8 novembre 2009

una donna


a Cuba qualcuno racconta la vita di tutti i giorni nel suo blog.
ecco un esempio


Si narra che quando cadde il muro e le due Germanie si riunirono, da Oriente arrivarono persone che non avevano mai mangiato una banana. Guardavano estasiati il lungo frutto che i poco forniti mercati dell’Est in tanti anni di economia centralizzata non avevano mai venduto. Penso che assaggiare la dolce polpa di una banana deve essere stato come gustare la fine di un sistema durato cinquant’anni. Tra i due sapori, preferirei sperimentare il secondo, perché ho trovato il primo sulla mia tavola fin da bambina.

Nelle nostre case la banana - insieme all’arancia - è stata uno dei frutti fondamentali, molto prima che i tedeschi conoscessero la sua esistenza. Noi cubani non avremmo abbattuto un muro per addentarne la superba consistenza, ma dobbiamo a lei se negli anni Novanta la nostra alimentazione non è stata ancora più frugale. Il “purè” fatto con le varietà chiamate “macho” o “burro” è stato, per settimane, il solo alimento per il mio corpo adolescente. Come beneficiaria delle sue virtù, vorrei erigerle un monumento, anche se per costruirlo dovessi importare un esemplare dal Costa Rica e usarlo come modello per la meritata statua.

Non vedo una banana da settembre dell’anno passato, quando gli uragani rasero al suolo le piantagioni. Non voglio credere che, dopo aver resistito ai disastrosi piani agricoli e agli sfortunati incroci genetici, finiremo per perdere le banane proprio adesso. Questo frutto che è riuscito a superare gli esperimenti del Grande Agricoltore in Capo, non può morire per colpa di un paio di cicloni. Ho il timore che siamo - come i berlinesi del 1989 - sul punto di sospirare ansiosi dietro al sapore della banana.



Traduzione di Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

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