27 dicembre 2011
Wim e Yasujiro
Ogni tanto, nei momenti in cui riesco ad avere un poco di calma, a raccogliere le idee, rivedo alcuni film per me importanti. Tokyo-ga di Wim Wenders è uno di questi. E' un documentario che Wenders fece nel 1983, venti anni dopo la morte del regista giapponese Yasujiro Ozu. Regista immenso e semplicissimo che realizzò, nel corso della sua carriera, 54 film e raccontò la vita dolce prima della guerra, la crisi, e la trasformazione verso la modernità. Wenders trentottenne rende omaggio a Ozu, a una pratica del racconto in cui si canta la vita quotidiana. Maestro di grazia e di sensibilità Ozu, in vita, non godette dei riconoscimenti internazionali di Kurosawa o Imamura eppure il suo sguardo ha attraversato il tempo.
Quel che mi appassiona di questo piccolo film è l'amore sincero, lo sguardo affettuoso che il regista tedesco, profondo conoscitore di Ozu, riesce a trasferire nella sua pellicola. E' la quintessenza della cinefilia, o per meglio dire, della gratitudine che lega ognuno di noi, ai creatori di grandi opere. Cos'è in fondo un bel libro, un bel film o un bel dipinto? Qualcosa che ci insegna a "vedere" a comprendere, per così dire, una briciola di questa esistenza.
Ozu, con le sue inquadrature basse, all'altezza di una persona seduta sui tatami, e le sue storie modeste, quasi dimesse, è riuscito nell'impresa di renderci migliori.
E Wenders, con questo piccolo, prezioso omaggio, da il meglio di sé, inaugurando la stagione di quegli indimenticabili documentari che avrebbero poi dato titoli come Buena Vista, e ultimamente Pina.
D'altro canto, mi ricordo di lui, negli anni 70, quando, sulle pagine di un libro di interviste sul "nuovo cinema tedesco" dichiarava la sua passione per la cultura americana, per la musica, che gli aveva "salvato la vita". Anche da questo, io credo si misura la statura di un uomo.
Dal coraggio di amare.
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