16 giugno 2014
Tokyo 16 giugno 2014
Agli albori del manga le lastre per riprodurre delle tavole a fumetti, negli anni 30, si facevano a mano. E il giovane Osamu Tezuka, prima che la nuova tecnologia permettesse una riproduzione fotografica dei disegni originali, si dannava per parlare con gli artigiani incisori perché non gli modificassero nasi e orecchie a seconda della moda che cambiava o del loro gusto personale. "io voglio che voi facciate esattamente i miei nasi, non uno più lungo, o più schiacchiato. Vorrei proprio i miei". Stiamo parlando della prima metà del Novecento. E nonostante quel lavoro supplementare di "controllore", Tezuka, alla fine della sua carriera ammetteva di soffrire, nel vedere il suo lavoro di un tempo mortificato da quel passaggio tecnico così arbitrario.
Oltre un secolo prima di lui si facevano gli ukiyo-e, le stampe del mondo fluttuante. Le stampe erano xilografie, e c'erano dei maestri incisori, che, incollato su una tavoletta di legno il disegno originale, fatto a inchiostro, cominciavano a inciderlo, al fine di ricavare la matrice per la stampa. Anche Katsushika Hokusai si lamentava con i maestri incisori dei primi Ottocento, che deformavano continuamente i suoi nasi o volti. Fu un tormento, questo, per gran parte della sua carriera, testimoniato da numerose lettere, che cessò di colpo, nel 1834. Quando Hokusai si imbattè in Egawa Tomekichi, l'artigiano che aveva lavorato sul 12º volume dei cosidetti "manga". Il termine MANGA lo si deve a lui, a Hokusai, ben prima che il fumetto facesse la sua comparsa ufficiale.
Questo per dire che passano le epoche e si rincorrono i sogni di perfezione, che comunque è sempre una questione di nasi e di forme, e di compiutezza.
Di questo parlavo con Saeki San, che incide i timbri, poco lontano dallo Spiral, a Omotesando. Lui mi dice che i timbri erano in uso nel passato anche presso i grandi pittori, gli artisti di Ukiyo-e, per esempio.
I quali avevano il privilegio di poter adoperare il cognome, cosa di solito concessa agli appartenenti delle grandi casate. Oggi ce lo abbiamo tutti un cognome, ma prima dell'era meiji non era così. Ed erano in tanti a vivere come opere incompiute, persone a metà, cui non si riconosceva la forma corretta, la dignità di individuo finito.
Il timbro in Giappone, arrivò a sugellare la fine di tutto questo, a completare la firma.
"E' una cosa importante", dice.
Rappresenta la persona.
Per ribadire la cosa mi racconta che secondo una tradizione Shinto, alla morte di qualcuno, il timbro lo si deve custodire con cura, non può essere semplicemete gettato come una cosa vecchia e inutile. No, lo si deve prendere e ardere, in un rito. Accompagnandolo con delle preghiere.
In Giappone segni e disegni sono la stessa cosa.
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