5 marzo 2014

Ucraina 24 febbraio 2014

Ora che la rivoluzione è avvenuta e che abbiamo visto a piazza Maydan Yulia Tymoshenko in sedia a rotelle, arringare la folla con la sua voce roca, molte domande sono nell'aria. Lei sembra un'altra, appesantita dalla vita del carcere, imbolsita dai farmaci, così lontana dalle foto dei poster giganteschi che sono qualche anno fa campeggiavano sui palazzi di Kiev e di tutta l'Ucraina durante la campagna elettorale. E qui da noi, in Italia, le donne con i capelli raccolti sotto il velo, che sino a ieri piangevano per la guerra civile nelle chiese ortodosse, oggi si domandano cosa accadrà. Sono disillusi, gli Ucraini, e hanno visto scivolare le condizioni di una vita dignitosa in un esistenza miserabile che ha diviso sempre più i comuni mortali dagli oligarchi. I normali stipendi, che sono un decimo dei nostri, non possono più far fronte ai prezzi degli alimenti che ormai hanno raggiunto, in soli 3 anni, quelli europei. Dunque si fa la fame. Chi non ha un orto non può sperare di farcela. Questa la situazione in Ucraina oggi. D'altra parte basta girare per Kiev, Odessa o Yalta, per vedere macchinoni degni di un nababbo. Sono le auto dei ricchi, dei potenti. L'hanno chiamata cleptocrazia e si sa che qui si ruba sotto gli occhi di tutti. Con arroganza e disinvoltura, mentre il paese affonda in una cronica mancanza di infrastrutture e in una corruzione spicciola che ha eroso ogni servizio possibile. Tutto si può comprare. Perfino la refurtiva ritrovata dalla polizia, se vuoi che te la restituiscano. L'occidente appoggia la passionaria con la treccia contadina in testa, ben sapendo che, malgrado l'aspetto, non è l'angioletto che oggi i media dipingono. E' stata messa in galera in un processo farsa, chiaro, un meccanismo a orologeria kafkiano, in cui chi perde le elezioni, perde anche la libertà e la salute. E può dirsi fortunato se non perde la vita. Ma quello è il mondo dei burocrati, che dista anni luce dalla vita dei comuni mortali, appunto. Oggi c'è stato lo scontro tra i due mondi, quando le persone normali si sono precipitate ai cancelli della villa del dittatore, un tempo inavvicinabile, e sono riuscite a penetrarvi. Conosco alcune di queste persone, ho visto lo sguardo incredulo, l'espressione sgomenta. Olya non credeva ai propri occhi, non sapeva come descrivermi quello che aveva visto, le veniva da piangere. C'è voluto un servizio della tv perché anche io comprendessi. Nella residenza arredata sontuosamente in stile impero e decò, dalla dimensione che, si dice, superi i palazzi di San Pietroburgo, i giornalisti sono condotti per le stanze in una visita guidata. Altrimenti, scherzano le guardie, “potrebbero perdersi”. E' il modo russo per beffarsi di tutta quella ricchezza che sciocca. “Quanto tempo dovrei lavorare per pagare la maniglia della porta di una stanza di queste? Non basterebbe tutta la vita”, sorride amara una babushka. Le ampie sale ammobiliate in modo sfarzoso sembrano pensate per un claustrofobo, e rispecchiano la mania di grandezza di quest'uomo avido ed esibizionista. Il giardino, che ospita un galeone antico ormeggiato nel lago artificiale, ha uno zoo privato con animali rari da tutto il mondo, e confina con i sotterranei della reggia, dove c'è, oltre alla cantina degna di un imperatore, una palestra, e il poligono di tiro, in cui erano custoditi alcuni regali. Dei fucili con dedica personale dal presidente azerbaijano, oggi scomparsi. Bisogna pur difendersi quando una rivoluzione ti depone dal tuo scranno dorato. Quando la tua sorte viene accostata a quella del tiranno rumeno Ceausesku. Ora giacciono malinconiche e disordinate, solo le scatole vuote e decine di confezioni di proiettili, intonse. Dopo il primo stupore ha prevalso la fame e la miseria e la gente, in quella villa sontuosa, sotto lo sguardo dei soldati, ha cercato di portare via quanto poteva. Le perquisizioni hanno recuperato la refurtiva: bottiglie di vino pregiato, maniglie, cornici, perfino lampadari. Si sono cacciati i visitatori e si è custodito militarmente l'ingresso. Sino a quando? Dal suo esilio Yanukovich rilascia un'intervista, davanti alla bella giornalista che praticamente gli ride in faccia, chiede che si ponga fine al saccheggio, si dichiara vittima di un colpo di stato. Lui, dice, aria contrita da attore consumato, è stato regolarmente eletto, e non voleva lo spargimento di sangue, ha fatto di tutto per evitarlo. La gente dei villaggi della steppa osserva la sicumera proverbiale di quel presidente sgretolarsi davanti alle telecamere. E ricorda benissimo come sono andate le cose. Quando i dirigenti del comitato elettorale si sono presentati con i loro ombrelli, secchi nuovi fiammanti, qualche pala. Regalie spicciole da elargire generosamente insieme alle minacce, neppure tanto velate: “Abbiamo numerato le schede, sappiamo quanti siete. E se non votate bene vi tagliamo l'acqua e vi eroghiamo l'elettricità a singhiozzo, come ci pare”. In quei villaggi della steppa che vivono di poco e che coltivano la terra il messaggio è giunto chiaro e forte, si rischiava l'estinzione. E sotto i sorrisi di circostanza e le strette di mano degli uomini del municipio, le elezioni sono andate come dovevano, un trionfo alla russa per Yanukovich, il rappresentante del popolo eletto “regolarmente”. “Non pensiamo che l'Ucraina sia realmente divisa o che si vada verso una scissione. I nostri nonni hanno unito il paese in condizione peggiori di queste e non crediamo che sia il momento di separarla. Per quello che vediamo i rapporti tra occidente e oriente del Paese sono del tutto normali. Quanto a Yanukovich, lui vorrebbe fare il monarca e pretende per sé la parte orientale. Ma non andrà lontano. Altra storia è la Crimea, che vorrebbe seriamente staccarsi per andare verso la Federazione russa. Vedremo cosa accade”. Dicono Iulya e Alesha da Kiev. “Aspettiamo i cambiamenti strutturali e speriamo in un futuro migliore senza corruzione, senza gli stipendi da fame . Siamo consapevoli, la situazione è tanto difficile che senza un cambiamento radicale non è più possibile andare avanti”. Il barlume dell'ottimismo, per non cedere alla disperazione. E' un popolo forte, che ha superato delle crisi durissime. Telefono a Natasha, a Odessa, e le chiedo come le sembra che sia cambiata la vita in questi anni di Yanukovich “La vita non è migliorata, a parte poche cose come l'incentivo per sviluppare l'imprenditoria privata, Yanukovich ha riparato le strade,  si è occupato di russificare l'Ucraina con la legge della lingua russa nelle scuole, altro non ha fatto... Dobbiamo credere nel miglioramento, se gli scontri finiscono adesso l'Ucraina sarà unita, altrimenti potrà accadere davvero di tutto”. Nei messaggi della comunità ucraina in Francia, attivissima nell'appoggio al movimento euromaydan, si invita a “non abbassare la guardia”. Frattanto in Ucraina la caccia all'uomo è cominciata. In un manifesto ironico quanto lugubre la foto del presidente campeggia insieme a due serial killer. La scritta dice. Il primo ha ucciso 56 persone in 12 anni, condannato a morte. Il secondo 52 persone in sette anni, ergastolo. Il terzo è lui, Yanukovich, che ha ucciso 74 persone in due giorni. Quale la pena? Braccato, circondato dagli uomini della guardia presidenziale a bordo della sua auto blindata ha lasciato la capitale per Charkiv, e da lì si è diretto a Donec'k. Segeij Astahov, di stanza tra i doganieri dell'aeroporto di Donec'k dice che un aereo ha cercato di decollare senza i documenti necessari per i voli internazionali e quando i doganieri si sono avvicinati al velivolo sono usciti gli uomini della guardia presidenziale, armati di tutto punto che hanno cercato di corromperli per avere il permesso al decollo. La trattativa è durata diverso tempo e quando è stato chiaro che non c'era nulla da fare, Yanukovich e gli altri sono scesi dall'aereo e si sono infilati di tutta fretta nelle due auto blindate, che hanno lasciato l'aeroporto. Come lui, sempre a Donec'k anche il procuratore generale Victor Pshonka e il ministro Olexander Klemenko, hanno provato invano la stessa strada. Si dice siano fuggiti in altro modo. La situazione è ora quella del regolamento di conti. Specie dopo che è stato chiaro che i cecchini, riconoscibili dalla fascia gialla al braccio, erano tiratori scelti delle forze speciali e dei Berkut, gli agenti antisommossa. Dunque, ogni tentativo di depistare, è stato vanificato. E la responsabilità di quelle morti ricade direttamente sul ministro dell'interno e dunque sul governo Yanukovich. Sveta a Kiev dice che “Questa guerra almeno una cosa l'ha fatta, ha permesso di unire tutte le diverse anime del Paese. Insieme siamo diventati forti, e questo io lo vedo come un grande progresso del popolo”.

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