14 maggio 2013

the pulp fiction

Chandler e Hammett. Questi erano i pilastri, li ristampava nella collana meravigliosa chiamata Omnibus, per i tipi della Mondadori, Oreste del Buono, proprio lui, OdB; che scriveva di cinema nell'Europeo, e pubblicava i fumetti più belli del mondo su Linus e Alterlinus. Odb era un punto di riferimento per me e la mia generazione, era uno che pubblicò tutto un articolo pieno di immagini coloratissime sulla letteratura Pulp (secoli prima che Tarantino ripescasse il termine per il suo pulp ficition). Ammiravamo queste pagine di Alter e un mondo si schiuse ai nostri occhi. Si capiva che gli scrittori hard-boiled erano in contatto tra di loro, che scrivevano per la rivista black mask, e si vedevano le copertine fantastiche che avevamo influenzato Steranko, Kaluta e tanti altri. A Bologna ammiravo dalle vetrine lucenti della libreria Zanichelli i volumi cartonati e telati che racchiudevano 5 o 6 romanzi, in uno. Gli omnibus appunto. Chandler era mitico, per comprarlo ci si mise in tre, io Andrea Maimone e Antonio Fara. Altrimenti era impossibile, a meno di fare una rapina. Ma si frequentava, e molto, in quegli anni che stavano per germogliare in Valvoline, la letteratura fantastica. Lovecraft in primis, che era amato e spesso oggetto di progetti irrealizzati. “Voglio farei miti di Chtulu”. Oppure “Le montagne della follia”. “Hai visto l'adattamento di Cool air di Wrightson?” “E Corben?” “Corben ne ha fatto di meravigliosi. Ma anche Breccia, mica scherza”. Breccia ci piaceva perché ai mostri ancestrali evocati dalla penna di Lovecraft conferiva un che di confuso, strisciante, le forme erano viscide e indistinte, come quelle evocate dal “solitario di Providence”. Naturalmente c'era anche Edgar Allan Poe, ma le sue letture mi avevano influenzato negli anni del liceo, ed era stato territorio di esplorazione di grandi come Battaglia e Crepax. Mostri sacri da cui ci si voleva affrancare. In un certo senso. La colonna sonora che risuonava per le stanze e i corridoi di Saffi 24, ad accompagnare le interminabili sessioni di disegno, era composta da Devo, Pere Ubu, Residents, Yello, Talking heads, Si ascoltavano anche Battiato e Lucio Dalla (quello dei dischi con i testi di Roversi) Iggy Pop, Bowie, Lou Reed, che all'epoca faceva strani esprimenti con Don Cherry. Stravinsky, Mahler, Schoemberg (notte scarlatta) e poi molto jazz. Il pusher del Jazz era Daniele Lelli, che Carpinteri aveva conosciuto allo zuccherificio, quando ci andò a lavorare per una stagione o due. Lelli era uno fine, ascoltava e apprezzava da Braxton a Coleman, passando per l'art ensemble, i Rova, o Mingus. Ma ricordo che mi passò dei concerti di Duke Ellington (mio zio spirituale) alla Carnegie Hall che facevano sognare. Disegnavo ore e ore perso in quelle melodie avvolgenti e languide. E tutto questo mi aiutava a evocare gli anni Trenta-Quaranta che mi porto dentro sin dall'infanzia, che sono la stagione preferita delle mie storie. Con il Jazz ci ero cresciuto, mio padre era compositore e amava quella musica, l'ascoltava con molto rispetto, lui che di formazione era classico. E io avevo imparato, con lui e con Odb, che spesso nel cosiddetto pop si celano tesori che vanno saputi guardare, leggere, amare. Bogart e Mitchum erano gli dei, tra gli attori. Entrambi avevano impersonato un Marlowe disincantato e amaro. Ognuno a modo suo. Questo ci faceva amare ancora di più Alack Sinner che tra i fumetti presentava una realtà contemporanea lacerante. Fu in questo contesto che maturai l'idea di lasciare l'università e dedicarmi del tutto alla produzione di mie storie. E' il Maggio 1979, assisto a una lezione non troppo interessante di psicologia (si studiava anche questo al Dams) quando mi metto a sfogliare il numero di Alter fresco fresco. Alack Sinner, Storie arruginite. Un colpo al cuore, comincio a leggiucchiare distrattamente e non credo ai miei occhi. Sampayo canta la storia di un pugile fallito e di contrappunto demolisce la storia, consunta, arruginita appunto, che tanto cinema ci ha regalato nei decenni. Il disegno di Munoz lavora la fantasia con un'efficacia impressionante. Le persone e i loro fantasmi interiori si abbracciano in un unico affresco che fa venire i brividi. E' il fumetto, baby. L'espressionismo, in cui tutto è possibile Goya e Taxi driver. Si sposano e sovrappongono. Per uno come me, che era partito dall'isola strappando le pagine di Munoz e Sampayo (non c'erano ancora i libri loro all'epoca) insieme ai Kamandi e The Demon di Jack Kirby, era abbastanza. Il dams sarebbe diventato un ricordo e Alter il mio trampolino preferito. Mi ero promosso sul campo storyteller. Un paio di buone scarpe e tanto asfalto da percorrere.

5 commenti:

CREPASCOLO ha detto...

Mitchum sarebbe andato bene anche per Triste Solitario y Final. Ha il muso di uno che non si stupisce più quando qualcuno gli chiude la porta in faccia. Bogart - per dirla con Huston - sembrava un cadavere allegro. Fernandel disegnato da Steranko.

Feltrinelli ristampa continuamente l'opera omnia di Chandler - io ho la serie con le cover di Iacono - e spero che prima o poi propongano a Munoz di dsegnare le copertine
( Cinzia Leone ha disegnato quelle di Dard e... qualcun altro quelle di Carlotto per esempio ) : Marlowe come combo di Steve McQueen e Noriega ? Mm...

loopguru ha detto...

Memorie incredibili e suggestive.Grazie igort.Loopguru

Anonimo ha detto...

Grazie. Bello leggere il dietro le quinte, il tuo blog sembra già un libro sul raccontare. Elvio

andrea barbieri ha detto...

Molto belli questi ricordi che pubblichi a puntate. Attenzione, chiarezza, partecipazione: il tuo modo di scrivere è il tuo modo di disegnare. C'è qualcosa di molto etico, o di umano - che poi è la stessa cosa.

igort ha detto...

Grazie a tutti. Cerco davvero di fare del mio meglio e di essere semplice e chiaro. Ripercorrere questi anni è una cosa che mi aiuta a capire perché certe cose sono state tanto importanti. Spero di tenervi buona compagnia. Ecco tutto.