7 maggio 2013
igort & Brolli
1978. Daniele Brolli lo conobbi quando decidemmo di fare una cooperativa per pubblicare una rivista auto-prodotta. Si sarebbe chiamata “il pinguino Guadalupa”. Per realizzarla avevamo riunito i risparmi e comprato, in gruppo, una macchina da stampa Offset. Eravamo io, Baldazzini, Brolli e qualcun'altro che non ricordo. Baldazzini imparò a fare le lastre e stampare, impresa non da poco, e dopo qualche mese la rivista vide la luce, in confezione speciale. Una busta che conteneva 4 albetti indipendenti. Uno, per autore. Il mio dal titolo “carnet di ballo” presentava piccole storie, frammenti di vita in quell'isola sperduta nei mari del sud, che era la metafora della mia Sardegna. Daniele fece un albo suo, senza titolo, che conteneva storie fitte di tratteggi e retini, e un racconto, “Dormire” che mostrava già le sue visioni e i suoi amori letterari. Baldazzini pubblicò un albo dal titolo ironico “passioni sconvogenti” in cui sbertucciava la tradizione del fotoromanzo stile grand Hotel, la cui eco era ancora viva.
Il quarto albetto, dal titolo Cerimonia Panica, era opera di un giovanissimo Gianfranco Vanni, che avevamo incontrato per caso quello stesso anno.
La rivistina fu auto-distribuita per le edicole della sola Bologna e vendette circa 850 copie in un paio di mesi. Ci sembrava un successo.
Da quel momento lo scambio intellettuale tra me e Daniele Brolli si intensificò. Avevamo molti amori in comune, letture e autori che erano stati importanti per la nostra formazione. Lui scriveva e disegnava delle tavole accuratissime, freddissime, ricordo ancora gli originali (Jerzy, in particolare) e sono passati 35 anni. Da allora non li ho più rivisti.
Quando Oreste del Buono che dirigeva Linus e Alter, decise di pubblicare una serie proposta da Storiestrisce (Elfo e Franco Serra) sul tema della metropolitana, io chiesi a Daniele di scrivere la sceneggiatura. E venne fuori una storiella di 6 pagine dal titolo “nettezza metropolitana” che conteneva degli elementi notevoli e delle ossessioni che avremmo sviluppato in seguito. La cosa che mi piaceva di Daniele era la sua capacità di sorprendermi. Lavorava su dei temi comuni al mio immaginario: il freak, la città, la cultura pop, la solitudine, con uno sguardo personalissimo e straniato. Pochi mesi dopo, esordii su Alter con una storia scritta e disegnata da me, “Tropical Heatwave”, un omaggio al James White dei Contortions e a Marilyn (era una canzone cantata dalla Monroe e scritta per l'occasione da Irving Berlin di cui James White aveva fatto un remake memorabile).
Tropical heatwave era ambientata come la precedente (e la successiva) anche questa in Parador.
L'anno dopo, 1982, sempre su Alter, pubblicai Goodbye Baobab, un romanzo a fumetti di poco meno di un centinaio di pagine ( un record se si pensa che i classici cartonati francesi erano di 42 tavole, di solito). La trama l'avevo appuntata in mesi di lavoro, ma per quel mio cimento avevo bisogno di un pard, era una cavalata lunga quella, la prima.
Così chiesi a Daniele di scriverne la sceneggiatura, il che avvenne con la solita sua verve personale: una serie di sorprese narrative che allietarono notevolmente quel tragitto faticoso.
Ricordo il titolo di un capitolo, per esempio, “il valzer delle alterne fortune”, che mi piaceva e piace tuttora, lo trovavo molto poetico e triste.
E Pini Pini, l'assistente di Hiro Oolong di cui avevo preso il nome da un singolo di Arto Lindsay, fu sviluppato in modo importante. A Daniele piaceva quel personaggio.
E c'erano dei dialoghi davvero notevoli in quell'incedere narrativo che mi pare ancora unico.
Le consegne erano rocambolesche, finivamo quasi sempre a fare le notti in bianco. Lui, da vero amico, a cercare di tenermi sveglio, a ritoccare con il bianchetto le sbavature di inchiostro nelle tavole per poi correre entrambi alla stazione a prendere il treno delle 8,10 per Milano, a consegnare il capitolo.
Un mensile non tollera ritardi e noi pubblicavamo senza anticipo alcuno. Quella scuola mi sarebbe servita, una decina di anni più tardi quando cominciai a lavorare con i giapponesi. Ma quella è un'altra storia.
Alla redazione di Alter, una redazione tutta al femminile, si respirava una certa tensione. Quando entravamo il clima era ostile, e non ho mai capito perché. Sembrava che menassero un'esistenza grama e triste invece che fare le redattrici di Linus. A ogni modo in quella redazione ci ero già andato nel 1977, insieme a 3 amici. Io ero vestito con una maglia aderente leopardata, occhiali neri da punk, capelli cortissimi e un collare da cane al collo. Era Giugno, il punk era neonato, non se ne vedeva ancora traccia in Italia. Andrea Maimone, che era con me, indossava una camicia a pizzi e trine, occhiali ska e testa inbrillantinata. Sembravamo una succursale dei roxy music, ma più pericolosi, forse. Le tavole gli piacquero, mi dissero di finire una storia che stavo cesellando da mesi, ma io preferii partire per Londra a vedermelo dal vivo, il punk.
Mi riconobbero solo molti anni più tardi, dopo Valvoline, quando ormai ero di casa a Linus.
E mi raccontarono che dopo il nostro arrivo avevano ordinato le telecamere da piazzare alla porta di ingresso. Avevano avuto paura. Questo per dire come erano quegli anni. D'altronde lo aveva detto Tamburini: “per fare grafica ci vogliono muscoli”.
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4 commenti:
Non era colpa vostra. Le altergirls erano rimaste turbate da Bryan Ferry e Brian Eno che seguivano OdB ovunque - altro che Scozzari - perchè il divino Oreste promuovesse il loro Brian the Brain, la storia di un minatore di Newcastle che incappa nella solita pietra radioattiva magica di origine aliena e si trasforma in un enorme cervello mutante dotato di straordinarie capacità psioniche che mesmerizzano gli inglesi perchè votino Johnny Rotten come primo ministro.
A dirla tutta le ragazze altere non riconobbero i due roxy boys ( " parevano Pippo Baudo in versione glam e Riff Raff senza gobba " ) , ma ne rimasero profondamente turbate. Installate le telecamere, la situazione migliorò perchè il dinamico duo si fermava nell'androne e si sparava le pose ( nel magazzeno della rivista è conservata la videocassetta con le prove del video della cover di Jealous Guy ). OdB poteva entrare ed uscire tranqullamente senza incappare in nessun aspirante cartoonist. Pratt dovette sgambettarlo davanti alla porta della mensa per fargli infilare il naso nelle tavole del primo Paz...
Ciao Crepascolo. Disgraziét.
" Ti prego, ti prego, non ci uccidere. Ti prego baby, lo sai che ti amo. Non avrei mai voluto lasciarti, non è stata colpa mia. Davvero, sono sincero. Quel giorno finì la benzina. Si bucò un pneumatico. Non avevo i soldi per il taxi! Il mio smoking non era arrivato in tempo dalla tintoria! Era venuto a trovarmi da lontano un amico che non vedevo da anni! Qualcuno mi rubò la macchina! Ci fu un terremoto! Una tremenda inondazione! Un'invasione di cavallette! "
John Belushi nel cercare di giustificarsi x aver piantato in asso la principessa Leia.
Io voglio SALAM BOMBAY in volume!!!
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