri e di oggi.
Mi ha sempre incuriosito il suo modo di pensare il disegno, o l'antidisegno, se preferite. Questo tono dimesso, giocoso, sottile e sommesso con il quale guardava alla storia dell'arte amoreggiando con la stampa da rotocalco.
Saul ha scritto. Consiglio vivamente i suoi libri pubblicati da adelphi, in particolare "lettere a Aldo Buzzi". Una vera e propria miniera, un "metodo".


Recentemente la mia amica Paola Bristot mi segnala un volume edito da Marcos y Marcos (titolo piuttosto laconico: Saul Steinberg) pubblicato nella collana riga 24; Il libro a cura di Marco Belpoliti e Gianluigi Ricuperati è una raccolta di saggi, omaggi, chiacchiere su e con Saul. Non l'ho ancora leto tutto ma contiene delle piccole perle.


Una rilfessione: Saul riteneva che la maggiore malattia dell'arte moderna si chiamasse surrealismo.

Meditate gente, meditate.

12 commenti:

Roberto La Forgia ha detto...

è stato un grande.
molti suoi disegni sono dei veri e propri giochi.
quello dell'orizzonte che hai pubblicato, per esempio, per me è un gioco.

andrea barbieri ha detto...

A proposito del surrealismo (e del sogno politico, e del realismo), tempo fa mi è capitato di chiedere una cosa a Moresco, copio incollo domanda e risposta.

- Nello Sbrego [ed. Rizzoli, 2005] ricorre spesso il "sogno", una parola che si usava negli anni '60 -'70 in un contesto politico, ma tu che pure hai vissuto quel periodo buttandoti nell'attività politica, mi pare la usi con un significato diverso.

- Sì, è diverso perché in realtà allora si chiamava così solo qualcosa che era già inscritto dentro una progettualità ingegneristica della storia e della vita umana associata, in qualcosa di già previsto concettualmente di cui era un semplice prolungamento e una puntuale attuazione. Ed è diverso anche da quella cosa che, ad esempio, intendevano i surrealisti, per i quali era invece una sorta di accademia onirica separata, con i suoi linguaggi, i suoi segni e i suoi codici concettuali separati, un rovesciamento speculare di quell’altra accademia altrettanto separata, autosufficiente e rimpicciolente alla quale è stato dato il parodistico nome di “realismo”.

igort ha detto...

Roberto: quello è un gioco che ha aperto un mondo. Prima di lui non si erano viste le cose sotto quel tono. Saul ha giocato con le piante, le mappe, la rappresentazione del reale partendo dall'icona. Ha giocato sui timbri, sui francobolli e sulle icone che svolazzano sotto i nostri occhi nella quotidianità. Con i riflessi e gli specchi, aprendo speculazioni visive che sembravano enigmi.
Saul è un giocoliere che sa come si puo' essere leggeri nella rappresentazione. Il disegno è uno spazio in cui l'assioma dello stile definisce coordinate più o meno credibili. E lui ne ha definite di nuove.
Un gioco? Non solo, mi sembra che perdiamo la prospettiva.

igort ha detto...

Per Andrea,
io lavoro sul sogno, mi interessa, mi interessa anche lo sguardo di uno come Lynch, che riprende certi dettami surrealisti con uno sguardo contemporaneo e metropolitano. (a suo confronto i surrealisti sembrano dei piccoli, ingenui, campagnoli).

Nel mio lavoro tuttavia le cose si determinano senza una reale spinta concettuale, diciamo che quando si crea une certa concentrazione le sceneggiature si squaderneno per ospitare quelle visioni. Che si impongono letteralmente.

Crepax l'ho molto ammirato per la sua capacità di traslare il piano reale e sovrapporlo a quello onirico. Ma anche lui fa un lavoro ancora differente da quelli sinora citati.

Quello che sicuramente mi sento condividere con Steinberg è quel surrealismo facile, che si è imposto come un trucco, un illusionismo che darebbe idea di una certa complessità mentre in realtà si tratta solo di un piano ribaltato, come sembra suggerire il buon Moresco.

Roberto La Forgia ha detto...

ho usato il termine gioco (e continuo a pensare che sia azzeccato) perchè la partecipazione del fruitore a quel tipo di immagine che tante volte ha disegnato il nostro caro steinberg, è attiva e ci lascia sorpresi.
io penso che steinberg sia divertente da guardare perchè richiede molta partecipazione.
pensa anche alle scritte, quelle splendide composizioni di parole che prendono una forma, un corpo vero e proprio.

Roberto La Forgia ha detto...

mi diverte proprio perchè perdo la prospettiva :)

ciao

andrea barbieri ha detto...

Comunque, per dire della grandezza, si trovano su Steinberg tre pagine magistrali in "Arte e illusione" di Ernst H. Gombrich. Non sono tanti quelli che hanno impegnato il professore...

igort ha detto...

Mi piace un impatto nudo. Ho imparato a guardarlo e il suo lavoro si è arricchito man mano che io maturavo. Di sfumature ma anche di livelli. Ho compreso certe dinamiche. Uno come Folon invece arriva subito perché è dolce e colorato. Ma siamo su un altro piano; Steinberg è un istrione. Ma una forma di istrione che urla sottovoce, se mi passate la metafora.
La sua immagine a forma di fetta di mortadella, colorata con i pastelli, malamente, è un capolavoro di poesia visiva.

L'uso delle scritte che diventano disegno e i disegni esili che diventano scrittura ha anticipato di decenni molte cose di oggi.
Per questo accetto ma non comprendo molto l'accezione di gioco. Gioco mi fa pensare a arte ludica, a una visione nella quale c'è l'idea di divertimento. Mentre per me Saul è un creatore di sfingi grafiche, non mi fa ridacchiare, mi stordisce piuttosto.

Ma forse è la mia idea di gioco a essere limitata.

duccio ha detto...

mi piace molto pensare che l'unico modo per urlare davvero, sia proprio quello di farlo sottovoce..


giusto per...
http://www.saulsteinbergfoundation.org/life_work.html

http://www.artcyclopedia.com/artists/steinberg_saul.html

igort ha detto...

Non è l'unico modo di farlo; il mondo dell'arte (e non solo) è pieno di persone che mirano a fare effetto alzando metaforicamente la voce.
Ma urlare sotovoce significa avere una idea precisa.
Avere un progetto. E questo non è comune.

duccio ha detto...

inoltre urlare "a voce alta" distrae, può far perdere di vista il "concetto", togliendovi forza.. quelle volte, magari, capita di ricordarsi solo che qualcuno ha urlato, ma "non si ricorda" cosa..

Roberto La Forgia ha detto...

ciao igort,
sicuramente steinberg stordisce.
sfogliare una sua monografia per più di mezz'ora è pericoloso :)

per gioco non intendo necessariamente qualcosa che fa ridacchiare.
ti faccio un esempio se vuoi banale:
hai mai giocato a nascondino quande'eri piccolo? ti nascondevi o cercavi i tuoi compagni? mentre lo facevi, sorridevi?
non penso. o almeno durante il gioco c'è un miscuglio di emozioni molto vario. paura, grandezza, aggressività, debolezza, divertimento ecc.

neanch'io ho le idee chiare su cosa il gioco sia o dovrebbe essere. ma non lo limito a qualcosa di divertente.

ciao

ps - hai notato che molto spesso nei vari immaginari che ci ronzano attorno, i bambini che giocano sorridono?