30 dicembre 2005

mega ritmi



Nel marzo/aprile del 1955, cinquanta anni fa, sulle pagine di IMPACT Bernie Krigstein pubblicava una piccola storia che sarebbe entrata nella storia del fumetto. il suo titolo era Master Race.
Il mondo dell'immagine disegnata, da allora non è più lo stesso.

ultra ritmi




Si creava una nuova scrittura. Una scrittura moderna e nervosa.

ritmi



Un esempio di ritmo serrato, montaggio e stilizzazione estrema. Vero e proprio gioello (stiamo parlando di "cuore rivelatore" di Alberto Breccia) di uso "musicale" del linguaggio.

29 dicembre 2005

macchie bianche




Questa tavola la conosco a memoria. l'ho guardata, studiata, ammirata, centinaia di volte, da quando ho sedici anni. Vederla riprodotta con le correzioni di bianchetto (di solito invisibili) mi ha dato l'impressione di essere lì, a spiare il grande Will mentre la disegnava.

28 dicembre 2005

macchie



Ci si trova una volta all'anno insieme a chiacchierare di fumetti e racconti, film o romanzi: io, Spiegelman, Munoz e Mattotti. L'altra sera mentre si guardava il catalogo dell'ultima mostra organizzata da Art al museo UCLA (UCLA Hammer Museum: Masters of American Comics) è venuta fuori questa definizione, brillante come solo Munoz sa fare, di "linea morta". Ho cominciato a ridere pensando che fosse un nomignolo dato da Jose alla "ligne claire", lo stile nazionale francese. E poi ho inteso meglio: Jose distingue tra una linea fredda e inespressiva e una linea "sentita" che contiene la vita, appunto. Nel catalogo, un volumone a colori, erano stampate molte pagine originali in bianco e nero. L'interesse del vedere queste tavole a colori è proprio il fatto che si notano le correzioni di bianchetto, i segni della matita, le cose che di solito non compaiono in stampa e che illuminano sul processo creativo più di quanto solitamente non si pensi.
Era un consesso di ossessi della machia e del disegno, di amanti del segno che danza, tanto che Adeline, un'amica architetto, ha esclamato: "non ho mai visto nulla del genere tra architetti". Il che mi ha fatto piacere, dopotutto questo aspetto naif della professione preserva anche una forte dose di passione. E' bello osservare i disegni insieme ad altri disegnatori (specie se sono dei maestri come in questo caso) perché si aprono squarci di pura visione. Munoz che osserva ammirato Caniff e dice "molto naturale l'uso dei neri, più artefatto , studiato, in kurtzman", Mattotti che storce il naso davanti a Jack Kirby e Spiegelman che quasi sviene quando dico che "Kurtzman fa schifo; è spazzatura". (Lo amo Kurtzman ma davvero a momenti Art ci rimaneva). Sto ancora ridendo della sua faccia terrea.

23 dicembre 2005

grazie FATS




E' arrivato il terzo premio per FATS WALLER, il libro sul grande pianista che ho disegnato seguendo i testi di Carlos Sampayo.
"Gran premio speciale della giuria Romics". Questo lavoro che è costato molta fatica ha già vinto in Francia il premio "libro jazz dell'anno" (jazz a xironcourt) e a Treviso Comics il premio come "evento internazionale dell'anno.
Ringrazio molto umilmente, anche a nome di Carlos.

20 dicembre 2005

a cena da Art





ieri sera sono andato a cena da Art, che è appena arrivato da New York. Parliamo e ci si mostra le cose che stiamo facendo. un piccolo rituale domestico tra autori che si vogliono bene. Tra un bicchiere e l'altro di bordeaux non ho potuto esimermi dalla domanda che sto ponendo a tutti noi in questi giorni: cosa vorresti leggere?
Eco la sua risposta:
"Una storia che sia una grande storia, e che tenga conto della complessità del linguaggio con cui è raccontata".
Mi cita Chris Ware che dice: "io penso a disegnare sapendo che è un disegno che serve alla lettura". Marjane Satrapi, per esempio, fa un ottimo lavoro di "materia prima" che è la struttura e la sostanza delle cose che vuole raccontare, ma poi il modo con cui si raccontano le cose è forse poco approfondito. L'uso del linguaggio non è sviluppato.
Stiamo parlando di "forma e contenuto", come negli anni sessanta. Ma il punto è che quando un lavoro è profondo e potente non riesci a distinguere la forma dal contenuto. Si crea una scrittura unica. Art quando faceva Maus si preponeva di avere invenzioni in ogni pagina (stesso assioma, dall'altra parte dell'oceano per quelli di Valvoline). Oggi Ware o Clowes, che sono comunque eccellenti disegnatori, stanno elaborando una grammatica fatta di segni e parole, colori e sequenze, che è scrittura nuova: quella che gli americani chiamano "cartooning".

19 dicembre 2005

a Rockford, una volta...




Ho comprato, a Lucca, una copia di King-cat (il numero 64). E' una sorta di diario di bordo di John Porcellino, che è autore dell'immagine qui sopra. E' un oggetto che mi piace sfogliare e leggere, a caso, senza un ordine preciso, come fosse una rivista. Contiene, fumetti, disegni, racconti e annotazioni di sogni fatti.
John usa un disegno davvero semplice, ma funziona perché mantiene un ottimo equilibrio. Una cosa che mr.Porcellino insegna è senz'altro la disinvoltura con la quale intepreta l'idea di narrazione.

17 dicembre 2005

respirare




mentre seguo lo sviluppo della discussione lavoro a "baobab 2". Ho trovato dei quaderni con la carta liscia e me li porto dietro. Ci disegno la struttura dei vari capitoli, affinando i famigerati montaggi per assecondare i "silenzi che parlano".
Si cresce e vive con una storia, che si dilata nella tua psiche e invade sogni e pensieri.

Il dibattito su "cosa vorrei leggere" prende corpo. Come suggerito cercherò di fare una sintesi. Sarà necessario esaminare i punti principali e cercare di ordinarli. Vorrei che parlassimo delle cose nello specifico, perché altrimenti tutto rimane astratto. Si può affermare tutto e il contrario di tutto perché un'opera non genera regole generali, quello che può riuscire a un autore non sempre riesce a un'altro. Dunque non scrivetemi assiomi assoluti, perché non funziona così, il raccontare storie.

Scrivetemi cosa vi è piaciuto leggere, quali sono i libri che avete amato, cercando di spiegare, se possibile, il perché.

13 dicembre 2005

la rete




C'è una rete nel mondo che si dipana da casa Mazzucchelli a NY, si estende sino a casa Clowes, casa Tomine, a Berkley, casa Ware a Chicago, casa Gallant a Guelph, casa Tuveri a Parigi. Questa rete collega le collezioni del lavoro di Suihou Tagawa. Creatore di Norakuro.
Tagawa, autore degli albori, ispirò lo stesso Tezuka ed esplorò una serie di possibilità del nostro linguaggio combinando tecniche di narrazione e possibilità di lettura multipla (tagliando la pagina in tre strisce orizzontali, per esempio). Queste pagine viste oggi provocano shock e risultano ardue anche per un fumetto d'avanguardia, figurarsi per un fumetto popolare.

Mi piace pensare che ancora molto è da fare, e vorrei davvero arrivare a una libertà mentale come quella di Suihou Tagawa.

12 dicembre 2005

haiku




stimolato da Paolo Interdonato e Giacomo Nanni riscopro il lavoro di Crockett Johnson. Basta guardare un'immagine come questa. Non ha bisogno di commenti. Poesia visiva nel vero senso del termine.

10 dicembre 2005

il fumetto che vorrei leggere



interpellati una serie di autori cominciano a rispondere alla domanda posta qualche giorno fa. Cosa vorrei leggere.

Francesca Ghermandi
vorrei leggere un fumetto che mi trascini così tanto nel vortice della storia e dei disegni, facendomi meravigliare fino alla fine e che mi obblighi a rileggerlo immediatamente nella speranza di scoprire qualche particolare che nel vortice ho saltato.


Elfo
ci sono due tipi di opere a fumetti che mi piacerebbe vedere in giro:
1) Storie brevi e feroci sull'attualità, quelle cose di una, due, tre, massimo quattro pagine che sul Male o Frigidaire facevano Pazienza e Scozzari.
Non satira politica ma di costume, un pò commedia all'italiana e un pò underground americano.
Con le maschere e i comportamenti grotteschi che oggi popolano il quotidiano è un crimine non dedicare adeguata attenzione al racconto del panorama circostante.
Obiezione: per questo tipo di cose non ci sono spazi editoriali adeguati.
Ma forse gli Ignatz, oltre che a presentare lavori in fieri, potrebbero servire anche a questo.
2) Grandi romanzi capaci di raccontare splendori e miserie di un'epoca, che contengano elementi di storia, di economia, inseguimenti, duelli, amori.
Isomma, narrazioni che sappiano scivolare con eleganza dall'ironico al sentimentale tenendo ben salda la barra della ragione.
Tanto per capirci, qualcosa che stia tra "Il conte di Montecristo" e "Il romanzo da tre soldi" (strepitosa versione letteraria de "L'opera da tre soldi", che Brecht scrisse intrecciando una miriade di storie a incastro,inventando personaggi magnifici e spargendo sarcasmo a piene mani), quest'ultimo purtroppo ormai quasi introvabile.
In sintesi, rispetto alla produzione attuale: meno autobiografia e malinconia, più intelligenza e rabbia.
E non solo nei fumetti.

Piero Macola
storie forti, impegnate ma senza retorica, che
raccontino il mondo e la vita attraverso personaggi
UMANI.

Gabriella Giandelli
vorrei leggere un libro a fumetti in cui le immagini e le parole creino attorno a me una nuvola di buio e silenzio come avviene quando mi siedo in una sala cinematografica.... (no... questo è un giudizio di valore...)
vorrei leggere un libro di fumetti da aprire con timore e bramosia, pieno di immagini bellissime e personaggi assurdi, eroici, romantici e mitici come quelli delle fiabe
(praticamente è lo stesso desiderio della prima frase, un libro che mi faccia dimenticare tutto quello che ho sul gas)

Sergio Ponchione
vorrei leggere libri che mi ricordino che spesso le cose non sono quelle che sembrano. Che racchiudano nuove impressioni e inediti punti di vista su cose che ben conosciamo, crediamo di conoscere o su cui fantastichiamo. Che per farlo poi si usino mostri marini o caffè sul fuoco non è un problema.

Direi che ce n'è abbastanza. Posizioni diversificate. E sono solo le prime. Dite pure la vostra, la porta è aperta.

sotto il segno di Giò




Lo spirito del "fatto a mano" che anima la collana ignatz, riviste personali (interamente curate, sin nella grafica, da un autore) ha, come suoi antenati ideali, oltre alle riviste dei movimenti artistici del primo novecento anche le cose meravigliose di Giò Ponti. Che nella prima metà del secolo scorso creava "Domus" e "Lo Stile" e ne disegnava a mano titoli e copertine, come pure le grafiche interne. Era una stagione nella quale si pensava che "tutto fosse narrazione".
Bibbia per me.

9 dicembre 2005

cartooning




Tra gli autori grandissimi che hanno arricchito il patrimonio grafico internazionale oltre all'indiscutibile e pluricelebrato Saul Steinberg voglio ricordare anche l'opera di Paolo Federico Garretto.(Napoli 1903 – Montecarlo 1989)
Le sue elegantissime caricature divennero copertine per Vanity Fair, Fortune e New Yorker. A me lo fece scoprire il mio amico Virgilio quando eravamo ancora dei ragazzi, si era ai primi anni settanta. E sono sempre rimasto colpito per la grande capacità di sintesi e forza visionaria. Garretto non era solo un eccellente disegnatore, nel suo modo di comporre l'immagine c'era lo spirito delle ricerche grafiche del decennio precedente (la grande tradizione della messa in pagina vista con gli occhi rivoluzionari della grafica russa e non solo).

Si sarebbe occupato di grafica pubblicitaria, disegno e scenografie teatrali.

Ho sempre avuto una grande simpatia per quelli che prendono una grammatica piccola e non riconosciuta come nobile (le cosidette "arti applicate") e ne fanno uno strumento acuto di osservazione sul mondo. Garretto e la caricatura mi fanno pensare a Vonnegut jr. e la fantascienza.

8 dicembre 2005

interlocutorio





Questo che vedete è un altro grande visionario del fumetto: Dino Buzzati.
Una volta la Feltrinelli mi chiese se volevo fare un libro con loro. Avevano avuto un'idea formidabile: il romanzo grafico. Lo dico senza ironia, anche se può sembrare il contrario, dato che la grande casa editrice sospese la collana dopo appena due uscite. Non so, forse era troppo presto. Io mi posi il problema di cosa volevo raccontare e cominciai a lavorare. Si sarebbe chiamato "il sorriso delle volpi". Un romanzo scritto con sequenze disegnate che interrompevano il flusso delle parole. Man mano che procedevo mi rendevo sempre più conto che lo spirito del fumetto spesso risiede altrove; in cose che comunemente non rientrerebbero nella categoria "fumetto puro". Pensavo a Buzzati per esempio. O a uno spirito lieve e giocoso di certe avanguardie (dada o futurismo, per dire) e altre cose che mi facevano venire delle visioni, come il cinema di Fellini.
Questo romanzo non l'ho mai termiato, ogni tanto riemerge dai cassetti, lo leggo e trovo che è un peccato, però non so se lo riprenderò mai in mano dato che i progetti si affastellano.
Ma trovo incredibili le categorie sclerotizzate del pensiero nei media. Per esempio non ho una ragione del perché una trasmissione come fahrenheit non faccia regolari servizi sulla narrativa disegnata. Un ritardo inspiegabile che la dice lunga di come si possa guardare senza vedere. Cosa aspetate ragazzi? Guardate che anche le grandi case editrici italiane hanno scoperto che esiste una cosa chiamata "graphic novel".

5 dicembre 2005

una lettera aperta



questo spazio è stato attivato dieci giorni fa e sono stati numerosi gli interventi. Forse è segno che stiamo facendo qualcosa di utile. Sbaglierò ma sono profondamente convinto che sia necessario porsi delle domande sul "dove stiamo andando".
In passato uno spazio analogo era stato aperto da Oreste Del Buono sulle pagine di Alter e portò a dei frutti preziosi.
Io sono già contento che si sia ripresa in mano la questione, non ambisco a tanto.
I temi proposti e da voi sviluppati portano a delle domande precise.

1 Esiste una scrittura universale?
E' stata la sfida che il Giappone ha insegnato, a mio avviso. A ogni modo l'apertura di nuove frontiere di narrazione passa da qui.

2 Cos'è l'identità del nuovo fumetto?
Voglio dire: ha una sua identità culturale? Non si è parlato abbastanza di scritture laterali. Di fumetto periferico. trovo che probabilmente gli autori temano il fumetto folk o antropologico, mentre io parlo di radici profonde e di segni.

3 diversi tipi di scrittura per immagini.
Questo punto mi ha molto interessato. Cercare di trovare scrutture che abbiano temperature di racconto diverse, mobili. Che portino ad atteggiamenti differenti. Gipi sta provando nuove strade, ma non è il solo. Chi conosce John Porcellino?

4 La funzione della lettura e la trasmissione di questa alle nuove generazioni. Qui mi è parso di vedere diverse posizioni, più o meno ottimistiche. Educare figli vuol dire lasciarli liberi o condizionarli? Io da piccolo le ho prese, anche troppe. Ma una volta è venuto a trovarmi un amico che aveva una figlia educata "molto liberamente". Lei ha reso la vacanza di me e i miei amici un inferno. Non si poteva fare nulla che "la bambina" (un demone marino in incognito a mio avviso) non volesse.

Attraverso anedotti e ricordi si sta percorrendo una pista. Polverosa e non comoda ma sincera e autentica.

Da Magnus ho imparato che si può esplorare anche un esotismo non sempre da cartolina. (Rileggere "Lo sconosciuto").
Da Munoz & Sampayo che si può essere sensibili, impegnati e complessi artisticamente.
Da Breccia che non esiste una singola scrittura per uno stesso autore.
Da Eisner che il linguaggio è ancora tutto da esplorare.

Vorrei che uscissimo da un percorso comodo, la diligenza sulla quale stiamo attraversando la pista appena battuta non ha promesso a nessuno di fare "un comodo viaggio in poltrona". Non siamo mica Costa crociere.
Invito anche voi lettori a dire la vostra.

Cosa vorrei leggere?
Questo, anche da autore-lettore potrebbe essere un invito al commento. Ci fu, se non ricordo male, una bella storia di Scozzari tempo fa, che aveva un titolo simile.

a voi la parola.

2 dicembre 2005

forme



Francis Picabia, uno dei più grandi autori di fumetti di tutti i tempi.

Quando, poco meno di una decina di anni fa mi son messo a cercare di finalizzare per la stampa "5 è il numero perfetto" l'idea era quella di ricomporre una scrittura. E la cosa che mi interessava era quella di trovare una base semplice per una scrittura che nell'intento fosse semplice e emotiva. Uno dei pregi del linguagio che amo è quello di creare illusione di vita tramite semplicissime astuzie grafiche.
Allora pensavo ad alcuni numi tutelari che con il loro fare erano per me di ispirazione.
Buzzati o Picabia, la scrittura nuda di Celati, i film che mostrano quell'italia rurale quasi scomparsa, e l'idea che si potesse ricreare Napoli come si creava New York, in studio con delle sagome e delle luci abbaglianti. Questo armamentario quasi da viaggio (ci si mantiene leggeri perché non si sa mai cosa trovi nel percorso) è quello che mi ha accompagnato. Da cui sono ripartito nel tentativo di sgombrtare il campo dalla memoria di ciò che avevo fatto sino ad allora. Tanto l'esperienza ti resta e viene in aiuto quando occorre.

1 dicembre 2005

pensare periferico




Periferico. Pensare periferico.

Voglio scoprire le influenze sul disegno dei fumetti dell'arte etrusca o greca o bizantina.
Se qualcuno mi porta un fumetto italiano ambientato in una megalopoli lo mangio vivo.

Aspetto che il racconto mi porti in luoghi che parlano della mia terra, della mia memoria.

Una volta ho chiacchierato con Nikita Michalkov, era quasi quindici anni fa. Mi colpì il suo discorso. Michalkov diceva che la cultura americana stava cancellando il patrimonio delle fiabe locali. Che ogni cosa stava scomparendo per omologarsi.

All'epoca non esisteva un discorso politico sulla "globalizzazione" ma era di questo, in sintesi, che si parlava.
Michalkov è uno dei più grandi registi che il cinema russo abbia mai avuto e nel suo sguardo malinconico sentivo una vera nostalgia. Ma il sentimento di struggimento non gli impediva certo di darsi da fare. La sua era una nostalgia combattiva.

Anni dopo, a Parigi andai due giorni di seguito al cinema. Era uscito "Natural born Killers" di Stone.

L'ho sempre considerato un pasticcione furbetto con un qualche talento. Il film era pesante ma pieno di trovate postmoderne. Dissi a me stesso: "cavolo, ha una sua forza. Un ritratto crudele della società contemporanea".

Poi, il giorno dopo andai a vedere "Sole ingannatore" di Michalkov.
Uscii in lacrime per la bellezza (ho il cuore tenero, si sa).

Quel film mi aveva mostrato di che pasta è fatta la cultura russa. Che cosa significa ritrarre una situazione e come sono fatti dei "personaggi memorabili".

Voglio dire. Perché in italia è così difficile avere un pensiero autonomo? Siamo così perdutamente omologati, non è possibile resistere a questa ondata di telefonini e tv al plasma?
Ha ragione Fofi quando dice che pensiamo molto all'idea di comunicazione e poi non abbiamo più nulla da dire.

Appunti: riscoprire il lavoro sulle fiabe italiane di Calvino.

30 novembre 2005

esploratori




Questa foto mi è sempre piaciuta. La osservavo con molta attenzione venticinque anni fa. Erano i futuristi. All'epoca (fine anni settanta, primi ottanta) un nome bandito. Futurismo uguale fascismo, questo si diceva quando con Valvoline recuperavamo idee e estetiche di uno dei movimenti più importanti che l'arte italiana abbia avuto. Le letture ideologiche dell'arte sono sempre state patetiche e provinciali.
Mi piace pensare a rotte possibili.
Il futurismo italiano incontra il vorticismo inglese. Siamo a Londra. Sackwille Gallery nel 1912. Pound si reca alla grande mostra. Di lì a poco dirà: "Senza Marinetti non ci saremmo stati io, Eliot e tutti gli altri".

Ho studiato il futurismo a scuola. Con un professore geniale a cui devo tutto (Ernesto Puligheddu). Lui i futuristi li odiava. Ma questo non mi ha impedito di comprenderne la potenza.

Rotte dimenticate: futurismo italiano e futurismo russo. Arte italiana e pensiero russo. Pensiero italiano e arte russa.

1905: esattamente un secolo fa, la rivista simbolista "Poesia", diretta da Marinetti è pubblicata in Russia. Favorisce scambi letterari tra i due paesi.
Nel 1911 e 1912 vengono in italia diversi artisti cubisti russi influenzati dal futurismo. Nasce il cubofuturismo. Nel 1911 esce in francese la traduzione dei manifesti futuristi che rende possibile al grande pubblico la conoscenza delle teorie di Marinetti e del suo gruppo di artisti.

altre rotte possibili

ITALIA RUSSIA

Uscire dal senso unico del mercato liberista.

L'essere passatisti oggi, vero pensiero futurista. Tracciare nuove linee di racconto che prescindano da quella illusione che è solo una ragnatela di cartapesta. Arriva nelle nostre case attraverso la TV, si pensa che esista ma è solo fittizia, Vespa o i TG non sono nulla.
Il predominio economico, ideologico culturale americano non è nulla (sono solo trecento milioni di abitanti, gli americani)

Come dice il mio fratellino Luttazzi: quando dieci milioni di persone guardano una trasmissione, cosa fanno gli altri?
Pensare a non adeguarsi.
Un imperativo. Per ogni trasmissione TV leggo una pagina di un libro. Cerco autori abissini, egiziani, tunisini, turchi, albanesi, maltesi. Dov'è il centro del nostro esistere mediterraneo?

29 novembre 2005

telefoni bianchi




Drin. Suona Mathias, che mi consegna la posta. Insieme a dodici chili di libri c'è un plico che contiene i materiali del festival di cinema italiano di Villerupt. Per tre anni ne ho fatto il manifesto. E' bello constatare in quante versioni un disegno possa vivere (ne fanno di tutto, manifesti, cartoline, copertina di cataloghi e giornale ma perfino portaceneri e altre applicazioni indecenti).
Quest'anno si parlava dei film durante il fascismo e mi sono divertito a disegnare un manifesto "stilé" del cinema dei telefoni bianchi. Atmosfere da melodramma in salsa rosa, con pose artificiose e situazioni sofisticate. Che scherzi gioca all'uomo la natura. (come dice Battiato)

27 novembre 2005

ombre cinesi



Grazie alla cura e alla passione di Fantagraphics stanno emergendo dall'oblio delle autentiche perle. Questa immagine per esempio, mai vista prima, risale alla metà degli anni 20 e rappresenta uno spettacolo di John Alden Carpenter. Un balletto ispirato al mondo di Krazy Kat, eseguito al conservatorio musicale dell'università di Denison, nell'Ohio.
Inevitabilmente il pensiero corre a quello che in quegli anni le avanguadie storiche stavano realizzando. Penso a "Ballet mecanique" di Fernand Leger o alle cose di Depero o Rodchenko.
Era un momento in cui si riteneva possibile scoprire con spirito giocoso cose primarie come forme geometriche o anche solo semplici lettere dell'alfabeto. io penso che oggi con il lavoro siamo vicini. il fumetto e la sua passione per la stampa "primitiva", la scelta della bicromia per esempio. E ua certa "intelligenza" dell'uso del linguaggio. Molte cose di Seth, o Ware, o Clowes, mi fanno spesso pensare a un atteggiamento prossimo a quello di certe avanguardie. Queste riflessioni mi portano a casa. Con Valvoline si diceva che non c'erano confini e si parlava di Depero o Leger come fossero compagni di giochi.
Ne è passato del tempo. Eravamo poco più che dei bambini al principio degli anni ottanta.


25 novembre 2005

ricordando















Carta, ichiostro. Con questi due elementi si realizzano oggetti molto importanti per la mia vita: libri.
Sono le cose che mi piace portarmi in giro per la casa o in mezzo ai bagagli quando viaggio. Ieri è venuto a trovarmi Davide Toffolo, di tanto in tanto si fa un giro a Parigi e trascorre qualche giornata con me, in sua compagnia vengono fuori ricordi e racconti.
Una volta, si era negli anni ottanta, facemo un incontro cui partecipò anche Magnus. Eravamo io e i miei amici di Valvoline, e Magnus.
Lui disse una cosa che mi colpì molto. Quando faceva una storia per lui esistevano solo carta e inchiostro. Due elementi minimali, semplicissimi.
Quello era il confine tracciato per definire un racconto. Magnus voleva dire che non si poneva altri limiti che quelli dettati dalla fisica. Uno spazio e una materia tracciante per simulare un universo di racconto.
Questa frase, che è in realtà un metodo di igiene mentale, mi è rimasta impressa per tutti questi anni. La trovo ottima per darsi da fare nell’universo delle situazioni raccontate che definisce un romanzo.

Ieri ha suonato alla porta il corriere, mi ha portato le edizioni americane dei primi ignatz. Gli ignatz sono delgi albi, una sorta di rivista personale, che permetterebbe agli autori di pubblicare romanzi o estratti del loro mondo a dispense con cadenza regolare. Dato che a fare un romanzo ci si mette degli anni, per evitare che un autore scompaia dalla circolazione tramite gli ignatz vediamo cosa fa, capitolo dopo capitolo.
Questa collana ha, al momento, 13 autori di tutto il mondo e viene pubblicata in Europa e Stati Uniti. Ero molto emozionato nel ricevere questi albi, perché sono le classiche cose che io comprerei se le vedessi. In fondo il mio modo di fare editoria è molto intimo, pubblico i libri che mi piacerebbe comperare. Dato che non ne trovo molti li costruisco con la complicità dei miei amici autori. Rileggevo le cose di Huizenga ed ero confuso e stupito. Kevin va davvero lontano, racconta storie fragili e delicate con una capacità analitica unica. Usa delle invenzioni nel linguaggio del fumetto che ti fanno capire come molte cose siano ancora tutte da scoprire. Questo mi ha dato una grande fiducia. Ho tirato un sospiro e ho cominciato a pensare che forse è la strada giusta: abbiamo individuato un sentiero bello da percorrere.

Ritornando a Davide, oggi a colazione gli dicevo che sono stanco di parlare di “cose di avanguardia” quando in effetti tutto quello che chiedo è racconto. Racconto senza noia, racconto senza cose cervellotiche. Si tratta di fare un viaggio in compagnia di un cicerone, che sarebbe il narratore. Io lettore voglio potermi lasciare andare, avere fiducia che mi si porti in posti inesplorati e che mi si dicano cose che aiutano la mia comprensione sull’esistere. E’ così complicato?
Mio padre trovava che la mia fosse una battaglia persa in partenza. Che non ce l’avremmo mai fatta a traghettare il fumetto nella landa dei linguaggi evoluti.
Io non so se sono così pessimista. Certo, sinché in italia si perde il tempo a confrontarsi con lo spettro del fumetto popolare si gira a vuoto. C’è perfino chi insiste sul fatto che il romanzo grafico non esiste. Negare l’evidenza, vuol dire essere ciechi, sordi, fessi o peggio, in malafede.
(Mi ricorda cosa si diceva della mafia. Non esiste, è un invenzione dei media. Si è visto, infatti.)

Per il resto basta guardarsi intorno, in un festival qualunque per rendersi conto che siamo dei provinciali.

Ma qual è il punto? Il punto è definire delle rotte. Io credo che sia importante. Definire che sì, esiste una linea italiana al racconto. Che esistono per esempio autori italiani che stanno benissimo in un panorama internazionale, che hanno cosa da dire. Per questo mi fa felice ricevere gli ignatz americani. Tre anni fa Chris Oliveros, fondatore della Drawn & Quarterly mi diceva: sai quanti volumi stranieri vengono tradotti in America? Lo 0,4% della produzione in un anno.
Adesso noi siamo lì. Leggendo le storie di Kevin Huizenga penso che anche lui si ponga il solo limite di carta e inchiostro. Con quelle figurine si può andare davvero lontano.
Viaggiare stando seduti in poltrona, specie adesso che arriva l’inverno, può essere molto bello.