16 marzo 2006

Roland

Sto lavorando su Steinberg, sto consultando quanto più attentamente possibile il dettaglio del suo lavoro. Sollevo la testa, rifletto e lascio agire in me quello sguardo interiore che è lo sguardo del ricordo. Di che cosa mi ricordo? Qual'è l'idea generale che ho di quest'opera? A prima vista è un'idea "aggettiva": ricopro Steinberg di aggettivi, che sono come le rapide, molteplici vibrazioni che quest'opera viva suscita in me.Mi dico: è intelligente, preciso, buffo, divertito vari, insistente, ironico, tenero, elegante, critico, bello, attento, aperto, acuto, inventivo, incantevole, di razza ecc.L'immagine trema e insiste; provoca in me una sorta di formicolio linguistico e questa leggera ebbrezza di piacere assorbe infine senza esaurirli tutti gli aggettivi che conferisco a Steinberg. 
Infatti non arrivo a dire tutto, e di conseguenza provo la sensazione di non aver detto nulla. C'è un "resto" di impressione che il mio linguaggio non riesce a padroneggiare. L'idea generale che ho di Steinberg è dunque la seguente: egli è, alla lettera, "inesauribile". Ho un bello svolgere analisi, enumerare attributi, ho un bel correre dietro l'essere di quest'arte; non posso acchiapparla. 

Questo testo scritto da Roland Barthes nel 76 è tradotto da Marina Di Leo.  

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