13 marzo 2006

tornato a Parigi...





Tornato a Parigi con il carico di dvd e libri che accumulo ogni volta, mi rimetto al lavoro. Devo consegnare una storiella breve, che accompagnerà un doppio disco di Chet Baker. Non faccio più lavori su commissione; da un po' di tempo preferisco rimanere concentrato a raccontare.
Ma lavorare su storie corte per musiche che amo è uno stimolo interessante. Il pretesto per percorrere cammini diversi.
Per sperimentare un pochino.
Adesso per esempio sto prendendo appunti mentre realizzo la storia stessa. Cerco, se possibile, di improvvisare su un tema. Ho scritto una storia e poi, man mano che disegnavo sono venute fuori altre cose, un secondo tema che adesso sto intrecciando al primo. La storia in questo modo cresce, ogni storia ha un suo equlibrio, e inserire un secondo tema spesso significa riscrivere quasi tutto. Ma mi piace elaborare pensando a lasciare porte e finestre aperte. Dalla corrente che si provoca scaturiscono freschezza e vita, di solito.
Ovvio, non potrei probabilmente fare questo su una storia lunga. Quelle hanno altri equilibri, ed è necessario tenere la barra del timore perché il rischio di annoiare altrimenti si fa alto .

Sto sperimentando anche altre modalità di scrittura rispetto a 5 o Baobab. Parlo di testi.

Ho letto nei blog amici che adesso stiamo addirittura cercando di definire cosa sia il fumetto.
Non so, non credo saprei dare una definizione, su due piedi. Preferisco restare immerso nel "fare". Ma apprezzo che ci si ponga delle domande.
Io penso al fumetto mentre ascolto musica. Da quella ho imparato, molte cose. Come pure dai libri, dai romanzi o saggi.
Intendo che ho imparato a disegnare diversamente. (Quello cui Gipi allude quando parla di imparare a disegnare male, credo, lo si trova spesso in musica e letteratura, una scrittura non accademica in cui la categoria dello"sgraziato" diventa parte integrante di uno sguardo personale).

Mi interessa quell'idea di scrittura che certi musicisti mettono in pratica, dimessa, fresca. penso a Daniel Johnston, a E degli Eels, a Devendra Banhart a Bonnie Prince Billy, o ai Bright Eyes.

Una scrittura fresca e dimessa l'hanno messa in pratica molti disegnatori qui in francia, ma quello che vedo in quasi tutte le pagine in cui mi imbatto è pura "maniera". Sono costernato nel vedere tic grafici affollare il nulla che spesso diversi autori hanno da dire.

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