10 dicembre 2005

il fumetto che vorrei leggere



interpellati una serie di autori cominciano a rispondere alla domanda posta qualche giorno fa. Cosa vorrei leggere.

Francesca Ghermandi
vorrei leggere un fumetto che mi trascini così tanto nel vortice della storia e dei disegni, facendomi meravigliare fino alla fine e che mi obblighi a rileggerlo immediatamente nella speranza di scoprire qualche particolare che nel vortice ho saltato.


Elfo
ci sono due tipi di opere a fumetti che mi piacerebbe vedere in giro:
1) Storie brevi e feroci sull'attualità, quelle cose di una, due, tre, massimo quattro pagine che sul Male o Frigidaire facevano Pazienza e Scozzari.
Non satira politica ma di costume, un pò commedia all'italiana e un pò underground americano.
Con le maschere e i comportamenti grotteschi che oggi popolano il quotidiano è un crimine non dedicare adeguata attenzione al racconto del panorama circostante.
Obiezione: per questo tipo di cose non ci sono spazi editoriali adeguati.
Ma forse gli Ignatz, oltre che a presentare lavori in fieri, potrebbero servire anche a questo.
2) Grandi romanzi capaci di raccontare splendori e miserie di un'epoca, che contengano elementi di storia, di economia, inseguimenti, duelli, amori.
Isomma, narrazioni che sappiano scivolare con eleganza dall'ironico al sentimentale tenendo ben salda la barra della ragione.
Tanto per capirci, qualcosa che stia tra "Il conte di Montecristo" e "Il romanzo da tre soldi" (strepitosa versione letteraria de "L'opera da tre soldi", che Brecht scrisse intrecciando una miriade di storie a incastro,inventando personaggi magnifici e spargendo sarcasmo a piene mani), quest'ultimo purtroppo ormai quasi introvabile.
In sintesi, rispetto alla produzione attuale: meno autobiografia e malinconia, più intelligenza e rabbia.
E non solo nei fumetti.

Piero Macola
storie forti, impegnate ma senza retorica, che
raccontino il mondo e la vita attraverso personaggi
UMANI.

Gabriella Giandelli
vorrei leggere un libro a fumetti in cui le immagini e le parole creino attorno a me una nuvola di buio e silenzio come avviene quando mi siedo in una sala cinematografica.... (no... questo è un giudizio di valore...)
vorrei leggere un libro di fumetti da aprire con timore e bramosia, pieno di immagini bellissime e personaggi assurdi, eroici, romantici e mitici come quelli delle fiabe
(praticamente è lo stesso desiderio della prima frase, un libro che mi faccia dimenticare tutto quello che ho sul gas)

Sergio Ponchione
vorrei leggere libri che mi ricordino che spesso le cose non sono quelle che sembrano. Che racchiudano nuove impressioni e inediti punti di vista su cose che ben conosciamo, crediamo di conoscere o su cui fantastichiamo. Che per farlo poi si usino mostri marini o caffè sul fuoco non è un problema.

Direi che ce n'è abbastanza. Posizioni diversificate. E sono solo le prime. Dite pure la vostra, la porta è aperta.

19 commenti:

Francesco Chiacchio ha detto...

Ci sono delle parole di Domenico Morelli che mi piacciono molto:

“… io sentivo che l'arte era di rappresentar figure e cose, non viste, ma immaginate e vere ad un tempo”

Lascio la più grande libertà d'interpretazione :)

un saluto,

igort ha detto...

E' la magia di quello che leggiamo, parole su carta o forme e parole e tutto si mette in moto. Esiste magicamente. Una volta Clowes ha detto che lui ama "qualunque cosa" sia racconto a fumetti. Io non arrivo a tanto ma condivido completamente questa passione per le cose "immaginate e vere a un tempo"'.

Contraccambio il saluto.

igort ha detto...

Grazie Manuele, bella l'idea di un racconto nuovo che è già clasico.
Ho intervistato il dottor Hervet, che di mestiere fa il veterinario ma di fumeto ne capisce più di me. "Cosa vorrei leggere? Innanzitutto da un fumetto cerco una grande storia; mi lasciano freddi quei racconti mediocri splendidamente disegnati. Me ne rendo conto a posteriori", mi dice. "Voglio trovare una storia sfaccettata, con una sua complessità, non importa se di avventura o di quotidianità. Poi per il disegno penso che ci debba essere una capacità di non disturbare la narrazione con pretese artisticità". Parla di un disegno che quasi scompare, di un servo di scena della storia in pratica. "Naturalmente", specifica il dott. Hervet, "ci sono molte strade possibili per rendere tutto questo. Io parlo di una ricetta, parlo di proporzioni. Se la scrittura è più o meno emotiva, più o meno grafica o pittorica non è importante. Ma la storia comanda".

Il ninfomane eunuco ha detto...

rifacendomi a ciò che ha detto laforgia, vorrei leggere qualcosa che mi metta sempre in dubbio, qualcosa che distrugga le mie certezze,che neghino la loro essenza in quanto certezze; ad un caro prezzo però:la sincerità.
Devo essere illuso da qualcuno che è sincero, cioè da un altro illuso. O da un pazzo.

Mah, pensieri adolescenziali.

Il ninfomane eunuco ha detto...

"che NEGHI la loro essenza in quanto certezze."

o forse anche: "in quanto TALI"

Scusatemi se non so scrivere, è l'emozione

andrea barbieri ha detto...

Dico la mia da lettore recente di fumetti.
Trovo che il fumettista - come tutti gli altri artisti - usi diversi linguaggi. La scrittura e il disegno sono i più evidenti, ma anche il cinema, il teatro, la musica ecc sono ferri del mestiere: per esempio un montaggio cinematografico della storia non è soltanto una suggestione, un'atmosfera: “è” cinema. Quando mi piace il fumetto che sto leggendo, quando ammiro il narratore che me lo propone, io sento che questi ferri del mestiere, questi linguaggi, sono impastati con naturalezza e danno vita a una (sola) voce narrante. Se quella voce sia a tratti quella di un pittore o di uno scrittore o di un fotografo… a me non interessa, perché a quel punto sto ascoltando una storia e se la voce è una buona voce sono entrato nel mondo che sta evocando. Che poi rimanga là dentro e gioisca del mondo che la voce mi mette a disposizione, dipende soltanto – appunto – da ciò che mi mette a disposizione. Mi viene da dire subito che un mondo assolutamente fantastico per me non è meno interessante di un mondo realistico, perché anche il fantastico può essere radicale, sconvolgente.
Allora cosa mi aspetto dalla storia?
Non per forza un capolavoro, ma almeno che mi lasci qualcosa, che mi cambi un po’, quindi che non sia puro intrattenimento.
Vorrei emozionarmi e saperne di più, vorrei che mi rivelasse come una cosa piccola in realtà si apre su scenari molto più grandi: simbolici, storici. Vorrei che rivelasse alcune somiglianze tra le cose, tra le esperienze che viviamo: ho bisogno di capire se c’è qualcuno (magari in un posto sperduto, lontanissimo nel tempo) che ha passato quello che passo io ora e che mi può dare una mano (mi pare azzeccato quello che dice RLF: "ricordarle come esperienze"). Quindi vorrei che una volta terminata, la storia si installasse nella mia testa per farmi sentire diversamente la vita. Insomma se fosse un oggetto, per me la storia sarebbe qualcosa che ha a che fare con la percezione, tipo un paio di occhiali.

andrea barbieri

ps per postare qui ho dovuto creare un blog, va a finire che lo uso davvero :-)

igort ha detto...

Che bei commenti, sono molto colpito. Come ho avuto più volte modo di dire penso che sia molto importante oggi porsi delle domande precise sul "dove si sta andando". Ci stiamo battendo per una maggiore consapevolezza. E non è decorativo interrogarsi sulla funzione del narrare.
Leggendo questo ultimo commento di Andrea Barbieri mi è balzata spontanea una domanda: un fumetto di enterteinment non può divenire memorabile? Perché no?
La mia non è domanda retorica mi pongo io stesso l'interrogativo. Dite la vostra.
Hitchcock nel cinema è divenuto memorabile, ed era enterteinment. Nel fumetto?

Giacomo Nanni ha detto...

Trattando di Hitchcock, credo che un bell'esempio di come intendesse l'intrattenimento si trovi nell'espediente che ha utilizzato in una scena di The Plot. Ne scrivo qui per chiarirmi io stesso le idee.
Una macchina è stata sabotata e i freni non funzionano più e si trova in discesa quando ha già raggiunto una certa velocità. Quello che fa Hitchcock è questo:
Fa dei primi piani dei due attori dentro la macchina, riprendo la strada dal punto di vista di chi sta nella macchina, ma non fa mai vedere la macchina. Fa vedere la macchina che perde olio e basta. Poi passa al punto di vista da dentro la macchina, quello di chi la sta guidando. In quel modo, è come se il pubblico fosse dentro la macchina. Quindi continua ad alternare fra i primi piani degli attori e il loro punto di vista soggettivo, la strada, fino all'incidente finale.

Penso che sia un esempio notevole per spiegarsi che cosa significa davvero intrattenimento. Penso che si possa riassumere anche in poche parole: suscitare emozione IN chi guarda. Non esprimere l'emozione, ma suscitarla fuori. Ad Hitchcock non interessa nulla di raccontarci il SUO personale terrore degli incidenti stradali. E' molto semplice.

In questo senso mi piacerebbe ribaltare la domanda. Un libro come Questa è La Stanza di Gipi, da questo punto di vista, secondo me rientra perfettamente nella categoria dell'intrattenimento nel senso più alto del termine.
Un esempio: l'espediente di togliere i suoni proprio nelle tavole in cui il gruppo suona, mentre in alcune vignette sentiamo addirittura lo stridio di un coltello sul piatto. Se ci si pensa è proprio quello che succede. In una sala prove o ad un concerto il volume è talmente alto che non si sente più nulla. Un esempio di "trasmissione" dell'emozione dunque.

ciao

igort ha detto...

Da diversi punti mi si chiede cosa vorrei leggere io. Mi dilungherò in un futuro prossimo per esprimere cosa mi piacerebbe, che racconto ecc ecc.

Una cosa: sono d'accordo con Paolo che a leggere c'è il lettore consapevole e il "fanciullino" che dimentica i meccanismi e segue, si emoziona, piange e ride.

Si chiama FICTION anche per questo ; se si mette in moto il meccanismo per cui arriviamo a dimenticare l'oggetto che abbiamo tra le mani o anche dove si è. Questo azzeramento avvicina l'esperienza di leggere alla mistica pura. Mi piace.
Io credo che in ogni autore ci sia una fortissima base di istinto e il calcolo sta nella fase di rilettura, che censura, taglia sposta corregge. Non conosco nessun autore che disegni con il compasso o la riga emozionale.
Welles diceva di Rossellini che gli piaceva come faceva scomparire la sua presenza ("la camera non si vede"). Questo è importante.
Imparare a lasciare parlare la storia. Ma non necessariamente per rendere il disegno noioso e privo di sorprese.
Imparare a fare parlare gli elementi che compongono la grammatica del fumetto. Se la cosa funziona è puro FUMETTO, non cinema, Andrea Barbieri.

Giacomo Nanni ha detto...

Paolo, probabilmente è vero che Gipi è un concentrato d'istinto narrativo. Un affabulatore emozionale. Non credo però che questo debba essere messo in contraddizione col fatto che il risultato, sulla carta, è assai comunicativo. Anzi. Appunto.

Lo stile "ignorante" fa sempre la sua porca figura, ammettiamolo.

Per esempio che i dialoghi di Cassavetes fossero tutti scritti accuratamente sulla carta solo DOPO che gli attori avevano improvvisato è sempre una cosa a cui è difficile credere, ma pare fosse così.

baci

igort ha detto...

Quando si parla di metodo di lavoro non credo si possa definire una priorità.

Sapere se i led zeppelin sono superiori a i kraftwek, se mondrian è superiore a kirchner mi sembra inutile. E non si tratta di "stile ignorante". Che definizione sarebbe questa?

Un autore è un buon autore se il risultato che ottiene funziona. Indipendentemente dalla tecnica che utilizza.
Munoz ritocca con il bianco le macchie nere che traccia in maniera molto "selvaggia". La fase di rilettura è fondamentale nella cucina di una storia.

Vorrei che non ci si concentrasse su questioni di lana caprina quanto sul senso della discussione in atto.
Perdersi nel "viaggio" della lettura è legato al fatto di non prevedere cosa stiamo per leggere. Tomine mi disse, ribaltando, quanto comunemente si pensa, che per lui vedere i film di azione era di una noia mortale. Un'espolosione dopo l'altra, tutto quel fracasso, roba che vedi arrivare da lontano; molto, molto prevedibile.

Giacomo Nanni ha detto...

Scusa, ma ho parlato di superiorità di qualcuno rispetto a qualcosa? Non mi pare. Ho usato dei termini di paragone anche lusinghieri mi pare.
Stile "ignorante" non è nulla di male, è solo una battuta.
Per esempio non è il mio, che non faccio nulla per nascondere il mio antipatico intellettualismo. Non mi pare fosse fuori tema rispetto alla domanda che hai posto.

Fumetto di entertainment memorabile per me è Barnaby di Crockett Johnson.

andrea barbieri ha detto...

Be’ da lettore anomalo e rompiscatole vedo il limite del puro intrattenimento: i cliché, le storie rettilinee e prevedibili (il muoversi in linea retta della storia per me è devastante), le caricature che banalizzano, depotenziano, i trucchetti narrativi, le storie consolatorie. Lo ripeto sono un lettore anomalo, per questo in me non c’è nessun desiderio di leggere storie così, ma sono consapevole che questi difetti si trovano anche nelle migliori storie. Certo, se per enterteinment si intende Hitchcock o Miller sono il primo a dire che si tratta di capolavori o comunque lavori importanti. Ma questi autori sono geniali, e anche se a loro sono dati – o scelgono – dei limiti in cui muoversi (le regole della suspance, il mondo dei supereroi), dentro quella gabbia riescono a far entrare di tutto e alla fine suscitano ammirazione.
Bisognerebbe scoprire quanta di questa genialità resiste nelle fiction televisive, in certi gialli, nei fumetti di Bonelli. Non voglio dire a priori che è per forza robaccia: bisogna leggere/vedere.

Quella cosa del cinema l’ho detta in un modo marcato perché tante volte si definisce il fumetto disegno e parole. Questo, mi pare - il “mi pare” è davvero sentito parlando con chi i fumetti li fa ad altissimo livello - lasci in secondo piano tanti aspetti della scatola degli attrezzi di chi narra per immagini. Forse è esagerato dire che un fumettista diventa un musicista (penso a certe scelte ritmiche del racconto), ma forse non è solo suggestione o atmosfera pensare che il fumettista a volte si fa fotografo, pittore, regista, scrittore: proprio perché la cassetta degli attrezzi (la grammatica) è ricca, ricchissima e i termini entro cui spostarsi sono più di due. Per me questo discorso è il tentativo di “aprire” la lettura del fumetto, ma forse sbaglio e faccio solo una lettura misticheggiante, confusa.

andrea barbieri

igort ha detto...

mai celebrato abbastanza, BARNABY. Piace a molti raffinati del fumetto. Ma in Italia adesso è pubblicato?

Giacomo Nanni ha detto...

Su di uno dei volumi di Little Lit si trova un estratto abbastanza breve rispetto alla mole abbastanza costistente delle strisce originali.
I due volumi degli oscar mondadori che possiedo risalgono uno al 1970 l'altro 1976. Si trovano per lo più usati, ed è un peccato.

igort ha detto...

No, No (adesso scappo perché sono di corsa) il discorso sull'aprire la lettura del fumetto di Andrea Barbieri mi pare inportante, e spesso si pensa, nel fare un fumetto, in termini di ritmo e musicalità.
Ma ne riparliamo.

a bien tot.

andrea barbieri ha detto...

Non so, si fa fatica a non pensare un certo fumetto in termini di cinema. Per esempio la versione cinematografica di Sin City ricalca perfettamente ogni vignetta del fumetto: si possono non considerare quelle vignette come "inquadrature"?

Però sono d'accordo con te quando delegittimi il "critico dei cahiers che non si è neanche cambiato d'abito, e ha in mano un solo kit di strumenti": non mi serve un discorso che si chiude nella tecnica cinematografica. Sin City, il fumetto, è terribile, roba da Iliade (facendo le dovute proporzioni), un noir totale, e a me interesserebbe un discorso che tocchi questi argomenti.

Oltretutto non sono proprio un fan del cinema nel fumetto, anzi, ha ragione Ware. Anche perché non esclude il cinema degli esordi che - forse perché è agli esordi - ci propone una forza dell'immaginazione straordinaria (qualcuno se la sentirebbe di chiamare quei capolavori fantascientifici o horror dei film di genere?)

E se il critico dovesse essere proprio come un lettore ingenuo (con abbastanza curiosità e sensibilità per interessarsi), che legge senza strumenti specifici e forse proprio per questo arriva meglio all'osso?

andrea barbieri

igort ha detto...

Scusate ma il montaggio E' elemento fondante del linguaggio dei fumetti. Ci sono altri specifici che lo differenziano dal cinema (la composizione della pagina, il formato variabile della vignetta, le onomatopee (se si eccettua il batman pop degli anni sessanta che aveva i suoi BANG ecc), i movimenti cinetici e via dicendo.
Una volta parlando con il mio editor giapponese ho detto che a me il manga faceva pensare al cinema, per una scansione più lenta rispetto al fumetto occidentale. Lui si è messo a sorridere e mi ha detto che il manga nella sua visone era molto più vicino al teatro, che nel manga esisteva spesso unità di tempo luogo e azione: regole auree del teatro.
Non sono sicuro d'altra parte di condividere le nostalgie di Chris Ware (dice la stessa cosa della musica, dagli anni trenta c'è il declino a sentire lui). Sono sue visioni personali ma non so quanto di realistico ci sia in questa indagine.
Il fumetto di Eisner fu studiato da Orson Welles, per quanto se ne sa. Ed Eisner ricambiò facendo comparire il buon Orson nelle pagine di Spirit.
Negli anni settanta si parlava tanto di Tinto Brass che aveva chiamato Crepax per farsi spiegare il montaggio analitico. A giudicare dai risultati non ha imparato molto.
A me piace pensare che il fumetto è un linguaggio ancora tutto da esplorare.
Certo Kriegstein, Breccia, Steranko, Crepax e Siò hanno fatto molto insieme e dopo Eisner,ovviamente.
Ma credo che certi miti (Miller in testa) tra un decennio avranno riconquistato la loro posizione d'ombra, meritatissima. Come è oggi per Sienkievitz, che anni fa sembrava avesse inventato lui il linguaggio dei comics.

Si va a mode e oggi ci sono autori che usurpano (per originalità e tempi di realizzazione) piedistalli che non appartengono loro.
Ma questo sarebbe un lungo discorso.

Panda ha detto...

Barnaby... arcibaldo e petronilla, Topolino a strisce del prima e del dopo guerra, il mago di OZ, l'amanacco della paura... e così via! Gli oscar mondadori furono una collana immensa! Da bambinoo li ho consumati a furia di rillegerli ed ora da grande li ho dovuti ricomprare. A ripensarci ora me ne viene che era una collana geniale e che mi dette una base fantastica per la mia formazione di Otaku. Igort, riprendendo il discorso sul cosa vorrei leggere affrontato e abbandonato in "una lettera aperta", e allo stesso tempo rilancio... cioè non è solo il cosa vorrei leggere ma l'avere una collana in grado di emozionarmi a più livelli come fecero all'epoca gli Oscar. Una lettura a più livelli che ogni volta mi presentase una sorpresa. Un volta intellettuale, una volta di paura, una volta umoristica, una volta avventurosa... e così via ...con sentimento. Già, con sentimento, quesl sentimento che sembrava avere il curatore di quella collana.
Perciò ne viene fuori che io vorrei poter leggere un certo tipo di fumetto (avventura, punk, fantascentifico, lui&lei, supereroistico) scritto nella maniera "ignorante" del gipi o di pochi altri e disegnato bene (questo per fare un sunto della mia precedente risposta)... ma allo stesso tempo vorrei una finestra dal mondo in grado di offrirmi sempre cose diverse e sempre di qualità in tutti i generi possibili (questo per aggiungere ora).

Cinema, racconto, pittura, fumetto, illustrazione, video, oramai sono una comune banca dati per loro stessi. Un continuo consultarsi e citarsi a vicenda. Siamo al punto che una gallina non è più figlia del uovo primordiale ma di un intero pollaio e, allo stesso tempo, ne è madre.

ciuz

Robbè