10 maggio 2013
my generation
Bisognava scendere un paio di rampe di scale per penetrare nei meandri del Punkreas, a Bologna. All'epoca sono studente morto di fame, e pago 52.180 lire di affitto, mio padre mi spedisce 100.000 al mese, dunque devo vivere con 47.820, un'impresa.
Comunque si mangia alla mensa universitaria (che fa schifo, ma costa pochissimo, 500 lire), tutti si preoccupano di preservare il fegato, dunque almeno un pasto bisogna farlo fuori mensa. Il punkreas è uno dei pochi lussi che mi permetto, ha prezzi ragionevoli e poi sono a Bologna per la cultura, che cazzo.
Appena entro l'aria è folleggiante come al Roxy, ma meno esacerbata.
Nella zona universitaria è annunciato l'evento. Punkreas, Gaznevada sing Ramones.
I Ramones li ascolto dal loro primo 45 giri, “Sheena is a punk rocker”, che è uscito due anni prima, un'era geologica fa, in pratica. Frattanto sono diventati una leggenda del rock'n'roll primitivo. Miscela commovente di energia orizzontale, suono distorto, e semplicità americana, quasi minimale.
Punkreas, ore 21,30. Entro, atmosfera fumosa, parlottare.
Freak Antoni, che conosco di fama, scende qualche gradino prima di me, indossa un giubbotto bellissimo, pelle marron e beige. Sulla schiena c'è un disegno meccanico molto ben fatto su cui campegia una scritta: Pistoni roventi. Ed è tutto un programma.
All'epoca Freak è già il cantante degli Skiantos, incide per la Cramps records, quella degli Area, di John Cage, non so se mi spiego, ha inventato il rock demenziale. Non c'è muro di Bologna su cui non figuri una scritta Skiantos, in pratica sono già celebri prima ancora di aver suonato. Arrivato da Londra, mi sono ambientato in poco tempo e Bologna mi piace, c'è gente che pensa e fa senza posa, anche grazie al DAMS a cui mi sono iscritto.
Freak me lo presenterà dopo qualche tempo Stefano Tamburini, in trasferta, ma all'epoca sono un semplice ascoltatore-fan. Gli Skiantos sono degli urlatori, in piena tradizione punk, rivendicano il fatto di non saper suonare e prendono in giro gli stilemi del rock. I nomi d'arte sono uno peggio dell'altro, Freak Antoni, Leo Tormento Pestoduro, Sbarbo Cavedoni, Jimmy Bellafronte, Dandy Bestia, solo per citare a memoria. Il secondo disco, Mono Tono, del 1978, spopola. In Saffi 24, la mia tana, è addirittura la sveglia di casa. Verso le 9 (l'alba in una casa da studenti) metto a tutto volume il primo pezzo che inizia con “Fatti questo slego. uno due sei nove”, conta surrealista che precede la partenza a razzo di un brano rock'n'roll sgangherato quanto geniale. Titolo: Eptadone.
I miei amici studenti, o studelinquenti come li chiama Tamburini nelle tavole di Rank Xerox, si alzano svogliatamente. Dura la vita ad Animal house da quando ho scoperto gli Skiantos.
Da quel momento si ascolta musica tutto il santo giorno, specie quando disegniamo.
Siamo in tre a fare fumetti, anzi in 4 se contiamo Pari che fa fumetti per puro sfizio, uno ogni cento anni. Per il resto io, Antonio Fara e Andrea Maimone siamo partiti con la pretesa di diventare autori. Eravamo già andati ad Alter, l'anno prima. E al di là del fatto di aver terrorizzato la redazione per come ci eravamo acconciati, non era andata così male. Ma poi le urgenze del punk si sono sovrapposte. In quei giorni le spinte appaiono così forti e insopprimibili che segui il flusso. Fai quello che ti sembra imprescindibile. Sotto, in profondità, comunque, l'amore per il fumetto rimane un leit- motiv. Sai che devi, a tutti i costi, disegnare le tue storie.
Abita in quella casa di studenti un nutrito drappello di amici, oltre alla mia ragazza, Susanna, e un amico poeta, Donci, che ha il vizio di ululare la notte e smontare le persiane per sfogare il suo nervosismo. Poi, come detto c'è Roberto Pari, che fa finta di studiare a scienze politiche; è stato compagno di liceo di Carpinteri, così l'ho conosciuto. E Giorgio abita proprio dietro casa mia in via Podgora. Sempre Bulagna.
E' lui che mi parla degli Skiantos per primo, è in visibilio per questo gruppo. Io li ascolto, non si può non amarli perché i dada in confronto sono sobri.
Bologna, sala piena, gli Skiantos suonano come spalla ai Gong.
In breve l'atmosfera si surriscalda. Sbarbo finge di suonare una scopa, come fosse una chitarra, mentre canta con uno scolapasta in testa, poi parte il provvidenziale lancio di verdure. Ma sono loro, gli Skiantos a bersagliare il pubblico a suon di sedani, cardi, verdurame vario che ti arriva all'improvviso sul muso. Freak canta, con incedere cattedratico un inno folle: “Largo all'avanguardia, pubblico di merda, tu gli dai la stessa storia, tanto lui non ha memoria”.
Dagli Skiantos ti aspetti di tutto, il pubblico risponde al fuoco, la pioggia di verdure è talmente fitta che i ragazzi capitolano, abbandonano il palco, ricordo ancora le suppliche di Sbarbo “no ragazzi, basta, così non possiamo suonare”, la pioggia continua.
A questa e altre provocazioni gli Skiantos avevano abituato il pubblico. Sin da Bologna rock, 1979. Quando, saliti sul palco insieme al fior fiore delle avanguardie bolognesi, avevano allestito la scena come un soggiornino domestico. Tv, tavolo, sedie, fornelli. E si erano preparati un piatto di pasta, invece che suonare, mangiando in pubblico, tra i fischi della folla inferocita.
Freak questo lo considerò il loro apice. Ma mancò poco che venissero linciati.
A ogni modo, Punkreas: i Gaznevada suonano velocissimi i Ramones e senza pausa tra un pezzo e l'altro, come gli originali, ma in versione futurista, missilistica. E' notevole.
Come per gli Skiantos e decine di altri gruppi, è in voga l'uso wharoliano del ribattezzarsi. Alla Factory ci sono Ultra-violet. Holly Woodlawn, Candy Darling ecc, tutti nomi creati da Andy Wharol, che ha trasformato la fauna della Factory in un santuario di icone pop, personaggi di un fumetto reale e semovente.
Così a Bologna, che in quei giorni mi pare la città più americana del mondo, questo uso prende piede. Gli Skiantos scelgono nomi ridicoli, l'ironia attraversa tutto il movimento artistico dell'epoca, ma i Gaz, sono già più “arty”, meno dichiaratamente satirici. Loro sono cresciuti leggendo Burroughs e Wharol è davvero il loro santone.
Raffini (Billy Blade), che pubblica in quegli anni un paio di storie su Cannibale (frammenti di vita decadente) canta spiritato, si è dipinto una serie di nei posticci, stile Settecento, Giorgio Lavagna (Andrew Nevada) occhiali neri, canta in trance, (Ciro) Robert Squibb arrota le corde della chitarra, è il rock'n'roll, baby. Ma c'è anche Giampiero Huber aka Johnny Tramonta (che con Raffini e Lavagna vive nella traum-fabrik, casa occupata di via Clavature, a due passi dalle 2 torri) che percuote il basso; dietro di loro Bat-matic (Gianni Cuoghi) alla batteria, che poi passerà ai Confusional .
Sono lugubri, belli, assenti e infoiati, tutti vestiti di nero. E Raffini, particolare che non passa inosservato, ha la svastica al braccio.
In breve partono i buuuuh, fischi, bottiglie volanti, baraonda. Bologna in quegli anni è la Bologna del movimento, e il punk, con la sua iconografia politicamente blasfema infiamma gli animi.
Il situazionismo estremo non è tollerato.
Io staziono sotto il palco, sono a due metri da loro, e sento la tensione crescere. La rissa è lì lì per scoppiare, anche perché i Gaznevada quella pantomina la eseguono per tre giorni di fila e si è sparsa la voce.
In quella occasione li nota Oderso Rubini che è il Malcom McLaren di Bologna, ha aperto un piccolo prodigio, una cosa minuscola e preziosa, una casa discografica! Si chiama Harpo's Bazaar e sta in via Sant'Isaia 49, a due passi dal Punkreas. Ha un orecchio notevole, Oderso, e la sua fama di talent scout si diffonde in breve. Mette sotto contratto i Gaz, ma anche tutti gli altri gruppi che suonano nelle varie cantine di via San Vitale. Ce ne sono una miriade, tutti bravi.
Windopen, Confusional, Luti Chroma, Nafta e poi man mano Stupid set, Hi-fi bros e decine di altri.
In un primo tempo stampa cassette e 45 giri, poi LP. Sarà lui a pubblicare il mio primo album, di lì a poco.
Io lo incontro a più riprese anche alla radio, Radio Città, che è un vero e proprio centro propulsore di quella cosa che allora si chiama “contro-cultura”.
Questa è la storia della new wave bolognese, che fu un fuoco potente e influente per noi, che contaminò, stimolò e intrigò la scena del nuovo fumetto italiano. Rispondendo alle istanze di uno sguardo contemporaneo, per poi scomparire in un fragoroso vuoto, mentre l'industria discografica nazionale, continuava a dormire. Languendo in cascami di progressive rock e cantaurotato decisamente inascoltabili, per la mia generazione.
Freak che era amico di Andrea Pazienza e frequentava la Traumfabrik dove abitava anche Scòzzari, non lo incontrai mai con loro. Si fece tatuare un disegno di Carpinteri nel braccio e presentò il Valvoline party due anni dopo. Era il 1982.
Gli Stupid Set ed Enrico Serotti dei Confusional fecero la colonna sonora di un fumetto di Carpinteri e Jori. Era il 1982.
Gli Hi-Fi bros furono prodotti da Arto Lindsay, per l'Italian records. Era il 1982.
Raffini (Billy Blade) divenne mio amico, mi rubò una chitarra X27 che valeva due lire, ha smesso di fare fumetti. Era il 1982.
Sotto lo pseudonimo di Radeztky e gli isotopi pubblicai il mio album “funerale a Bombay”. Era il 1982.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento