17 giugno 2014
Tokyo 17 giugno 2014
Mikiko dice che la questione dei burakumin è molto delicata, non tanto a Tokyo, quanto a Kyoto e Osaka. Dove i burakumin erano costretti a vivere in quartieri ghetto. Dice che suo marito è di Kyoto e che come tutti, in quella città, conosce i quartieri dove abitano i discendenti dei burakumin. Dice che è vero che ogni ditta giappponese ha accesso al database dei nomi di famiglie burakumin e che evita di assumere i discendenti degli appartenenti a questa casta di intoccabili. Mi spiega che le caste giapponesi erano 4: samurai, agricoltori, artigiani e commercianti. Che i burakumin erano al di sotto di queste , a tutti gli effetti considerati degradati, intoccabili.
E non erano solo persone in contatto con il sangue per via della loro professione (boia, macellai, conciatori di pelle, beccamorti), ma anche ex detenuti, mendicanti, prostitute, spazzini, acrobati e altri intrattenitori.
Una qualunqe persona di umili origini avrebbe potuto rientrare nella categoria se riconosciuto colpevole di determinati atti impuri, come l'incesto o peggio, i rapporti sessuali con un animale.
Era per questo che li chiamavano hinin, non umani o eta, letteralmente massa lurida.
Non solo, ma se per esempio la figlia di un agricltore, appartenente dunque a una casta superiore, a causa di avverse condizioni economiche fosse stata costretta a prostituirsi, allora le sue origini sarebbero state ignorate e lei sarabbe stata considerata a tutti gli effetti una burakumin.
Mentre viceversa non era possibile per un burakumin aspirare ad accedere a classi superiori.
Quando dico a Mikiko che è successo un incidente diplomatico serio con Google Maps perché ha pubblicato le mappe dell'antica Edo e di Osaka che segnalavano i luoghi ghetto dei burakumin, e che grazie alle moderne tecnologie oggi è possibile vedere gli edifici sorti in quelle aree, quasi non mi crede.
"E' una cosa del tutto irresponsabile" dice. Ed è chiaro che la libera circolazione di informazioni riapra una ferita mai veramente rimarginata nel Sol Levante. Dato che i circa 3 milioni di discendenti dei burakumin preferirebbero che questa triste storia di discriminazione e segregazione fosse dimenticata per sempre.
"Oggi ci sono agenzie che ci fornisco dei dati, interi alberi genealogici, storia delle famiglie ecc.e quando crediamo che una persona sia discendente dei burakumin facciamo un'indagine. Se il risultato è positivo evitiamo di assumerla". E' quanto dichiara l'addetta al personale di una grande ditta giapponese, che parla a condizione che sia garantito l'anonimato a lei e alla sua ditta.
Il governo giapponese ha recentemente emesso una nota di biasimo nei confronti di Google maps.
E Google Maps si dichiara a favore dei diritti umani, ovviamente, ma parla di interesse storico. Sono due facce della stessa ipocrisia, dato che niente si fa veramente per evitare che questa discrimanzione cessi di esistere.
Durante il Periodo Meiji, a metà dell'Ottocento, le caste furono abolite, e i cosidetti "degradati" furono considerati nuovi cittadini (un modo furbo per distinguerli comunque dai vecchi cittadini, appartenenti alle caste), ciononostante questi ultimi si dichiararono disgustati di essere parificati agli intoccabili, e coniarono il termine di Burakumin, apparentemente meno dispregiativo di non umani o lerci.
Oggi passeggio per Asakusa, l'antichissimo quartiere dei divertimenti di Tokyo, dove sorse il Denkikan (電気館, letteralmente sala elettrica) il primo cinema, che proiettò nel 1914 Antonio e Cleopatra. C'erano teatri, locande, e case di piacere. Non è difficile rendersi conto che ancora oggi sono numerosi i negozietti o le imprese artigiane che lavorano la pelle. Questo era uno dei ghetti burakumin della vecchia Edo, oggi Tokyo. Il che spiega, tristemente, perché quell'area fosse anticamente malfamata.
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