5 dicembre 2005

una lettera aperta



questo spazio è stato attivato dieci giorni fa e sono stati numerosi gli interventi. Forse è segno che stiamo facendo qualcosa di utile. Sbaglierò ma sono profondamente convinto che sia necessario porsi delle domande sul "dove stiamo andando".
In passato uno spazio analogo era stato aperto da Oreste Del Buono sulle pagine di Alter e portò a dei frutti preziosi.
Io sono già contento che si sia ripresa in mano la questione, non ambisco a tanto.
I temi proposti e da voi sviluppati portano a delle domande precise.

1 Esiste una scrittura universale?
E' stata la sfida che il Giappone ha insegnato, a mio avviso. A ogni modo l'apertura di nuove frontiere di narrazione passa da qui.

2 Cos'è l'identità del nuovo fumetto?
Voglio dire: ha una sua identità culturale? Non si è parlato abbastanza di scritture laterali. Di fumetto periferico. trovo che probabilmente gli autori temano il fumetto folk o antropologico, mentre io parlo di radici profonde e di segni.

3 diversi tipi di scrittura per immagini.
Questo punto mi ha molto interessato. Cercare di trovare scrutture che abbiano temperature di racconto diverse, mobili. Che portino ad atteggiamenti differenti. Gipi sta provando nuove strade, ma non è il solo. Chi conosce John Porcellino?

4 La funzione della lettura e la trasmissione di questa alle nuove generazioni. Qui mi è parso di vedere diverse posizioni, più o meno ottimistiche. Educare figli vuol dire lasciarli liberi o condizionarli? Io da piccolo le ho prese, anche troppe. Ma una volta è venuto a trovarmi un amico che aveva una figlia educata "molto liberamente". Lei ha reso la vacanza di me e i miei amici un inferno. Non si poteva fare nulla che "la bambina" (un demone marino in incognito a mio avviso) non volesse.

Attraverso anedotti e ricordi si sta percorrendo una pista. Polverosa e non comoda ma sincera e autentica.

Da Magnus ho imparato che si può esplorare anche un esotismo non sempre da cartolina. (Rileggere "Lo sconosciuto").
Da Munoz & Sampayo che si può essere sensibili, impegnati e complessi artisticamente.
Da Breccia che non esiste una singola scrittura per uno stesso autore.
Da Eisner che il linguaggio è ancora tutto da esplorare.

Vorrei che uscissimo da un percorso comodo, la diligenza sulla quale stiamo attraversando la pista appena battuta non ha promesso a nessuno di fare "un comodo viaggio in poltrona". Non siamo mica Costa crociere.
Invito anche voi lettori a dire la vostra.

Cosa vorrei leggere?
Questo, anche da autore-lettore potrebbe essere un invito al commento. Ci fu, se non ricordo male, una bella storia di Scozzari tempo fa, che aveva un titolo simile.

a voi la parola.

12 commenti:

Panda ha detto...

Mi piacciono le storie fantastiche che prevedno un contratto di finzione, il classico "c'era una volta" che può essere applicato al fantastico quanto alla fantascienza e a qualsiasi genere che non s'idintifichi nella realtà.
mi piacciono le storie in si respira aria di realtà e di cose quotidiane.
Perciò a conti fatti mi piacerebbe leggere di stori ambientate in altri luoghi, in altri tempi, con altre leggi fisiche... ma raccontate come se stessero avvendo dietro casa.
Forse Pazienza in alcune storie ci era riuscito... forse lui avrebbe trovato quel linguaggio prima di noi...

un abbraccio

Panda Robbè

igort ha detto...

Quando parli di Pazienza mi stupisci perché dalla tua descrizione io avrei pensato più a una lunghezza d'onda giapponese. Nel senso che quella cultura ha saputo sviluppare davvero una dimensione quotidiana, anche se affronta temi fantastici.
Una domanda rispetto all'universalità. Sei d'accordo che Pazienza è intraducibile all'estero? E' una cosa che si è detta per tanti anni che anche io comincio a pormi la domanda. E' un fatto che mentre si riscoprono Toppi o Battaglia, Crepax o Buzzelli Pazienza rimane fenomeno italiano.

Panda ha detto...

Sì, capisco la tua perplessità e mi ricordo gli aneddoti di Paz presenti sul libro di Scozzari ed i suoi viaggi in francia... però vedo anche come oggi le storie quotidiane che accadono in provincia di Pisa stiano appassionando il popolo francese. Forse i tempi sarebbero maturi.
Paz è un fenomeno italiano che negli anni 80 male si sposava con la BD francese... però già allora ci parlava della quotidianetà, della sua infazia e dei tempi moderni. Astarte e Zanardi nel medioevo, credo che stessero ereditando quelle metodologie di racconto... l'acqua che ti spettina i diti ed Astarte che se la fà sotto al primo incontro con vecchio cane romano. Poi, non dimetichiamoci che nel frattempo sarebbero passati 15 anni ed oltre di lavori che avrebbero ulteriormente cesellato la sua abilità narrativa.
Sì, un fenomeno italiano che non è potuto sbocciare nel mondo.
Quando ci penso, mi piange il cuore.

R.

igort ha detto...

Quindi grande fiume di avventura vissuto in chiave quotidiana: questo è quello che ti piacerebbe leggere.

Ti ringrazio per la tua visione. Cerco una sintesi e vorrei sentire esattamente cosa ci piacerebbe trovare che magari già non troviamo nelle librerie.

Quando scrivo di questo penso a quel che lettori di romanzi rimproverano al fumetto: "non avere opere".
Questi lettori si appassionano se parliamo di Maus o anche di Berlin. Quando entriamo nel rimasticamento fumettistico di cose del cinema americano d'azione ci abbandonano. Se vogliamo fare uscire il fumetto dal ghetto dobbiamo essere in grado di parlare a persone che non necessariamente leggono fumetto a colazione, pranzo e cena.

All'epoca di Alter e frigidaire questo accadeva. poi c'è stato un flusso di puro enterteinment.

igort ha detto...

La risposta su "Avventura e quotidianità" si riferisce a Panda e non a spari d'inchiostro.
Appena posso scrivo rispetto al tuo commento che mi pare , al solito, pieno di stimoli.

a bien tot.

igort ha detto...

Caro Paolo, ho visto ieri Oliver Twist, l'ultima sfida di Polanski. Mi è piaciuto. Ma non è questo. Lo trovo perfetto da un punto di vista formale (molta pittura antica e una londra che da sola vale il film). E mi è piaciuta la sceneggiatura e l'indirizzo narrativo in genere. "Il c'era una volta", come direbbe Roberto.
Questo è universale. Un taglio che possa interessare piccoli e adulti, una storia senza effetti che usi la drammaturgia come nei vecchi romanzi russi o francesi. La cosa buffa è che in rete il libro di Dickens viene stroncato dai soliti inglesi perché troppo melò. Polanski ha creato un grande cattivo, che non è affatto monolitico ma pieno di sfumature.
Questo il primo punto. Una scrittura universale, insegnano i giapponesi, prescinde da qualunque cliché. Si rivolge a un pubblico di qualunque età e ceto sociale. loro lo chiamano KOKORO (cuore). E' li che bisogna colpire.
Parlare al fanciullino come si diceva un tempo in altri luoghi letterari.

Giacomo Nanni ha detto...

Dico qualcosa riguardo al punto 4 La funzione della lettura e la trasmissione di questa alle nuove generazioni.

Io trovo molto interessanti le opinioni di sparidinchiostro in particolare su John Porcellino, soprattutto per un fatto. Dico. Io penso che ognuno sia libero di esprimere la propria opinione come lettore. D'altra parte sparidinchiostro è anche un blog. Che il gestore di un blog che vorrebbe anche informare sul fumetto e non solo esprimere delle opinioni personali, liquidi un autore come Porcellino in una riga dal mio punto di vista è piuttosto deludente. Non perchè io non sia d'accordo con lui, quanto perchè attualmente mi piacerebbe avere la possibilità di trovare informazioni su di un autore come Porcellino, in italiano, cosa che non è possibile. Si parlava appunto di trasmissione della cultura. Al momento, l'unica informazione che ho su John Porcellino è questa: "a sparidinchiostro non gli ha detto nulla". Ecco, mi piacerebbe molto leggere John Porcellino in Italiano, per potere essere o meno d'accordo con sparidinchiostro.

Per il momento, mi devo accontentare di fargli presente che l'idea del Napoleone ITALIANO a Ginevra è di Ambrosini, fin dal primo numero.

ciao

Giacomo Nanni ha detto...

"I fumetti di John Porcellino distillano, con pochi segni e parole, il sentimento di essere semplicemente vivo."

E' l'opinione di Chris Ware, da questa pagina.

igort ha detto...

Ho scritto un commento che il web si è inghiottito. Il senso era più o meno questo: caro Giacomo non serve attaccare Paolo perché non articola una critica sul fatto che non gli piaccia il lavoro di John Porcellino. Qui non siamo nel salotto della "critica" né stiamo parlando di un singolo autore. Siamo in un ipotetico laboratorio.

Mi piacerebbe capire cosa vorresti leggere. Parlo di fumetto.

Giacomo Nanni ha detto...

caro Igor, io penso che abbia detto cose giuste Panda. Storie ambientate in altri luoghi, in altri tempi, raccontate come avvenissero dietro casa. E spiego meglio che cosa intendo per "dietro casa", anche riprendendo il punto 1: scrittura universale. Quando ho letto che secondo te questa sarebbe la strada che ci ha mostrato il fumetto giapponese, non ero sicuro di aver capito, ma poi ho ripensato ai vecchi cartoni che vedevo da bambino. Penso che una cosa che ci hanno portato di nuovo negli ultimi anni settanta i giapponesi, rispetto allo stile tradizionale dell'animazione anche disneyana, sia un senso tutto particolare dell'emotività. Le bambine piangevano tantissimo. Actarus aveva nostaligia del suo pianeta. Capitan Harlock era un pirata, anche cattivello, disperso nello spazio. Veramente drammatica la situazione, se si pensa che erano "cartoni".

Penso che ciò che trovo affascinante nel linguaggio del fumetto, ed è ciò che mi piace leggere il più delle volte, sia proprio la capacità di creare degli universi "reali" con pochi mezzi. Non è detto che questi mezzi debbano esprimere o trasmettere emozioni forti, ma probabilmente è la sfida più grande, se è quello l'obbiettivo che ci si pone.

A Paolo: un saluto. Mi sembra chiaro che non si trattava di un attacco personale. Vedi un po' che comunque la situazione oggettiva è quella e non intendevo certo fartene una colpa...

igort ha detto...

Quando parlo di fumetto giapponese mi riferisco a quella che è stata una mia personale esperienza: ho lavorato per tredici anni con una redazione alquanto cazzuta. Ho calcolato (yen più yen meno) che hanno speso qualcosa come cinque miliardi delle vecchie lire per inseguire un sogno: creare un linguaggio grafico narrativo universale.
Nel momento di suo splendore la mia rivista vendeva 1 milione e duecentomila copie a settimana. Sei milioni di lettori come minimo (lettori, non acquirenti) per il sistema nipponico. Lettori di tutte le età. Questo è quello che intendo quando parlo di linguaggio grafico universale.
La mia impressione (probabilmente erronea) è che il fumetto tranne rarissimi casi si isoli in una visione criptica che non corrisponde neppure a quello che gli stessi autori vorrebbero leggere. Oppure d'altro canto ristagni in una melassa di banalità scopiazzate dal cinema popolano americano.

Ah un' ultima cosa: fate i coplimenti a Gipi ha appena preso il premio Goscinny in Francia. Non lo sa neppure lui ancora. Sono molto molto molto contento che ce la stiamo facendo a portare il nostro fumetto fuori dagli angusti confini.

A volte penso davvero come dice il mio amico freak antoni che "in italia non c'è gusto a essere intelligenti".

igort ha detto...

la parola a BARU. Cosa vorrei leggere:

Un livre sur la violence et la sauvagerie, qui les traite sans complésance, et qui me propose des possibilités de réponses ordinaires… qui ne me fassent pas désespérer de l'Humanité.

che tadotto suona più o meno così:

un libro sulla violenza e gli aspetti selvaggi. Che li tratti senza compiacimento e che mi dia delle risposte ordinarie...che non mi facciano disperare sull'umanità.


come vedete qui non si parla di generi ma di un atteggiamento adulto su una materia delicata e tanto utilizzata dai media e dalla fiction.