
Quando portarono il corpo di Donna Aurelia interamente coperto di fango Erminio su dottori non la riconobbe neppure.
Non cerano che uomini tra i sopravvissuti e quel corpo minuto non attrasse la sua attenzione fino a che qualcuno non gridò: Ë una donna.
Sembra la vecchia Aurelia.
Don Erminio sentì venir meno il fiato, un colpo preciso, quasi che quel fango gli si accumulasse allimprovviso, come un sasso, alla bocca dello stomaco.
"liberatele le vie respiratorie dal fango, presto". Disse.
Ma era un ordine superfluo; gli uomini si stavano già occupando di lei. Poco a poco la sua fisionomia emergeva in un'espressione di sofferenza, come quelle, rare, che Erminio aveva scorto di tanto in tanto, accuratamente dissimulate dall'aria di alterigia che spesso i poveri si impongono per non dichiararsi sconfitti dalle durezze della vita.
Lavavano con delle pezze inumidite, riportando alla luce di quel sole invadente le forme orginarie, come archeologi alla scoperta di antiche vestigia.
Il sole, che improvvisamente brillava alto e vigoroso, arroventava la piana essicando il fango a vista docchio. I colori schiarivano e le cose sembravano assumere forme irreali, come oggetti colati da un altro mondo. Ma solide, a dispetto di quanto erano apparse in quelle ultime settimane di pioggia.
"Respira ancora?"
"No. Sembra di no."
Erminio ascoltava quei dialoghi, l'orecchio teso, mentre praticava la respirazione bocca a bocca a Catarino il vecchio, che tutti, ma proprio tutti, dicevano morto da tre anni. E che invece adesso faceva
"Ihhhhhh" respirando all'improvviso a pieni polmoni.
Aveva lo sguardo spiritato di chi ha appena visto l'anticamera di un altro mondo, Catarino. E non pareva affatto che la vita lo avesse abbandonato da 1000 giorni.
Continuava a rantolare, con quel sibilo grottesco, portandosi le mani alternativamente alla gola e alla fronte.
"piano, piano, respira con calma"
Gli posò una mano sulla spalla, il dottore, quasi a rassicurarlo che sì, era proprio vivo, mentre Catarino continuava in quella sua attività di mantice.
"coraggio vecchio" gli disse mentre lo lasciava alle cure di Ramon, il fabbro ferraio.
"fatelo distendere una volta che si Ë calmato".
"va bene dottore"
I pompieri, poco distante, facevano opera di recupero. Con un argano, che avevano sostituito alla scala di ordinanza, agganciavano, uno per uno, quei corpi immersi in una stramba salamoia color del muschio che un giorno era stata roccia e terraferma, e li trainavano in secca.
Ai confini di quel teatro di guerra naturale si erano stipati decine di curiosi: perdigiorno, pistoleros e latifondisti perlopiù, che seguivano con scherno e ilarità l'attività febbrile dei soccorritori.
Sbraitavano e cantavano a squarciagola canzoni oscene con l'entusiasmo puerile di chi fa qualcosa di inopportuno e lo fa apposta. Volevano significare due cose semplici: non temevano lautorità e disprezzavano la morte, specie quella altrui.
"Li faccia tacere tenente" intimò il dottore.
"non hanno rispetto per nulla, neppure per il dolore".
Mentre il tenente dei federales sembrava convenire su quell'evidenza l'alcalde si mordeva la lingua.
"Non dia ordini ai miei uomini dottore, potrebbe pentirsene".
Aveva dei capogiri e qualche linea di febbre; ma non era a causa di questo che si sentiva inadeguato. Non sapeva esattamente cosa fare se non darsi un'aria indaffarata.
"fate tacere questi schiamazzi" ordinò subito dopo, come se fosse una sua libera iniziativa.
E cercò di riprendere un'aria assorta osservando con ostentazione il difficile recupero di un carro che i pompieri stavano tentando da una ventina di minuti.
Spuntavano a decine i corpi da quel fango.
E la domanda che si facevano tutti era la stessa:
"cosa diavolo ci fa tutta questa gente sottoterra?"
Se lo domandava l'alcalde ignaro delle voci che i volontari si passavano e che non promettevano niente di buono.
Man mano che si annotava lidentità dei sopravvissuti pareva che la popolazione del cimitero di Mammarranca si fosse riversata nelle viscere della piana Do Diablo. Questo vociferavano i campesinos accorsi a dare una mano.
E il malumore dilagava a dispetto del successo dei soccorsi. Perché non portava certamente bene risvegliare i morti.
Qualcuno aveva poi fatto notare le strambe anomalie.
Non era normale che i morti tornassero in vita dalle viscere della terra.
Non era normale che smottasse un'intera piana, non era normale che piovesse per settimane in pieno agosto con la siccità endemica che aveva da secoli flagellato il Parador.
A dare conferma degli infausti presagi giunse in quel momento Mommotti. Lo chiamavano così, come l'uomo nero di Papassinas, perché sin da piccolo aveva interpretato i segni della natura e aveva predetto ricchezze o miserie del raccolto, senza mai fallire. Adesso era un vecchio decrepito che a malapena si reggeva in piedi ma nonostante questo la sua autoritas era rimasta immutata negli anni. Lo videro arrivare dietro la curva della carrettiera 56, indossava una pelliccia nera di capra, incurante del caldo asfissiante.
"Non Ë Mommotti quello?"
E la notizia si sparse in un battibaleno.
Aveva impiegato tre ore e mezzo a percorrere meno di tre chilometri, a piedi, come faceva sempre: senza che nessuno lo avvertisse.
Tutti sapevano che le disgrazie si presentavano da sole, bussando alla porta dei suoi sogni. Non parlava quasi più Mommotti, che anni di eremitaggio lo avevano condotto a una sorta di bizzarra saggezza.
Si presentò davanti al posto di blocco dei federales e semplicemente guardò il soldato negli occhi.
Questi si fece da parte e Mommotti passò, senza che nessuno degli astanti avesse nulla da dire.
Quel silenzio accompagnava il suo procedere.
Al suo arrivo le donne avevano tremato, e c'era chi si fece il segno della croce, data la nota misoginia.
Le aveva in antipatia, da quando, giovane innamorato era stato abbandonato, senza preavviso, da Tranquillina Abbanoa, sua futura sposa.
Lui si era chiuso in sé stesso e aveva cominciato durissimi esercizi spirituali.
"si fa prete, si fa prete" mormoravano le malelingue del villaggio, ma lui non ci pensava neppure. E a chi gli poneva la questione del perché non si decidesse se amare altre donne o entrare in convento lui rispondeva con una scrollata di spalle.
Poi un giorno, quindici anni più tardi, giunse la notizia.
Tranquillina era morta, in quel di Parigi, soffocata nel sonno dalla sua stessa lingua.
Un sorriso gli increspò le labbra. Andò allo spaccio di Coloriu Arrubiu e ordinò una bottiglia di bianco secco per festeggiare da solo.
Quella fu lunica volta che lo videro bere.
Andò a vedere i corpi ammassati, quelli senza vita disposti in file ordinate. Si aspettava il prete per l'estrema unzione.
Mommotti guardava quei corpi che sembravano fossili, frammenti di selce ricoperti di terra e mota, neri e rigidi come stecchi, come fossero tracce di un altro mondo. Cercò di sollevare un braccio ma il rigor mortis aveva fatto il suo effetto. E c'erano corpi che parevano di carta, sottili e avvolti in quelle vesti un tempo chiare e leggere e che adesso pesavano amplificando i drappeggi come in un quadro antico.
"che vuoi vecchio?"
L'alcalde sfidava quel silenzio fastidioso. Mommotti non lo degnò di uno sguardo e continuò a osservare la scena di quella piana devastata.
"chi ti manda?"
E lo afferrò per una spalla fissando il suo sguardo antico e impenetrabile.
Fu allora che il rintocco delle campane si udì distintamente provenire da Mammarranca. Mentre Mommotti alzò il suo braccio destro e benedisse l'alcalde.
Poi gli pose la mano sugli occhi e tutti compresero che quello era un presagio di morte.