4 maggio 2013
il canapè
Me lo ricordo bene, quel canapè in vimini dove gli artisti in erba che Francesca Alinovi frequentava, stavano sdraiati con fare dinoccolato e svogliato. C'era pure lui, Ciancabilla. Che lanciava occhiate scure agli astanti. Alle pareti di quel salotto un Ontani, uno Spoldi.
Il telefono rosso dipinto da Kenny Scharf. C'era la vita; i discorsi, le idee, i progetti, in quelle stanze piene di libri di via del riccio, a Bologna. Francesca Alinovi aveva 10 anni più di me, sembrava una di un'altra epoca a noi ventenni, ed era un'intelligenza fervida, visionaria. L'avevo conosciuta in occasione della mostra “registrazione di frequenze” che stava organizzando e nella quale avrebbe portato il fumetto per la prima volta alle pareti di una galleria di arte moderna. La mostra si tenne nel 1982, Marzo. Lei era venuta insieme a Marcello nel mio appartamento da studente in via Saffi 24, per vedere le tavole di Goodbye Baobab, che stavo pubblicando su Alter Alter, in quella storia malinconica, di un macellaio giapponese emigrato in Parador, mi ero divertito a fare riferimenti sotterranei ad alcuni artisti che apprezzavo, da Herman Nitsch a Robert Kushner. E lei, che era una mente fine, pareva gioire del fatto che il nuovo fumetto fosse impregnato di visioni affini a quelle che lei seguiva. Parlammo, vide anche il pinguino studios, pubblicato insieme a Lorenzo Mattotti e Giorgio Carpinteri. Io ero quello più concettuale, avevo diviso in tre categorie gli elementi che formavano il fumetto. Caratteri, ambienti, e motori. Mischiando questi elementi potevi costruire le storie di avventura a piacimento. Lei amava le stesure piatte e geometriche dei miei disegni. Immaginava degli ingrandimenti freddissimi, che in galleria avrebbero contrastato certamente. Capiva che il nostro apporto era legato alla grafica e all'uso della macchina da stampa. Così come capiva l'impatto che l'arte della strada, il grafittismo, avrebbe portato all'arte contemporanea.
Per una frase di Pazienza, forse pronunciata con troppa leggerezza, fui escluso dalla mostra all'ultimo momento. Cosa che mi fece soffrire e creò delle grandi tensioni con Paz. All'epoca si viveva una certa competizione, e io ne feci le spese. Del mio lavoro la Alinovi parlò nel catalogo ed era già chiaro che eravamo un gruppo, io e gli altri invitati, e a nulla servì il fatto di escludermi. Ma in breve me ne feci una ragione. In fondo, per quanto mi emozionasse il fatto di portare il fumetto in galleria d'arte moderna io vivevo del mito della stampa, era quello che mi interessava profondamente. Dopo quel primo momento di frizione riprendemmo a parlare, anche perché me la trovavo spesso a casa di Marcello, nelle gallerie darte, nei locali, perfino in treno. Chiacchieravamo delle cose che amavamo. Partecipava anche ai progetti, che erano perlopiù virtuali, di intrecci tra fumetto e teatro che noi di Valvoline ipotizzavamo.
Il suo assassinio portò un dolore molto grande, un senso di vuoto e di disgusto nel nostro gruppo. Ricordo il silenzio, quel grande silenzio sbigottito che seguì. Lo shock di Marcello. Se non ricordo male fu lui ad andare a cercarla e a chiamare i pompieri che entrarono dalla finestra e trovarono il suo corpo riverso per terra, in quel famoso salotto.
Le chiacchiere nell' ambiente che seguirono a quel fatto tragico erano una presa di distanza dalla posizione mitologica dell'artista criminale che la musica americana propagandava misto ai fumi di un Jean Genet letto senza ironia alcuna.
Fu poco tempo dopo, in occasione di un'altra mostra, che Mauro Nobilini, fumettista che aveva pubblicato sul cannibale, fece una performance di dubbio gusto, travestendosi da donna e indossando una parrucca che lo faceva somigliare alla Alinovi.
Registratore sottobraccio che trasmetteva, ben udibile, la musica del film Psyco.
In diversi gli urlarono: buttatelo fuori, chiamate la polizia ...lasciatelo stare, lo conosciamo già, lasciatelo andare...Nobilini fu accompagnato alla porta.
Quella cosa aveva rotto il silenzio, e non era stata una cosa piacevole.
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2 commenti:
Per la cronaca, la ricostruzione di ciò che avvenne durante la performance di Mauro Nobilini è stata verificata e rettificata con l'autore stesso, che qui si ringrazia.
igort
Grazie Igor, molti si chiesero il perchè della mia strana e da molti poco gradita performance dedicata alla Francesca, ma tutto risale ad un sogno di una chiarezza impressionante, che feci sulla Francesca Alinovi poco prima dell'inaugurazione della mostra alla galleria d'arte moderna di Bologna "arte di frontiera", nel sogno Francesca con in mano il mio trittico di felix dipinti in acrillico a lei dedicati (Mio Mao; Mio Ubu; Mio Pan) mi esortava a trasformarmi in lei.
Questo sogno mi lasciò stupito, ed ebbi la chiara ispirazione di trasformarmi in Alinovi venuto a conoscenza dell'inaugurazione della mostra stessa, e attaccare il mio trittico di felix, mentre alcuni del gruppo dei trasparenti lanciavano fotocopie con un commentario critico di Franco Berardi firmato con uno pseudonimo, sulla natura trasparente dell'arte mia a lei dedicata.
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