5 gennaio 2015

ten teki

Ten Teki. Flebo in giapponese. Attesa alla clinica universitaria di Tokyo. La flebo che lentamente cura e nutre L.. Attimi di silenzio e luce elettrica in un ospedale giapponese. Problemi al labirinto e vista anormale. La visita alle 22,30 in un ospedale che sembra disabitato.

1 commento:

CREPASCOLO ha detto...

"Come se la Storia fosse qualcosa di non legato al passato ma una ferita aperta o peggio, un lutto perenne capace di fornire materia di narrazione infinita."

Ero poco + vecchio di Yuri quando, in una antologia, mi imbattei in un articolo sul dopobomba. Ricordo, tra le altre cose, la descrizione di un cavallo completamente senza pelle che correva, matto di dolore, nel crepuscolo. Fino a quel momento , per me, una bestia simile era stata solo il destriero fantasma di un vecchio avversario del Daredevil della Marvel Comics.
Forse il Giappone moderno è stato - sin dai gg in cui era x gli occidentali solo la terra in cui si faceva + piccolo quello che altrove si era progettato e
le ragazze camminavano con le punte all'interno x le calzature che fasciavano i loro piedini mentre interrompevano l'intervista di Capote a Brando - un cavallo matto che corre nella notte sotto la pioggia sporca di cui parla Ridley Scott in un film con Mike Douglas ed Andy Garcia. Bombardati dalle stesse radiazioni che negli USA hanno poi creato un ettaro di picchiatelli in costume prima e dai cartoni Disney poi da cui hanno scippato ed adattato occhioni ed espressionismo. Pungolati perchè vivessero nella Ditta e ci morissero persino nel tragitto tra la palestra e la mensa come nemmeno quel tizio che infarta in un racconto di Buzzati sotto una ton di carta. Quattro ore nel tube a leggere mattonelle di " immagini che ronzano a caso in libertà " ( davvero manga è traducibile così ? anche la roba con il dinosauro muto ? mm) godendone e partecipandone l'esperienza con il semplice gesto di abbandonare il volume nel treno ( dalle ns parti capita con i Diabolik , albetto infatti nato dalla fantasia di due sorelle che avevano la Ditta sopra la stazione di Cadorna a Milano e che hanno sincronizzato il loro ladrone tenebroso con le esigenze dei pendolari ).
Difficile che capiti dalle ns parti - conosco persone che si sono commosse quando Tex era legato al palo della tortura e i navajos avevamo già cominciato a lavorare di coltello prima che Lilith sbucasse dallo spazio bianco tra una vignetta e l'altra x sposarlo, ma conservano le strisce tascabili come altri un autografo di Ben Croce o uno scarabocchio di Guttuso - dove i fumetti, purtroppo, sono ormai letti da una elite di brizzolati bolliti peterpanici. Pazienza.
Un'idea x un editor giappo che intenda levare la tovaglia con un gesto repentino senza far cadere un piatto al suolo: il pilota di uno Zero, che chiameremo Zero, si sta schiantando contro una portaerei americana - non x servire il suo imperatore, ma perchè non ha + carburante - quando tra il fuoco ed il fumo che sale dalla nave sansebastiana x i colleghi di Zero che la trafiggono con entusiasmo, sembra aprirsi un varco nel tempo e nello spazio ed il pilota è ora un bimbo con una tuta da astronauta che lo protegge dalle radiazioni xchè non si trasformi in un supereroe ( e nemmeno in un razzo missile con circuiti di mille valvole ) e che è seduto in un vagone della metro lanciato a rotta di collo nel buio mentre tutti intorno corrono cavalli neri come la pioggia. Davanti a Zero è seduto un omino che legge un volume del Grande Blek. Un milione di copie. Forse.