14 giugno 2011

scrivere


le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe, è meglio evitare il loro impiego e attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani, di se stessi, vale a dire alla descrizione fedele dei fatti.
Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo. Se scriviamo "l'attendente è gentile"non è una verità, perché l'attendente può essere capace di cattiverie che noi ignoriamo. Quindi scriveremo semplicemente "l'attendente ci regala delle coperte"
Agota Kristof

10 commenti:

Roberto La Forgia ha detto...

Verissimo. Ogni cosa va "messa in scena".

igort ha detto...

Ogni cosa va mostrata, nel racconto, con le parole e le immagini più nude possibili. Già "mettere in scena" mi fa pensare a una visione teatrale, in qualche modo artificiosa. Qui Agota Kristof parla di una scrittura epurata. Il suo "trilogia della città di k" fa male perché mostra le cose come se fosse la prima volta che le vediamo. E' questo stupore, questo vento nelle orecchie, a diventare "esperienza". La scrittura che è capace di questo diventa vita, semplicemente.

CREPASCOLO ha detto...

Mi permetto di non essere d'accordo e, come pezza d'appoggio, somministro un pensiero che copia incollo : '' Sono convinto(...) che ogni essere umano è nato per scrivere un libro, e per nient'altro. Un libro geniale o un libro mediocre, non importa, ma colui che non scriverà niente è un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla terra senza lasciare traccia.''
( Agota Kristof )
Scrivere che l'attendente è gentile ci dice poco dell'attendente, ma molto di chi scrive. Ci saranno sempre lettori interessati a quello che passa per la capoccia del tale che scrive del tale che vive nella sua capoccia. Tra verità e leggenda si stampi la legenda di Cronaca Vera, se si ha il talento e l'urgenza di raccontare la scaletta di uno 'zine pop come fosse gonzo journalism. Quando decidiamo di raccontare solo il vento nelle orecchie non protette dalle coperte regalateci dall'attendente, facciamo cosa buona e giusta - nel senso di legittima - come quando decidiamo di passare Ferragosto a Pietra Ligure, se siamo consapevoli che altri hanno il diritto di trascorrere quella giornata nella loro cantina, rimirando alla fioca luce di una lamapadina le prime strisce di Quadratino.
No limits, come dice il signor Sector.

igort ha detto...

Ma di cosa stiamo parlando, scusa? Nessuno intende ledere la "libertà di espressione", ci mancherebbe. Qui si parla dello scopo dello scrivere, quello cioè di emozionare. E, perdonami, il leggere cose fritte e rifritte, annoia, non emoziona. Il Gonzo Journalism che citi, quello di Hunter Thompson era esperienza a suo modo innovatrice, dunque vitale. No limits va bene per le lamette sector, l'arte è una dispiplina piena di "limits". Anzi, si arricchisce tanto più quanto il limite è angusto. Nel bianco e nero si cela l'evocazione del colore (e non serviva che fosse Wittgenstein a dirlo, bastava guardare una pagina di Eisner, Crepax, Munoz, Breccia).

CREPASCOLO ha detto...

Tante teste tante sentenze. E va bene così. Quella cosa del limite
angusto mi perplime, ma paz. Mi piace molto di più quella cosa di tutti i colori del b/n ( o della tricromia: vedi tante cose Coconiniche ). Come direbbe il mio buon amico Will -se non stesse disegnando altrove e per un pubblico più vasto - see ya in the comics !

sebastiano vilella ha detto...

A sostegno della tesi del nostro caro storyteller, scelgo questa bella massima: "L'arte più è regolata, limitata, controllata...più è libera!" a dirlo non è il sottoscritto, ma Igor Stravinskji che è certo riconosciuto come uno dei più originali innovatori della musica del Novecento. C'è da riflettere. Ciao Igor, finalmente torno a seguirti sul blog! S.

loopguru ha detto...

Ho letto vendetta,di Agota Kristof,illuminante.Anzi,abbagliante.

Roberto La Forgia ha detto...

In un bellissimo film di Spike Jonze, Adaptation, c'è il personaggio di uno scrittore che tiene un workshop sulla scrittura e parla appunto dei limiti e delle regole della scrittura. La genialità di Kaufman (lo sceneggiatore del film) è nel mostrare inizialmente questo personaggio come un bigotto della scrittura, con troppe certezze e "vittima" di presunte regole del narrare, ma andando avanti è la scrittura stessa del film che sorprendentemente comincia a rispettare quelle regole e quella visione fatta di tanti limiti decantata dallo scrittore, quindi mostra con l'esempio stesso del film come il narrare sia fatto di queste di cose.
Geniale e pure emozionante.

Roberto La Forgia ha detto...

il link del film su Imdb

http://www.imdb.com/title/tt0268126/

igort ha detto...

ah, il ladro di orchidee. C'è quella scena in cui Maryl Stripp, al telefono... meravigliosa.