18 luglio 2006

ARGENTO! (capitolo 38)




Intontito. Era quello il suo stato. Si teneva eretto in quella posizione ridicola e innaturale per un traumatizzato. Giusto per darsi un contegno.
Ed era scomparso dietro il canneto, a cavallo di Herr Doktor, che a dispetto di tutte le sue previsioni, aveva riacquisito il trotto. Cosa c’era da trottare? Erano scampati, ecco tutto. Dei miracolati, ancora capaci a marciare sui propri piedi e zoccoli. Da non credere, va bene. Ma che c’era di tanto bello?
A volte, come quel giorno, la semplice gioia di vivere gli pareva ingiustificata.
“Non c’è nulla da festeggiare, caro Herr Doktor” bofonchiava Vladymir Andrey Rostropovitch.
“proprio nulla, nossignore”.
Tutto gli appariva di quel colore cacchettico, tra il grigio e il marron. Si sentiva nauseato e la testa gli pulsava come il giorno prima e quello prima ancora.
Clopete clopete faceva il fedele compagno caudato e lui, dimentico del suo grande amore, Lupita, e di quella vecchia che lo guardava con astio e di quei rivoltosi che avevano minacciato il suo osso del collo, si allontanava con passo quadrupede e trottante.
Non era in grado di dare soccorso ad alcuno.
Nossignore.
E quindi che lo lasciasse in pace quella coscienza di ebreo errante, sempre lì a punzecchiarlo, non poteva. E quando mai? Lui stesso era vittima della catastrofe. Bisognava saper leggere le circostanze. Soppesarle per bene.
Ecco, era chiaro, sempre più chiaro. Il suo amore non era per questo meno autentico, forte, assoluto. Nossignore.
Erano delle insensatezze, tutte quelle manfrine.
Come spesso accadeva quando la sua vita era in pericolo, a dispetto di qualunque venatura nostalgica o sentimentale, elementi dei quali era pregna la sua esistenza, un insospettabile spirito pratico prendeva il comando di quella nave allo sbando e dettava legge con una risolutezza di cui, quando aveva ripreso il comando di sé, rimaneva ammirato.
Era dunque, all’improvviso, apparsa una scritta nel buio del suo cranio. Questa scritta recitava: “non puoi, fattene una ragione e taglia la corda”.
Non parlava come si vede neppure troppo forbito, , il suo cranio, a dispetto delle letture colte e coltissime, quando c’era da essere pragmatici.

E in effetti questo dono insperato gli aveva salvato la vita, più di una volta.
Adesso, per dire, la zona della catastrofe era infestata da federales e ficcanaso di ogni risma. Gente da cui guardarsi quando si è piena forma, figurarsi in momenti come quelli in cui si trascina a malapena.
La sua lingua era un tappeto di terra e il colorito della sua pelle, per quel che poteva vedere, piuttosto bruno. Sentiva i lineamenti tirare, man mano che il fango seccava. Il sudiciume di cui era interamente ricoperto, imbevuto sin negli indumenti intimi, lo ingombrava perfino nei movimenti.

Cercava con quello sguardo querulo, un ruscelletto qualunque. Un piccolo rio che avesse potuto fare il miracolo di rimetterlo a nuovo. Un bagno. “Ah”, sospirava, come una damigella francese il giorno delle nozze.
E se mai aveva amato l’acqua come materia e l’aveva considerata nobile (che in quei tempi quelli erano ragionamenti da contadino, non certo da picaro frequentatore di locali notturni e ipnotizzatore da feste di paese) in nessun modo si era sentito di adularla come adesso. Acqua, la cercava come un disperso nel deserto. Acqua. Era quasi un battesimo, un ritorno alla vita.
Perché lavarsi avrebbe certamente significato ritrovare tutto; il suo essere, la sua figura, la sua persona.
Aveva inoltre un’altra spina nel fianco; i suoi adorati Padri Spirituali, appartenenti alla categoria 1, che nella loro veste terrena (erano pieni di saggezza, e finemente rilegati, ma semplici libri dopotutto) ) minacciavano di essere stati danneggiati da quel lerciume liquido. La borsa da sella che li custodiva era bella solida e chiusa con due cinghie di cuoio, ma nondimeno, il fango è materia perfida e strisciante e avrebbe potuto benissimo (era così, lo sapeva, non voleva saperlo ma lo sapeva) minacciare, rovinare, distruggere le sue guide spirituali.
Soffriva.
Poi fu distratto.
All’improvviso apparvero le prime case, maledizione, si stava perdendo. Non era vicino alle case che avrebbe trovato un ruscelletto, conosceva la zona. E un pozzo lo avrebbe esposto agli sguardi dei più, sarebbe stato localizzato e quei momenti non erano propizi a uno straniero. Si diventa diffidenti nei confronti di tutti quando c’è una sciagura, figurarsi nei confronti di un possibile sciacallo o borsaiolo.

Virò decisamente facendosi guidare dall’ istinto. E discese per una piccola scarpata sassosa. A ogni modo doveva sdraiarsi. Trovare riposo, sentiva le ossa che gli dolevano. Quanto tempo era rimasto senza riposare? Gli ultimi avvenimenti lo avevano coinvolto, turbato, erano riusciti nell’impresa di fare a pezzi la sua fiera, e apparentemente indistruttibile, fiducia in sé stesso.
Cominciò il malumore e nei suoi occhi apparve la nebbia di un senso lamentoso che lui stesso detestava di sé stesso.
Poi, graziato dal suo ironico Dio, finalmente qualcosa di inaspettato apparve.
Era un vecchio ponte i pietra. Quanti anni aveva quel ponte? Trecentomila? Era consunto e a dispetto di ogni evidenza, efficace nella sua funzione. Perché Vlad lo vide con i suoi occhi azzurri e sorridenti. Quella era acqua.
Sotto il ponte scorreva il piccolo ruscello gorgogliante.

Ci arrivo in pochi minuti e scese da cavallo senza neppure accorgersene, poi una volta atterrato i suoi talloni inviarono una fitta di dolore acuto che rimbombò nel cervello.
BUM fece.
Ma era tale la gioia adesso di trovarsi in quel posto che finalmente si sentì di fischiare una nenia della sua infanzia, era d’accordo con Herr Doktor dopotutto, c’era da festeggiare.

Fischiettando si spogliò, lentamente, come se danzasse da solo, staccando quei panni collosi e viscidi e disponendoli con cura sui rami di un’acacia. Avrebbe pensato dopo a loro, adesso voleva lavarsi e cullarsi e ritrovarsi semplicemente.
Incurante della temperatura si immerse. E quella sferzata di gelo improvviso gli fece emettere un piccolo gemito ma poi si abbandonò a quella gioia fresca e pulita. Si immerse sino alla testa e si staccò il fango dai capelli. Rimase a godere di quell’acqua tonificante per minuti che parvero ore, giornate intere. Poi coi primi brividi si decise a uscire, e si accostò a Herr Doktor che bevevo. Slacciò la sua sella, i finimenti e lo liberò.
“scusi Herr Doktor, sono un egoista, lo so bene. Un irrimediabile egoista”.
Portò il cavallo in acqua e cominciò a strigliarlo e lavarlo e carezzarlo. Adesso addirittura canticchiava.

Poi aprì la borsa di destra ed estrasse il rasoio, e il sapone francese. Erano un po’ infangati ma, tutto sommato, integri.

Questo gli diede speranza per i suoi libri, che non osava ancora verificare. Sapeva che era difficile deprimersi, ma se cadeva in quel pantano di spleen e malinconia poi gli durava per giorni e giorni e adesso non poteva permetterselo. “Vladymir Andrei Rostropovitch tu sei un fuggiasco adesso. Chiaro? Un picaro viaggia, un fuggiasco fugge.” Disse a se stesso mentre nudo e ben rasato si pettinava come un damerino.
Poi le acacie frusciarono e lui, con la coda dell’occhio intravide qualcosa. Si voltò e si accorse che due occhietti color miele lo fissavano, da dietro a quegli alberi. Ebbe un sussulto (che non aveva neppure provato le colt per sapere se il fango le aveva otturate o meno) ma poi, subito per fortuna, si accorse che quello non era un vero pericolo, si trattava di un bambino.
Scarmigliato, pesto e sudicio ma null’altro che un bambino.

“Goodmorning seniore, me fame. Avere food? Nourriture?”
Si fece avanti quello, avà avuto neppure dieci anni.
Ed era tale il sollievo che si sentì, per la prima volta, battere in petto lo spirito paterno. Dunque esisteva. Quello spirito, pulsava nelle vene di Vladymir? Se lo era domandato da tanto tempo, da quando meditava di accasarsi e di mettere a parte spettacoli da saltimbanco per fare il ricco possidente mantenuto, studioso dei veri valori della vita (Pensava ai suoi vati: Cervantes e Omero, e chi altri?).
Il brontolio nello stomaco rispose per lui, e si limitò a soggiungere.
“me pure fame. No cibo, no food, my boy”.

E si fece avanti sorridente quel bambino dall’aria indifesa sedendosi ad ammirare quella sella che seppure infangata rimaneva oggetto di fine fattura, confezionato a Papassinas con cuoi di prima categoria.

“Come ti chiami ragazzo?” chiese al suo figlio adottivo dandogli una carezza.
“Elmer seniore”.
“Dovremmo darci una lavata Elmer, che ne dici?”
“No capisce Elmer.”
“Sì, sì Elmer capisce. Solo Elmer molto furbo.”

42 commenti:

igort ha detto...

Ausonia ha scritto "ecco cos'è stato quel periodo francese. e quella storia sugli ecoterroristi, io, non l'ho mai fatta. non l'ho mai disegnata. ma in un anno ho imparato cose... e un atteggiamento verso il raccontare storie. "

E questo oltre a condividerlo interamente mi fa pensare a Truffaut che è statio assistente personale di Rossellini negli unici due anni in cui Rossellini non ha girato un metro di pellicola. Eppure Truffaut era entusiasta dell'esperienza. Perché? perché semplicemente si impara a guardare, a mettere a fuoco, anche se non si è sempre con la matita in mano.
Raccontare significa avere un proprio osservatorio sul mondo.

Per anni ho pensato "armonia tra penna e spada" parafrasando Mishima.

E non intendevo fare il guerrafondaio. chi ha anche solo osservato le arti marziali ha potuto constatare che si tratta di discipline spirituali. Di tecniche di autoconoscenza.

ausonia ha detto...

esattamente.

ale ha detto...

"E non intendevo fare il guerrafondaio. chi ha anche solo osservato le arti marziali ha potuto constatare che si tratta di discipline spirituali. Di tecniche di autoconoscenza."

su questo argomento c'è un bellissimo libro di Antonio Franchini che si intitola "Quando vi ucciderete maestro", pubblicato da Marsilio. Franchini, con una scrittura prodigiosa, traccia un paragone molto bello tra la "lotta" (le arti marziali, ma anche la boxe, o la guerra) e la scrittura.

Qui una recensione di Giulio Mozzi che ne parla in maniera molto più completa di quanto potrei mai fare io. Mi permetto solo di estrapolarne alcune conclusioni, che mi sembrano interessanti:

"Come il combattimento eseguito secondo le regole delle arti marziali (di una qualunque arte marziale) è essenzialmente finto, cioè privo dello scopo che sarebbe proprio e originario del combattimento (la salvezza di sé, l'uccisione dell'avversario), così lo scrivere è un'attività che si confronta continuamente con "qualcosa" (con la morte, sembra accennare Franchini a più riprese) ma sempre ineluttabilmente per finta. E pertanto lo scrivere in sé, non lo scrivere in quanto scrivere fiction ma lo scrivere in sé, appare come un'attività fittizia: non, quindi, l'attingere a "una forma superiore dell'essere umano", ma piuttosto l'esercitare "un'abilità, una forma di perizia come tante"."

igort ha detto...

Andrò a leggere il testo di Mozzi. Grazie.
Ci sarebbe da esplorare anche quel testo sulla letteratura di genere di Evangelisti che suggerì il nostro Barbieri. Ma leggendolo sono rimasto sconcertato. Non sono certo di comprendere le ragioni per le quali oggi non si possa pensare a Pasolini e Gadda, e poi al fatto che la letteratura di genere avrebbe vinto la sua battaglia di auto affermazione semplicemente per il fatto che si vende bene.
Me lo domando sicneramente: il centro della questione è davvero questo? Si può sostenere queste due tesi sul serio?

Niccolò Storai ha detto...
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Niccolò Storai ha detto...

L' immagine di Truffaut e di Rossellini che discorrono di cinema di vita e di modi di raccontare per immagini ha un essenza magica.
Il concetto che si impara anche solo "guardando" con attenzione, dedizione e umiltà è grandioso e terribilmente vero.
Bisogna avere dei bravi insegnanti ma anche dei bravi allievi.
Mi dedicherò ad essere un bravo allievo capace di raccontare la magia racchiusa da una linea; il disegno.

Daniele ha detto...

Esiste in Italia un tragico vallo, tra letteratura alta e letteratura di genere. Io ho da poco fatto una tesi di laurea affrontando il Fantasy di Tolkien e R.E. Howard come linguaggio della modernità. Linguaggio alternativo a quello del romanzo realista per raccontare la vita dell'uomo di oggi solo su un piano epico.
Può entrarci l'atteggiamento di Benedetto Croce e dei suoi, sul fatto che da noi il poeta e chi fa letteratura di genere siano pensati su piani diversi, forse è così in tutto il mondo non ho approfondito. Ci può entrare la distinzione percepita tra l'autore di "bestseller" e l'autore impegnato, e magari povero.
Da un lato è vero che negli ultimi quindici anni la letteratura di genere sia salita di "gradimento" e sembri più autorevole, tuttavia credo che sia perchè noi della generazione dei cartoni giapponesi, che ancora cantiamo le siglette tra amici, crescendo stiamo dando "autorevolezza" a tutto il nostro mondo compresi i pupazzi.
Sarà un bene o un male? Non so io mi sono cimentato ad una profonda critica letteraria su tolkien amandolo profondamente e dopo aver giocato per anni a giochi di ruolo vari...

Tuttavia.. alla fine credo ceh sia tutta una bolla di sapone.
I generi e le scale di valore spariscono in breve tempo e approfondendo le questioni: Poe è stato tradotto in Italia subito, a pochissimi anni dalla morte, quindi era amato. Dumas è di genere ed è un classico.

Credo che tra Pasolini, Dostoevsky, Conan il Barbaro e Philip Dick, non si possa scegliere se non il momento giusto di cosa leggere.

Forse la vera distinzione è nella sincerita di quello che si scrive.
Se l'arte è un tentativo sincero di svelare qualcosa di autentico credo che valga sempre la pena.

Bisogna sempre diffidare dalle Categorie, secondo me.

Spero di aver contribuito e che il mio post c'entri col resto.

:)

P,S

Grande Igort non vedo l'ora di portarmi al mare tutto il tuo prezioso argento per leggermelo in santa pace stravaccato al sole.

Grazie

Daniele

igort ha detto...

Scegliere il momento adatto a leggere qualcosa: Da Pasolini a Dick, passando per tolkien o checkov. Del tutto condivisibile, questo.

Il punto è che a fare battaglie sui massimi sistemi si rischia di essere grossolani. io non me la sento di dire che il noir è bello, in toto. Semplicemente perchè non è vero. Semplicemente perché non è neppure utile. Tonriamo a quello che dice sampayo: ci sono due categorie, i libri buoni e quelli che non lo sono.

D'altra parte non bisogna negare l'evidenza. in Italia la cultura ha preso il posto del "puro futile", forse perchè non rende in temini economici immediati. E' una cosa del modo di pensare berlusconiano, che ci è entrata nella pelle. E' un fare plastificato e superficiale che si è attacato alla nostra vita come un guanto.
Per questo motivo credo che porsi dei riferimenti "complessi", come possono essere Pasolini o Gadda (ma potrei citarne decine di altri del tutto differenti ma ugualmentre complessi) sia salutare. E' come avere un faro che indica la terra ferma durante le notti di navigazione difficile.

D'altra parte, lo avete visto anche con "Argento" io credo nel sicretismo, mi piace inserire elementi diversi nel mio modo di fare torte.

Ma vorrei, se possibile, mirare alto, credendo nella trama, nei personaggi, nel racconto in genere. Ed evitare il "pastiche postmoderno", che ha fatto davvero la sua epoca. Anche se il postmodernismo italiano è diverso, nella sua concezione da quello americano.

VINCENZO FILOSA ha detto...

agghiacciante riflessione quella sul pensare berlusconiano.
Quello che mi fa più paura effettivamente è l'impossibilità di sopravvivere qui in Italia occupandomi di ciò che più mi appassiona. Non potrò mai tornare in Calabria ad esempio pensando di campare di fumetto o musica ( e questo a prescindere dalla effettiva qualità delle mie capacità).
Lì il modello berlusconiano è mito, traguardo da raggiungere a tutti i costi.

scusate per lo sfogo neanche tanto in tema,

Vincent, e un saluto anche da Giusy

Daniele ha detto...

Credo che ci siano due parole chiave: cultura e inquietudine.

Il mondo sta certamente cambiando, siamo assolutamente in un'era mediatica e digitale. Un tempo che si confronta difficilmente con il tempo passato, anche recente.
Esistono due realtà quella vissuta, vera e quella mediatica, del mainstream televisivo e di attualità. Una realtà vera e una di costume. La realtà mediatica, quello che si dice, che si vede e di cui si parla esercita una pressione sempre maggiore, il suo volume è sempre più alto e la sua marea cresce sommergendo il mondo di macedonia "global".

Questo blaterare mediatico stordisce anche molti dei nuovi "intellettuali" e li distrae, sono tutti così attenti a decodificare l'attuale che la cultura vera, quella profonda va alla deriva, i Pasolini, i Fellini sono relegati al rapporto col singolo (te lo compri, te lo guardi, te lo leggi).

Quindi chi ha l'inquietudine e non viene saziato dal banchetto di media quotidiano, deve semplicemente recuperare la cultura vera che è lì alla portata di tutti.
Questo è strano: è tutto lì eppure se non se ne parla, non esiste.

Credo che sia assolutamente vero e anche rasserenante concentrarsi solo su buone e cattive opere. Senza categorie, risalendo le correnti verso le fonti e tornando serenamente fino al mare. Giocando con buone opere.

Libertà e qualità.

Daz

ausonia ha detto...

come sampayo fa distinzione fra i libri, io la faccio anche per i lettori. ci sono lettori buoni e quelli che non lo sono.

i buoni lettori, a parer mio, sono quelli che si sentono stimolati dalla complessità di ciò che leggono. e dalla complessità in genere. sanno che ogni forma di esperienza contiene innumerevoli elementi e se si trovano davanti a un prodotto semplificato... lo finiscono per non riconoscere autentico. questi sono buoni esseri umani e quindi anche buoni lettori.

igort ha detto...

Conosco editor che non sanno distinguere prodotti complessi, ne hanno paura.
Non so come sia possibile che restino al loro posto se non per il cinismo di case editrici che vogliono solo fare danaro a dispetto da qualunque criterio qualitativo.


Pensare a complessità e ricchezza, vuol dire semplicemente rifuggere i clichè e non accontentarsi facilmente.

Senza scale di valori su cosa è giusto o meno. In francia lanciano le fatuah contro certi autori, lo fanno ayatollah cretini e spocchiosi che dirigono case editrici indipendenti. Questi autori falliti sono alla ricerca di leggi fascistissime che dettino la "retta via". Così Larcenet è linciato, per dire. E Larcenet è ottimo narratore, ma non appartene a certe famiglie.

Per tornare al tema, davvero io leggo Chandler o Vonnegut, Auster o Hammet indifferentemente. Penso che sia naturale e non credo ci debba essere la scala di valori applicata.
Ma se leggo o scrivo certe cose penso sempre a tendere le corde, a non accontentarmi seguendo facili miti di assimilazione subitanea.
I libri non debbono essere solubili, non è richiesto da nessun medico.

Daniele ha detto...

Credo sia il problema del clan, della fazione.
A mio parere è uno degli aspetti più miserabili e dannosi dell'umanità: ridursi a dover attaccare l'altro per affermare e definire sé stessi.

Alcuni si cimentano a creare inutili barriere tra una cosa e un altra, barriere basse e deboli su cui poi molti si impuntano stupidamente.


Credo che la responsabilità di coinvolgere, sia tutta nell'autore. Qualunque opera per quanto complessa devve avere un appeal immediato, parlare direttamente e agganciare (magari non tutti). E' facile essere banali è altrettanto facile essere complicati, il difficile è la semplicità che nasconda sostanza infinita.
Ogni cosa che ho letto di tuo, Igort, ad esempio ha questa caratteristica.
Un'essenzialità che è sintesi di tutto un mondo.
In un certo senso, bisogna distillare sé stessi, credo. Ovviamente tra il dire e il fare...

Daniele

Anonimo ha detto...

Ciao ragazzi,

scusate se mi intrometto.
Volevo dire che questo blog secondo me è spaziale.
Secondo me Igort YouTrues è troppo figo.
Oltre al fatto che si vede che è una persona vera è pure uno che sa quello che dice e la sua musica è troppo avanti.

Secondo me il mondo si divide in due tipi di persone:
quelle vere che hanno emozioni e che sanno trasmetterle attraverso la musica;
e quelle false che sono proprio dei parassiti e non faranno mai nulla di buono nella vita.

Io sono una persona vera e dico le cose col cuore.

Ciao Igort,
sei il massimo !!

Massimiliano

igort ha detto...

Ho riletto On Writing di Stephen king.
Reazioni contrastanti, condivisione di cose e perplessità su certe visioni, a volte troppo volgari.

Sono riuscito a rappacificarmi con questo libro e con king in genere pensando a magnus. Lui usava le cose con una visione compiuta e si compiaceva di una certa solidità grafica, di una visione non metafisica del raccontare e disegnare.
Magnus è per me la cosa concreta che ha fatto grande il fumetto popolare.

La scrittura di King è meno ricca di quella visiva di magnus, ma ha una scorrevolezza, una ruzzola si direbbe a bologna, che mi piace. Cominci a leggerlo e se hai trovato il libro buono sei curioso di sapere come va avanti. Cosa succede ai personaggi.
In questo senso sono un fan di alcune serie tv americane che paiono incarnare la funzione aggiornata del feuilleton.

Certo, la complessità di cose come Tolstoj, chekov, stendhal, parlo di complessità umana, è anche questa indispensabile.
Ma è bene ogni tanto assaggiare di tutto.

Daniele ha detto...

Guarda il caso, lo sto leggendo anche io, sono a metà.

King è stato l'amore della mia adolescenza. E' certamente semplice, affronta sempre le stesse poche cose, ma ha il dono di creare una grande complicità col lettore. Hai ragione a volte, leggendolo, il tempo vola. Per quanto non sia un esperto di scrittori americani contemporanei, certamente descrive la provincia in modo eccellente. Dimostra una calda e accogliente modestia, sembra un compagnone, e questo fa molta presa.

Alcune serie americane, sono eccellenti , a mio avviso, e veramente sono il foulleiton contemporaneo. Spesso sono meglio di molto cinema americano. Forse è perchè sono per un pubblico di genere e quindi non dovendo accontentare tutti, gli autori spingono di più sull'acceleratore; i personaggi spesso sono eccellenti. Ovvio, poesia 0, anima 0 spaccato.
Però..

E' come se gli americani, dati i tempi, siano costretti ad affrontare l'inquietudine della vita, la sua complessità, anzichè il solito modello rassicurante del buono che sconfigge il cattivo di turno e salva la ragazza.

Daniele

igort ha detto...

L'ho ripreso in mano incuriosito da un link di Perec, che lo segnalava.

Anonimo ha detto...

Ogni qualche settimana ripasso per questo blog. Mi spiace, forse qualcuno l'ha gia'detto, ma sempre (solo?)leggo tanti commenti di tipo impressionistico,superficiale, un molto autocompiaciuto (niente di male in se, ma senza umorismo, da gente che si prende troppo sul serio).
Un blog noioso, da cenacolo adorante dell'"autore". Viva i giovani di Beccogiallo, che parlano poco, e propongono fumetto vitale. Da uno come Igort, con le sue credenziali, mi aspettavo molto di piu'di questo accartocciarsi sui serial commerciali USA (e getta...).
Meglio quello di Lupoi, che almeno non si nasconde dietro il dito dell'autorialita'.

Anonimo ha detto...

da un anonimo io invece non mi aspettavo niente di più di queste stronzate.
Pussa via.

Daniele ha detto...

Che tristezza questo anonimo sparacacca e fuggi fuggi.

Daniele

andrea barbieri ha detto...

Be', mi pare che beccogiallo si sia accartocciato parecchio intorno all'onda della "nera", proprio come andava di moda l'anno scorso... (tra l'altro potrebbero fare un po' meglio l'editing e non far dire "qual'è" a Pasolini...).
Guarda anonimo, sono schizzinosissimo verso i prodotti provenienti dal "capezzolo di vetro" e verso chi ne parla, ma se colui che parla lo fa con intelligenza e collocando le cose al posto giusto, non ho niente da ridire, anzi...
Magari si potrebbe parlare su Storyteller di "fumetto politico" che è meno nelle corde di Igort, ma in fondo è obbligatorio che tutto sia nelle corde e che il carattere politico debba passare dai "fatti"?, non può essere considerato politico anche un racconto della vita interiore (lo dico con grande rispetto e ammirazione per il lavoro di Costantini, sia chiaro; da Costantini e da quelli di Mirada mi aspetto grandissime cose come sempre).

E ora veniamo al dunque, cioè al culto dell'autore (con lingua consona). Sua maestade Igort venni ora ora dall'acquistare lo volume Rosso oltremare e ne lessi un terzo. Oh, quanta maraviglia mi desta questa lettura, ma prima ancora la maraviglia rivolgesi all'editore cuor di leone che pubblica siffatta italica grazia del buon deo. Immagino che non sia per niente facile il tenzonare sul mercato con prodotti che hanno ricca promozione e muovono facilmente gli appetiti essendo di fattura esterofila... insomma uscendo da questo linguaggio in costume, ti volevo dire bravo perché sei un editore coi controcazzi che fa scouting, che cerca la qualità e che non si tira indietro quando viene da autori italiani.

Anonimo ha detto...

Ma dai, non prendiamo sul serio le cazzate. Non c'è da perdere tempo a rispondere.
Sono provocazioni da asilo infantile.
Per quanto riguarda il fumetto politico c'è da intendersi. Sono troppo stagionato per confondere il disegno di qualche carro armato per fumetto politico. E' politico un atteggiamento di osservazione del reale. Lo è interrogarsi su cose e forme.
Ma personalmente sto aprendo le porte alla narrazione di cose non codificate. Un reportage dalla corea, uno dalla francia sulle lotte dei precari.
Sto ponendomi delle domande. Non è serio pretendere di avere delle risposte.

Fare scouting è una vocazione di coconino fin dal principio.

le nuove frontiere del racconto sono oggi nei serial della tv, per certi versi. Ma a quanto pare Del Buono, Eco, Vittorini e Calvino e Buzzati che leggevano i fumetti ai primi degli anni 60 non hanno insegnato molto.

Daniele ha detto...

Siamo sempre lì, a costruire dighe di sabbia alte un barattolo e da sopra smanettare "autore di quà, commerciale di là", come il vigile di Alberto Sordi.
Si perde tempo ad adorare un'idea di cultura senza sostanza.

Bravo Igort, a scuola dovrebbero scolpire busti ai Calvino, Buzzati, Brancati, altro che Promessi Sposi(con buona pace di nonno Manzoni). Vedi che poi si cresce con un'idea di cultura snob e inamidata che nemmeno nell'ottocento.

Daniele.

Anonimo ha detto...

Altro che provocazioni infantili! Povero anonimo! Solidarizzo con lui. Stiamo freschi se le frontiere del racconto sono nei serial televisivi americani! Leggete, ragazzi, leggete di piu'e soprattutto studiate. Che di strumenti intellettuali e critici ne avete pochi, pochi, e vi esponete ignari al pubblico ludibrio. Calvino, Buzzati etc sono gia'letti nelle scuole, ma non so se fossero tipi da monumento. Manzoni, Dante etc se letti con gli strumenti giusti, le necessarie conoscenze filosofiche, storiche etc sono letture appassionati che rispondono a tante domande e ci fanno capire da dove veniamo.

[emo] ha detto...

@michele> "Calvino, Buzzati etc sono gia'letti nelle scuole" scusa, ma che vor dì? Che significa? "letti nelle scuole"? E quindi? La cosa implica necessariamente la loro comprensione e metabolizzazione?
E sono stati citati solo due delle centinaia di autori che uno studente incrocia nella propria carriera scolastica dell'obbligo...

Anonimo ha detto...

Eisenstein trovava che disney fosse il più grande contributo alla cultura del popolo americano. Mi interessa molto questa visione da parte del maestro del cinema russo. In quell'epoca si cercava di andare oltre certi banali confini.
Mi ha molto interessato, in passato, rileggere certi passaggi dei promessi sposi, per esempio, li trovo perfettamente concepiti, con equilibrio e profondità. Non ho un raporto conflittuale con le cose che ho studiato, ho superato da tempo quella fase infantile.

Sapere guardare senza pregiudizi, me lo ha insegnato anche Spiegelman; andando in libreria insieme ho visto con quanta curiosità sfogli ogni singolo libro, anche se crede di conoscerlo o conosce il lavoro dell'autore.
Questa equidistanza mi sembra, mi è sempre sembrata, utile. Una buona pratica per cercare di sfuggire all'ottusità.

Naturalmente è possibile che mi sbagli nel valutare questo o quello, ma almeno mi sbaglio dopo essermi posto delle domade.

Anonimo ha detto...

Vonnegut, leggetelo.

Anonimo ha detto...

Sopranos, guardatelo.
Depserate houswives, guardatelo.

Anonimo ha detto...

buzzati, leggetelo.
Guardatelo.

duccio ha detto...

quindi secondo michele dopo Dante e Manzoni il deserto?
senza nulla togliere a questi indiscussi personaggi della letteratura mondiale, se uno dovesse scrivere oggi, con in testa esclusivamente il modello dei "promessi sposi" o della "divina commedia" credo che non otterebbe un gran "prodotto"..
Ne sono successe di cose da quando è morto Dante.. il mondo si è ribaltato su se stesso mille e mille volte. e ogni volta è uscito qualcosa di diverso. Credo che il rapporto opera / contesto sia molto importante. con questo non voglio dire che debba essere per forza "contemporanea". a volte la scelta di lavorare sull'anacronismo diventa essa stessa linguaggio.
Il vero problema è che oggi si riesce con difficoltà a seguire tutto quello che viene prodotto, e i tempi dedicati ad ogni singolo lavoro, sono ben delimitati e ridotti. Credo che in un certo senso, forse, non ci sarà mai più una "divina commedia" perchè non c'è più lo spazio fisico e mentale per ospitare qualcosa del genere. In questo senso per fortuna che c'è già stata.

Daniele ha detto...

Scusate, preciso:

Personalmente Manzoni non lo metterei tra i classici universali (Dante, Petrarca, Ariosto, Boccaccio, Leopardi ecc. Manzoni, brilla così tanto nella letteratura italiana dell'ottocento perche ci sono poche altre alternative se confrontato per esempio con Francia, Germania, Inghilterra, diventa un lumicino.
Comunque non è importante, quello che volevo dire è che autori come Calvino e Buzzati dovrebbero altrettanto venir celebrati... ..come Manzoni, và..
Loro portano avanti una poetica leggera e profonda, l'attenzione al gioco, alla fiaba al fumetto li rende preziosi tramiti tra la cultura dei classici e il nostro contemporaneo in cui non si sa più bene cosa è alto e cosa è basso.

Comunque secondo me: Leggete e guardate TUTTO quello che vi coinvolge a qualunque livello e se c'è da sistemare e scremare fatelo dopo aver visto e letto.

[emo] ha detto...

@igort> nessun conflitto, nessuna fase infantile.
Provo a spiegare meglio: avvallare l'importanza di un autore semplicemente perchè "è studiato a scuola" è un'espressione che trovo davvero priva di significato.
O, nella migliore delle ipotesi, mi fa sorgere altri quesiti che farebbero allontanare troppo dal centro della discussione, quindi mi limito a uno: come vengono presentati e studiati questi autori?
Io pure, come te, ho avuto un rapporto assolutamente sereno con le mie letture scolastiche, grazie di certo ad almeno due insegnanti (medie e superiori), ma ci metto pure la mia famiglia e la mia capacità di scegliere e apprendere.

Anonimo ha detto...

Andiamo sullo specifico: ho provato a vedere un paio di Sopranos, e un paio di Desperate Housewifes. Confesso che faccio molta fatica a ritenerli frontiere del racconto. Sono fatte con mestiere, ci sono alcune cose interessanti, sono carini, capisco che possano appassionare, ma che cosa hanno di innovativo, da giustificare giudizi cosi'entusistici? Insomma, capisco la passione: a me piace Kirby, ma quando leggo tante critiche di Gary Groth al King mi convinco che fosse un grande con tantissimi limiti, che poche cose sono veramente grandi, che molto e'trash. E questo non perche'me lo dice Groth, che mi sta pure antipatico, ma perche'le sue argomentazioni mi convincono. E ciononostante, leggendo Kirby mi diverto, e'passione pura. A proposito di Kirby e Spiegelman, provate a chiedere a quest'ultimo che ne pensa di King Kirby e della sua estetica. Non ne lascia molto di valido. E'stato Kirby frontiera del fumetto americano? Io dico di si', ma vi so spiegare perche'? In che termini? So farvi un discorso analitico, che delimita che cosa e'nuovo, che cosa invece e'derivativo? Risposta onesta: no! Un discorso molto simile vale per Eisner che molto amo. E credo che poco di veramente valido a livello di critica sia stato pubblicato.Ecco, che condivido, come molti, lánonimo, che dice su questo blog siete approssimativi, impressionistici, un "glorified fan club". Torno al mio Manzoni...

Anonimo ha detto...

Prova a dire cose costruttive invece del poetico "che molto amo".
Sei mosso da piglio polemico, e questo non mi serve a nulla. Non ho il tempo per giocare al gatto e il topo.
Eisner è stato autore di fondazione del linguaggio. Ner esistono almeno due, forse tre, di eisner. Quello di spirit e quello dei lavori sotto altra firma e l'ultimo, quello della narrazione a lungo respiro. Sarà interessante approfondire, ma questo caro Michele, amico degli anonimi, non è un sito di critica. Questo è il sito modesto di un autore.
Se non capisci desperate houswives perchè fai fatica, come pure per i sopranos non è molto importante. Permetti a me di goderne, almeno.

La cosa che trovo ridicola è questa pretesa di oggettività del tuo pensiero. Chi saresti, il duce?

Per Emiliano, concordo totalmente sul fatto che non significhi molto il fatto che un autore sia studiato a scuola. Infatti. Il senso del mio osservare è proprio questo.
Mi piacciono cose diverse per motivi diversi.

ciao.

ale ha detto...

Ma infatti dipende anche (e soprattutto) dal lettore, da cosa uno cerca nella lettura, da come cerca quando legge. Banalmente: ci sono diversi livelli.
("leggere" qui è usato in senso molto lato)

Leggo perchè mi piace, per divertimento, per intrattenermi, per passare il tempo - qui regna il gusto;

leggo per imparare le tecniche della narrazione - i telefilm qui sono delle perfette macchine di narrazione: imparo il senso della continuità e dell'unità tematica di un episodio (vedi Sex & the City, dove un tema è svolto sempre parallelamente dalle quattro protagoniste), imparo i trucchi, lo scorrere del tempo, ma soprattutto imparo anche dai prodotti scadenti, da quelli che mi sembrano gli errori degli altri scrittori: è un occhio utilitaristico che legge in questo modo;

leggo per scrivere, per migliorare la proprietà linguistica, per il ritmo nelle descrizioni, nei dialoghi, nelle inquadrature: in questo caso Manzoni può far scuola, sia per la lingua (in fin dei conti l'italiano che parliamo deriva da lì: Manzoni fa da filtro e "crea" la lingua principale dell'italia unita), sia per lo sguardo che applica su tutto quello che vede;

leggo per trovare "la verità", o una verità particolare, o per approfondire alcuni temi che mi stanno a cuore, la natura umana, etc. qualunque sia. Qui i telefilm propongono stereotipi che però sono in grado di dirci molte cose sulla nostra contemporaneità, a saperli leggere: 24, per dire, racconta l'ossessione non solo amiricana per i complotti. Quello che dice Evangelisti sul noir è precisamente questo: per capire l'italia di oggi, spesso è molto più utile lo schema del noir (romanzo criminale, per dire) che quello della narrativa mainstream...

ecc.
scusate la lunghezza...

Daniele ha detto...

Michele ha detto: "So farvi un discorso analitico, che delimita che cosa e'nuovo, che cosa invece e'derivativo? Risposta onesta: no!"... ...e allora rilassati.

Mi spiace quando si aizza la conversazione stravolgendo pochi piccoli aspetti.

Non si parla di serial Tv come "frontiere del racconto", ma di cose, interessanti, spunti di riflessione sul raccontare. Nuovi modi, o vecchi modi in nuove forme.

Sono certamente molto approssimativo (pacificamente direi), assolutamente impressionistico (godo delle impressioni prime, seconde, terze), certamente e onestamente mi attrae questo glorified FUN club. Nel senso che a me piace divertirmi scambiando opinioni, impressioni approssimanzioni, pareri, critiche, a chiacchera con compagni di strada interessanti, artisti di valore e chi si sbatte per affrontare l'espressione e il racconto.

L'importante è stare sereni e rilassati... ..criticare non è fare.

Anonimo ha detto...

Daniele,
tranquillizzati, io sono rilassatissimo. Ti pare? Io di discorsi critici seri non ne so fare, ma li so leggere.
Igort: allora, mi sembra che eviti semplicemente la domanda sui serial americani. Su Eisner: mah, a me piace molto, lo "amo", ma ancora non sono riuscito a trovare una persona che mi faccia capire come mai sia cosi'grande. Mi spiego ancora: Hitchcock, anch'egli considerato inizialmente di serie B, ma poi rivalutato. Su di lui ci sono saggi, cose approfondite che ci fanno capire oppure ci provano, perche'e'un grande (anche se poi alcuni storici e critici non ne sono convintissimi). Ora, e'chiara la domanda sui serial americani? A me semprano patinati, manieristici, poca frontiera del racconto, ma ai posteri l'ardua sentenza...

Daniele ha detto...

Leggiti tutta la discussione, troverai molte risposte.

Sono felice che tu sia rilassato.

Daniele

Anonimo ha detto...

Ero rilassato anche prima, tu invece mi sembravi nervoso...coraggio, inspira profondamnente, ed espira...etc.
Io vado a "fare", ci vediamo in edicola o in libreria.

Anonimo ha detto...

Trovo interessante lo scorrere del racconto, spesso mi trovo a scambiare opinioni con autori sul fatto di "farsi leggere".
Non sono contro il fumetto popolare, sono contro il fumetto noioso.
Arrivare a comunicare in maniera semplice e diretta è comunque un punto di arrivo, ma bisogna essere rigorosi.
Nel fumetto questo non accade sempre.
Il feuilleton era vario e ricco a diversi livelli. Ma naturalmente non è la sola scrittura interessante.
Ognuno può trovare cose diverse in narrazioni stratificate. Vi invito a pensare a quel che leggiamo non solo in prospettiva localistica.
Giova a meglio comprendere dove ci si trova, a mio avviso.

Daniele ha detto...

Sarebbe interessante che tu approfondissi cosa significa per te essere rigorosi.
Da una vita mi dibatto nel tentativo di trovare rigore senza farmi schiacciare. Forse ho frainteso, tuttavia ogni spiegtazione sarà gradita.

Daniele

Anonimo ha detto...

Il fatto michele è che anche tu sei superficiale nel giudicare cose che non conosci. Parli dei telefilm americani dopo aver visto due puntate dei soprano e due puntate di DH. Ma i telefilm USA sono decine... e tu ne parli male senza aver visto neanche una stagione intera. Amen.
x Igort: la frase "non sono contro il fumetto popolare, sono contro il fumetto noioso" è bella e illuminante.

Ciao
Brendon