2 maggio 2013

Magnus

Eureka domani: Carpinteri, Igort, Mattotti e ovviamente Magnus. Magnus ci piaceva e noi piacevamo a lui. Io e Giorgio cominciammo a frequentarlo nel 1975, avevamo 17 anni, e lui lavorava ai primi numeri dello Sconosciuto. Quando vidi per caso il primo numero in un' edicola della stazione di Cagliari, per poco non mi prese un colpo. Lo stile era inconfondibile ma il personaggio del tutto nuovo e la casa edtrice non era quella che tutti conoscevamo. Nessuno si aspettava un cambio del genere. Singificava la fine di un sodalizio, quello di Magnus & Bunker, che aveva regalato decenni di cose nuove e geniali. Era cominciata così una stagione felice e creativa, per lui. Andammo a trovarlo, io e Giorgio Carpinteri, un giorno di luglio del 1975. Abitava in via Toscana una casa distinta in un quartiere residenziale di Bologna. Alla parete aveva dipinto un affresco in stile cinese post rivoluzione. Rappresentava un soldato cinese assalito da una tigre. Magnus era un grande maestro, ma si esercitava nonostante avesse disegnato decine di migliaia di tavole. Copiava dligentemente lavori che gli piacevano su dei quaderni, e che diventavano tutte immagini con il suo stile. Mi parlava spesso dei suoi amori, gli piaceva Alex Raymond, la città di Flash Gordon, e il disegno lieve, forse quella sua classicità quasi atemporale. E si era rifatto tutto il Tarzan di Hogart, senza Tarzan. Vale a dire tutti i paesaggi, ispirati all'arte giapponese. Era una persona spiritosa, dalla risata fulminante, e con un modo di parlare unico. Anni dopo ci si incontrava alla scuola del fumetto, in pratica seppur saltuariamente ci si è incontrati per tutta la vita, sino a quando non si è ammalato. Ricordo che mi diceva "Per fare un fumetto? L'unica regola che seguo è: carta penna e una riga. Il resto è fantasia". Quando parlavamo di Fellini diceva "agli americani piace il ricciolo e Fellini gli fa il ricciolo". Lui era più critico di me, che amavo Fellini incondizionatamente. Il senso di quelle sue osservazioni lo avrei compreso dopo. Su Baobab diceva "doppio straniamento, tattiche narrative incredibili". Era una figura importante per noi, Amato da chi amava le cose classiche e da chi invece cercava le cose moderne. Credo che fosse questo a renderlo unico. Oppure "Igor, oggi si fanno le storie con un biglietto del tram, tutto è possibile". Ma ignoravo che qualche anno dopo, quando l'editore Corno, in crisi, lo consultò, lui propose una nuova versione di Eureka con i nostri fumetti rimontati a 4 strisce, come fossimo dei classici. Mi mostrò queste pagine (che qui pubblichiamo per la prima volta) a cose fatte. La rivista non vide mai la luce, ma per noi fu un commovente attestato di stima. Grazie, grande Magnus!

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