13 giugno 2014
Tokyo, 13 giugno 2014
Nascosto tra la folla distratta di Akihabara un vecchio chiromante legge il palmo della mano a un salary-man desideroso di un altro futuro.
La nota operosità giapponese fornisce a tutti un ruolo a buon mercato. Hotel, negozi, società, gestite da ragazzi, fanno pensare a un mondo che si rinnova.
Riempirsi, svuotarsi, riempirsi svuotarsi. Un gioco infinito attraverso cui passa il nostro esistere.
Tokyo, mi alzo alle 4, è già luce, il sole si leva presto in questa tarda primavera.
170 yen. Il tragitto Jimbocho-Sendagi. 4 passi nel mio vecchio quartiere.
Al Tennoji la vita di tutti i giorni interrompe la quotidianità spirituale. Suona il postino, i monaci contano le lettere arrivate, firmano. Poco dopo arriva una giovane maestra del té, vestita in kimono, si siede di fianco a me, nel giardino, ad aspettare che le aprano. Poi da una finestra un monaco le fa cenno di entrare: "Dozo" e lei sparisce con la sua valigetta.
Le divise, tanto amate, i ruoli, come se fosse facile risolverla così. Baluginano abissi di grande solitudine, dentro queste divise.
Non basta l'arte dell'imballaggio, che con un quadrato di bella stoffa dai disegni antichi, il furoshiki, contiene e veste. La vita è liquida. E può nascondere spesso molto altro. Lo sapeva bene il maestro Ueshiba.
Le vetrine dei negozi di giochi sono cimiteri di forme rutilanti, masse di plasica, corpi, involucri dai colori vividi e seducenti,
che ci parlano della vita più di quanto non vogliamo noi stessi ammettere.
Ritorno bambino e sogno Ultraman, in missione per scortare il mostro Bemular al Cimitero Spaziale. WUIIIIIISSSSSSSSSSSSSS!!!!!
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