20 aprile 2013

lei

Francesca Alinovi era appena tornata da New York, parlava con gli occhi sgranati e i capelli esplosi alla maniera che anni dopo sarebbe diventata quella di Robert Smith. Sentiva le energie vibrare. Graffittisti, nuova spettacolarità (come si chiamava allora) e nuovo fumetto italiano. Lei lo sentiva davvero quello che stava succedendo. Si aveva l'illusione, un pò tutti noi, che tutto questo fosse nuovo e inedito. Cosa non troppo distante dal vero. La musica dei Gaznevada, dei Confusonal Quartet o degli Stupid Set impazzava. Una ventata di intelligenza si era impadronita del pianeta: Residents, Devo, Talking heads e Pere Ubu in America facevano i loro dischi migliori. Jarmush e Amos Poe cercavano di filmare la scena No Wave. E No New York, con le sonorità lancinanti, era già un disco cult. Brian Eno ipnotizzava la scena internazionale con le sue produzioni geniali. Quando dalla California arrivò a Bologna The Mole show era il 12 giugno 1983. La leggenda di quello spettacolo, che demoliva la ritualità sacra e sempre uguale del rock per aprire verso frontiere teatrali, artistiche e pop, lo aveva preceduto. Pienone. Ricordo che io e Marcello e Giorgio ci stupimmo che Francesca Alinovi non fosse nel teatro tenda, quello era lo spettacolo mitico dei Residents. Ne avevamo parlato diverse volte. La cercavamo con lo sguardo ma niente. Ancora non sapevamo che quello stesso giorno lei stava morendo dissanguata nel suo appartamento in via del Riccio, poco distante, accoltellata 27 volte dal suo amante, che viveva nel mito dell'arte criminale.

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